di Massimo Ciancimino
Il mio ruolo di testimone nel Paese dei "non ricordo" e il desiderio di dare a mio figlio il futuro che merita. Rifuggendo da un ruolo che non voglio né mi è mai appartenuto. Quello di paladino dell'antimafia
Ho letto il pezzo di Lara Sirignano su dipalermo.it e mi corre l’obbligo di dire qualcosa in merito, di far capire, soprattutto, le mie odierne motivazioni, le priorità che mi muovono. Questo anche per il solo fine di poter fornire a voi lettori un punto di vista diverso rispetto a quello che molti si sono costruiti in questi anni.
Da quando ho iniziato a rispondere ai magistrati, e ribadisco che la mia in nessun modo può essere definita collaborazione, non sono stato beneficiario, come spesso ho invece letto, di impunità di sorta né ho ottenuto restituzioni di fantomatici tesori vaganti. Perché era questo, per molti operatori dell’informazione, il mio unico vero fine. Ciò che invece mi muoveva, e continua a muovermi, è il desiderio di poter dare a mio figlio l’unica cosa che nessun tesoro può comprare: la dignità.
Ben sette procure mi hanno indagato per riciclaggio, inchieste tutte chiuse, come l’ultima di Bologna appena notificatami, con la richiesta di archiviazione accolta dal gip. Non sono, né ambisco ad esserlo, un paladino dell’antimafia, lascio ad altri l’onore e l’onere di rappresentare l’antimafia siciliana nella sua massima espressione, anche istituzionale.
Sono conscio di essere un buon padre, mi è stato concesso dalla mia ex compagna il privilegio di crescere mio figlio, una scelta nata dallo volontà dello stesso; saranno sempre il suo sostegno e il suo amore a darmi ancora la forza per andare avanti. Per il resto, ho solo risposto, e continuerò a farlo, alle domande dei magistrati, non mi ritengo detentore di verità assolute. Dico quello che so, quello che ho visto, faccio quello che ritengo sia il mio dovere in un Paese dalle labili memorie, dai facili “non ricordo” e dove uomini in divisa si avvalgono della facoltà non rispondere, premiando di fatto una cultura dove l’omertà continua a pagare. Cantava il buon Lucio Dalla che “l’impresa eccezionale è essere normale”. Io sono normale, ed è questa la mia impresa quotidiana.
Tratto da: dipalermo.it
Foto © Giorgio Barbagallo