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falcone borsellino lenzuolaRiflessioni di uno studente
di Jamil El Sadi*

Ore 13:00
E' una cosa che vuoi o non vuoi non si ferma mai, ci abbiamo fatto il callo. Passa e non lo senti, lo usi e non te ne sei accorto. Sei a casa, nella tua giornata tipo, nel tuo quotidiano che ti racchiude, ti avvolge, ti tiene caldo e ti fa essere te stesso. E allora “tic tac” fa l'orologio e tu ti guardi intorno, sei a casa, nel tuo habitat. E ancora “tic tac”. Passa il tempo e non ce ne accorgiamo, passa e non ne sentiamo la mancanza perché non diamo mai un peso al tempo. Cos'è il tempo? Perché il tempo è denaro? Come mai è così importante? Facile, basta fermarsi un attimo, chi può, e guardarsi attorno per vedere quante cose sono basate su di esso. Ho detto chi può? Ah già, perché in questo mondo, in questo Paese, c'è gente che tempo non ne ha. Gente che non può fermarsi o rischia il crollo, persone che hanno il tempo nel loro cuore, uomini e donne, che basano la loro vita sul tempo che scorre, sempre di più, sempre più veloce. Perché dico questo? Perché è giunta l'ora che noi questo passare di attimi, di secondi, lo iniziamo a considerare. Perché anche se non lo si sente alla radio, non lo si vede in tv o non lo si legge nei giornali ci sono uomini che un attimo prima ci sono e un attimo dopo non ci sono più. No, non sono andati via, sono morti, semplicemente morti. Morti perché noi siamo sordi, ciechi e muti. Siamo bendati da un velo trasparente e invisibile che non ci fa vedere quello che persone impegnate in prima linea, come il magistrato di Palermo Nino Di Matteo, stanno passando. Non ci fanno vedere il cronometro prima del “Boom”, antecedente al Big Bang, prima del disastro. Quel disastro che, sempre per colpa nostra e del sistema che ci è stato indotto dalla società (società marcia, corrotta, meschina, infame, criminale, collusa e bugiarda), ha colpito anche Impastato e poi il generale dalla Chiesa, poi Pippo Fava, Nino e Ida Agostino, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Don Puglisi, Miran Hrovatin e Ilaria Alpi, mio Fratello Attilio Manca e tanti altri. Noi dobbiamo contare il tempo, perché non vale più la regola “dare tempo al tempo”, no, non fino a quando il nostro stato sarà affetto da questo cancro, non fino a quando non si avranno verità e giustizia su tutte quelle uccisioni, quegli orrendi assassinii che hanno scritto una pagina, che ha avuto un inizio ma non si sa se avrà mai una fine, di cronaca nera. Il tempo scorre e c'è gente la fuori, fuori dal nostro quotidiano, che rischia la vita ogni secondo che passa e noi continuiamo a esserne indifferenti. Noi non dobbiamo essere indifferenti, non ci dobbiamo scordare che la mafia non lascia tempo. Dal passato dobbiamo imparare e non isolare chi si trova oggi a lottare, chi rischia la vita, chi cerca di estirpare questo cancro ormai insediatosi nelle più alte cariche istituzionali, chi cerca di capire come riuscire a convincere il popolo che Mafia è sinonimo di disagio, di debito, di morte e non di benessere. Mafia è un termine troppo brutto persino da pensare. La mafia non lascia tempo, la mafia non lascia scampo, la mafia è li ed è qui, non la vedi ma c'è. Sappi dosare il tempo, dagli importanza, non rimanere indifferente difronte a questo scempio, perché l'indifferenza uccide più che la mafia e speriamo che non si arrivi di nuovo ad un ennesimo fine dei giochi, speriamo che magistrati come Di Matteo possano continuare il loro lavoro degno di rispetto.

13:01
E ancora “tic tac” un altro minuto è appena passato. Te ne sei reso conto? Gli hai dato un peso? Sai cosa ha fatto la mafia in questo minuto? No, ma un altro minuto è passato e non ritorna più. E noi dobbiamo schierarci.

* Studente classe 2A/MC - I.T.I.S. Enrico Mattei - Urbino

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