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giornalismo fumettoDalla Scuola
di littlepen97 (Medie Superiori)
Ecco perché non bisogna scagliarsi contro i criminali
Sono di recente uscite le notizie relative al peggioramento della salute di Totò Riina, il sanguinario ex-capo di Cosa Nostra detenuto al 41 bis dal 15 gennaio 1993 ed alle precarie condizioni di Bernardo Provenzano detenuto anch'egli al 41 bis, ma dall'11 aprile 2006; ancor più recente è la morte di Licio Gelli, ex-venerabile della loggia massonica P2. Queste notizie, attinenti a persone responsabili di fatti sanguinosi od oscuri che riguardano il nostro Paese, hanno scaturito reazioni tanto dure, quanto crudeli nei confronti di questi soggetti.
Salvatore Riina, 85 enne che soffre di problemi cardiaci, è stato recentemente ricoverato in ospedale in gravi condizioni; a comunicarlo è il suo legale, l'avvocato Cianferoni. Bernardo Provenzano invece, è ormai ridotto in uno stato di salute quasi terminale e soffre di cancro alla vescica. Quanto a Licio Gelli, invece, che è morto la sera tra il 14 e il 15 dicembre scorso, era malato da tempo, ma ciò nonostante, ha vissuto per 96 anni.
Tra questi tre personaggi, l'attacco verbale più eclatante è partito verso Salvatore Riina. Moltissime persone, condividendo gli articoli che lo riguardano sui social network, si sono scagliati contro di lui, augurandogli la morte o la stessa fine che il boss ha fatto fare a uomini e donne dello Stato e a persone innocenti.

Ma l'ex-padrino non è l'unico ad aver subito questo tipo di linciaggio. Alla morte di Osama Bin Laden, il 2 maggio 2011, tutto il mondo si è scagliato contro “lo sceicco del terrore”, affermando che i Marines americani hanno fatto bene a ucciderlo e a fargli fare una brutta fine. Stessa cosa per Mu'amma Gheddafi, dittatore libico ucciso dai ribelli della guerra civile il 20 ottobre 2011; contro di lui si sono scagliati persino Capi di Stato, quasi festeggiando la sua uccisione.
Tuttavia, nonostante questi siano stati criminali efferatissimi, responsabili della morte di tantissime persone, questo è l'atteggiamento più sbagliato da seguire. Violenza genera violenza, quindi augurare la morte ai criminali, anche ai più crudeli, significa abbassarsi al loro livello e diventare come loro. Occhio per occhio e il mondo diventa cieco; nulla di più vero, perché se esistono i tribunali, le leggi, la giustizia e le campagne contro la pena di morte, significa che anche per i più sanguinari fuorilegge della storia deve esistere una punizione dignitosa, non mortale, ma equa per il crimine da loro commesso.
Piuttosto che pensare ad augurare la morte o le peggiori sciagure a questi personaggi, dovremmo pensare che la violenza genera coscienza. Non paura, non timore, ma coscienza. Se un violento, un criminale, viene arrestato, deve essere assicurato alla giustizia. Non deve essere ucciso, vessato o torturato, deve essere imprigionato, a vita o per quanto gli spetta, a seconda dei reati commessi, ma non può e non deve essergli augurata la morte.
Pensiamoci. Riina e Provenzano sono al 41 bis. Non vedono la luce del sole, vedono i loro familiari più stretti (moglie e figli) una volta al mese. Non possono neanche sperare in una grazia e in un annullamento della pena, non possono chiamare la loro moglie, dirle di mettersi un vestito carino e portarla fuori a cena; non possono andare con i loro figli a fare una passeggiata in centro la domenica mattina, come non possono passare le feste con i loro nipotini. Non possono guardarsi un film al cinema, né una partita allo stadio. Non possono andare a comprarsi dei vestiti nuovi, né qualche sfizio personale. Non possono mangiare ciò che vogliono, non possono concedersi qualche leccornia e non possono vedersi portare regali in cella. Non possono guidare, passeggiare, andare in bici. Non possono viaggiare, andare in vacanza o al mare. Non possono più fare nulla di tutto questo e il problema non è l'età, ma la perdita della loro libertà.
Allora, se loro hanno perso effettivamente la libertà, se sono soggetti alle decisioni di altre persone persino su cosa debbano mangiare, se non possono fare le cose sopra citate e assieme a queste tante altre, non è già una grande punizione e la più dolce delle vendette (se così possiamo definirle) per noi cittadini? Pensiamoci. Noi possiamo in qualsiasi momento andare a mangiarci un gelato fuori o andare a vedere il Palermo allo stadio, loro no. Loro non possono più fare nessuna di queste azioni che per noi sono comuni e quasi quotidiane, ma che per loro ormai rimarranno un miraggio.
Allora smettiamola di augurare loro morte e malanni. Pensiamoci, siamo coscienziosi e riflettiamo: loro non hanno più la libertà e senza la libertà un uomo è niente; loro hanno quattro mura e una brandina, noi abbiamo tutto ciò che possiamo desiderare. Noi abbiamo la luce del sole, loro la lampadina di una cella e un quadrato sbarrato come finestra. Noi abbiamo la libertà, loro hanno la prigionia, la perdita della dignità e la perenne etichetta di criminale stampata in fronte. Non abbiamo bisogno che persone come Totò Riina, Bernardo Provenzano o altri muoiano, non vogliamo abbassarci al loro livello, ucciderli, far fare loro la stessa fine che hanno fatto tantissimi e tantissime per loro causa. No, noi vogliamo che siano assicurati alla giustizia, che siano rinchiusi in una cella, puniti, col capo chino, senza neanche poter prendere un raggio di sole. Ecco perché la violenza non deve generare violenza, ma deve generare coscienza.
(17-12-2015)

Tratto da: scuola.repubblica.it

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