di Stefania Limiti
Diciotto mesi di lavoro. Cinquanta sedute per 82 ore complessive. Quarantadue audizioni. C'è attesa per il documento che l'organismo presieduto da Giuseppe Fioroni (in foto) sta preparando. Con qualche importante risultato già messo a segno. Utilizzando anche i moderni metodi d'indagine. A cominciare dal Dna. Grassi: "Fatte emergere insopportabili omissioni". Gotor: "Sapremo se a via Gradoli c'erano altri brigatisti oltre a Moretti e Balzerani".
Appuntamento intorno al 20 ottobre. Per quella data la commissione parlamentare d’inchiesta sul sequestro e la morte di Aldo Moro dovrebbe ultimare la preparazione della relazione finale. Non mancheranno novità. Che si annunciano importanti e meritevoli di ulteriori approfondimenti, come a ilfattoquotidiano.it assicurano autorevoli fonti.
C’è molto attesa. Tanti i nodi da sciogliere. Tra questi, il mistero del bar “Olivetti”, situato proprio di fronte al luogo dell’agguato e, secondo le ricostruzioni fatte nei 37 anni trascorsi dall’agguato di via Fani, quel giorno chiuso per lavori: ma è proprio così? Il presidente della commissione, Giuseppe Fioroni, ha già avuto modo di dire pubblicamente, qualche mese fa, che è stato trovato un sorprendente intreccio di elementi che legherebbe i proprietari dell’epoca di quel bar e la grande criminalità romana dedita al traffico di armi e al riciclaggio. Non resta che aspettare dunque le nuove acquisizioni basate sulla intensa attività svolta: diciotto mesi di lavoro; 50 sedute per 82 ore complessive; 42 audizioni, una fatta in trasferta a Genova con il generale Nicolò Bozzo, alcune delle quali utili per scoprire nuovi elementi.
Notevole quella che ha visto protagonista don Mennini, il confessore di Aldo Moro che è stato per molti anni fuori dall’Italia, secondo alcuni fatto “emigrare” subito dopo i cinquantacinque giorni di prigionia dello statista democristiano, e che, tra le altre cose, ha confermato l’esistenza di un canale “di ritorno” nelle comunicazioni tra le Brigate rosse e l’esterno. Indagini affidate ai reparti investigativi della polizia di Stato e dei carabinieri che hanno utilizzato i più moderni metodi investigativi.
Proprio sull’uso delle nuove tecnologie si sofferma Miguel Gotor, senatore del Pd e componente della commissione: “Potremo sapere, sulla base dell’esame del Dna rintracciato su dentifrici, spazzolini da denti o capelli, se, ad esempio, nel covo romano di via Gradoli oltre a Barbara Balzerani e Mario Moretti entrava ed usciva qualcuno altro”. Già nota invece, perché illustrata via streaming dal sito della Camera, la perizia balistica sulla dinamica dell’agguato che ha ricostruito i coni di sparo delle armi usate. All’indomani dell’audizione qualcuno scrisse in modo affrettato che quella perizia escludeva spari da destra. In realtà, non è così, e la relazione della commissione dovrebbe chiarire anche questo aspetto.
“Certamente emerge che ci fu un killer che sparò molto più degli altri e che sparò a raffica, a caso, non propriamente il superkiller al quale pensavamo”, spiega ancora Gotor. “Insomma, se ci sarà volontà e capacità di non disperdere il lavoro credo che si possano davvero aprire squarci importanti di verità. A cominciare dalle due giornate del 16 marzo e del 18 aprile. In particolare, sul combinato delle note vicende di via Gradoli e del Lago della Duchessa, nessuno mi convincerà che siano slegate tra loro, e sulle ultime ore di vita di Aldo Moro”.
Agguerrito anche il vicepresidente del deputati Pd, Gero Grassi, che sul caso Moro ha partecipato a ben 197 assemblee organizzate in tutta Italia dal partito e da varie associazioni: “Bisogna fare di più, anche se l’attività della commissione è stata intensa e ha già fatto emergere molte, troppe e insopportabili omissioni“, dice. “Sono addolorato dalle bugie che hanno seppellito Moro in questi anni e da chi continua a dire che su via Fani e sulla morte dell’ex presidente della Democrazia cristiana si sa tutto. Possiamo dire con sufficiente certezza, invece, che la base delle bugie è stato il memoriale del brigatista Valerio Morucci, diventato “la verità”. Si tratta di una ricostruzione quasi del tutto falsa della vicenda. E noi lo dimostreremo”.
Se ce ne sarà tempo. Le Camere saranno infatti chiamate ad esprimere un voto sul proseguimento dell’attività della commissione d’inchiesta. Che, sinora, ha avuto a disposizione diciotto mesi. Pochi, secondo alcuni commissari, per mettere mano alla matassa di depistaggi che hanno caratterizzato le vecchie indagini e risolvere i tanti misteri rimasti insoluti.
Tratto da: ilfattoquotidiano.it