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SVEGLIATI EMILIA!
Abbiamo provato a ripercorrere, seppur in maniera non abbastanza approfondita, le tappe attraverso le quali si sta combattendo questa battaglia in Emilia Romagna. Da un lato abbiamo investigatori, inquirenti, forze dell’ordine costantemente impegnate affinchè si possano condannare tutti coloro che hanno portato questo cancro in una regione che fino a poco tempo fa sembrava potesse avere i giusti anticorpi. Ma gli anticorpi non ci sono stati. Troppe persone coinvolte, troppi interessi in gioco, troppo denaro è stato lucrato sulla disperazione della gente. Troppo amianto è stato sotterrato proprio lì, nei luoghi frequentati addirittura dai bambini. Aemilia segna sicuramente una svolta, in quanto svela con la sua cruda verità ciò che troppi, per troppo tempo, hanno voluto ignorare. Lo Stato si sta facendo sentire. E i cittadini? Sono pronti, loro, a fronteggiare una situazione simile? Ad accettare che l’Emilia Romagna, terra di Resistenza, sia stata per anni stuprata da avvoltoi senza scrupoli? Difficile dirlo. Difficile comprendere quanto l’opinione pubblica si sia resa conto della gravità della situazione. Cosa fare? Condannare pubblicamente, ad esempio, l’atteggiamento di un sindaco (Marcello Coffrini) che definisce un boss mafioso come una persona “mite e tranquilla”. Partiamo da qui. Bisogna ridefinire l’identità di questa terra. Il primo passo per risolvere un problema è affrontarlo, riconoscere la sua presenza e la sua gravità. Conoscere nomi e cognomi dei protagonisti. Conoscere le loro storie e le loro malefatte. Stiamo parlando di un'organizzazione che parla il dialetto romagnolo, non solamente calabrese. Difficile da accettare. Ma è così. “Gli imprenditori si erano arricchiti attraverso il sapiente investimento delle somme messe a disposizione dai clan - attraverso false fatturazione o a movimenti in nero - e si erano messi a disposizione delle cosche senza che fosse necessario alcun atto intimidatorio esplicito". Lo dicono le carte. Questa non è un’infiltrazione ma è qualcosa di più.

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