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mafia stato effdi Valentina Ersilia Matrascìa
Trasversale e onnipresente. La corruzione attraversa «tutte le aree a rischio del Comune di Roma», nessuna esclusa. È quanto emerge dalla Relazione annuale Anticorruzione, redatta dal segretario generale del Comune e capo della Direzione Trasparenza, Serafina Buarné, resa nota da Il Messaggero. Nessuno dei 26 dipartimenti e dei 15 municipi nel corso del 2015 risulta esente da fenomeni corruttivi e l'intera macchina amministrativa capitolina appare, mentre è ancora in balia di Mafia Capitale, segnata da una totale carenza della «la cultura dell'etica» al punto che «la trasparenza viene vissuta come un mero adempimento».

I numeri della corruzione capitolina nell'anno appena concluso parlano chiaro. Accertate oltre 150 violazioni (tra cui concussione per l'esercizio della funzione corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, abuso d'ufficio, rifiuto d'atti d'ufficio), di cui 61 per fatti penalmente rilevanti a carico dei dipendenti e 26 di corruzione. Cinque i dipendenti licenziati, uno sospeso dal servizio e dalla retribuzione, 57 quelli colpiti da sanzioni disciplinari. Affidamento servizi e forniture e l'area dei controlli gli ambiti maggiormente interessati dal fenomeno che si rivela però completamente trasversale tanto da coinvolgere tutte le aree di amministrazione del comune. Dall'ambiente alle politiche sociali e abitative passando per i lavori pubblici e la gestione del controllo del territorio, il malaffare ha trovato spazio nella farraginosa macchina burocratica dell'amministrazione già gravemente inquinata da fenomeni di illegalità.

Ad agevolare il proliferare delle irregolarità la mancata entrata in funzione del Sistema dei controlli interni del 2013. È proprio il mancato controllo e monitoraggio  sull'operato dei dipendenti, nonostante un aumento del 43% dei controlli rispetto all'anno precedente, a finire sul banco degli imputati insieme all'esclusione da ogni tipo di verifica delle «determinazioni il cui valore è sotto ai 200mila euro».  Pochi gli strumenti in mano alla Direzione Trasparenza che può infatti esclusivamente «limitarsi a segnalare irregolarità ai dirigenti, sollecitando provvedimenti sanzionatori». Il resto è affidato al Whistleblowing, ossia alla segnalazioni anonime da parte di altri dipendenti.

Il Campidoglio, secondo quanto emerge dalla relazione, si presenta come una «macchina amministrativa macroscopica dove la dimensione e la complessità della macrostruttura costringono ad operare in condizioni di particolare difficoltà organizzativa» e in cui «emerge la saldatura tra mafia e politica e si realizza attraverso una rete capillare di relazioni, che mirano ad alterare le determinazioni della pubblica amministrazione».

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