di Adriana Stazio - 15 maggio 2015
Ci sarebbero 800 maxi evasori in Sicilia e un dossier con i loro nomi è stato consegnato in procura: lo annunciano il presidente di Riscossione Sicilia (l’Equitalia siciliana) Antonio Fiumefreddo e il presidente della Regione Rosario Crocetta, il quale rifiuta di fare nomi alla stampa ma poi ne fa uscire due a caso, Fausto Giacchetto e Massimo Ciancimino. Proprio lui, il figlio di Vito Ciancimino, noto alle cronache degli ultimi anni per essere diventato il supertestimone del processo sulla trattativa Stato-mafia. Sono ormai otto anni che Massimo Ciancimino ha iniziato questo percorso e sono otto anni che è sempre sotto costante attacco da parte di chi non vede di buon occhio questo processo che “non s’ha da fare”. Fausto Giacchetto invece è l’ex manager coinvolto nell’inchiesta sullo scandalo Ciapi.
Dunque Massimo Ciancimino è un maxi evasore? E’ vero che Riscossione Sicilia esige attualmente dal superteste la cifra da capogiro di 59.7 milioni di euro. Chi scrive tempo fa ha potuto personalmente visionare un singolare bollettino postale da 54 milioni inviato a Ciancimino e la cifra sale vertiginosamente accumulando gli interessi, circa 400 mila al mese.
Ma ciò non significa che Massimo Ciancimino sia un evasore fiscale. E non perché Riscossione Sicilia abbia sbagliato qualcosa. Non c’è equivalenza automatica tra dovere soldi al fisco ed essere evasori. La questione è semplice: c’è una sentenza, divenuta definitiva nell’ottobre 2011, che condanna Massimo Ciancimino per riciclaggio dei soldi ereditati da suo padre. Molto ci sarebbe da scrivere su tale sentenza ma non è questa la sede. In seguito ad essa ad ogni modo il sequestro dei beni derivanti dalla vendita della società Gas è diventato definitivo. Dunque il fisco, basandosi sulla sentenza, presenta al contribuente la sua cartella esattoriale e pretende quanto gli sarebbe dovuto, ossia il pagamento delle tasse calcolate su quella cifra. In più gli sono addebitati tutti i debiti con il fisco di suo padre, in quanto in base alla sentenza lui ne è l’erede unico. Si tratta di 30 milioni, circa la metà della cifra complessiva, tra spese di detenzione e processuali e i danni causati al comune di Palermo quando ne era amministratore.
Contattato per un suo parere sulla vicenda, Massimo Ciancimino ci risponde: “Io ho sempre pagato tutto. Da un punto di vista legale però hanno ragione: con la sentenza del processo in cui mi accuso di aver venduto le quote della Gas che erano di mio padre automaticamente divento erede, interrompo il beneficio dell’inventario e mi accollo gli oneri passivi, ho l’obbligo di pagare anche le tasse di mio padre.”
Il problema sta quindi nella sentenza che riguarda fatti fino al 2004. Massimo Ciancimino ovviamente questi soldi da poter dare al fisco non ce li ha e la cifra su cui avrebbe dovuto pagare le tasse è stata confiscata dallo stesso Stato. “Per assurdo – aggiunge ridendo – se dovessi pagare mi arresterebbero subito per riciclaggio”. La vicenda, che si trascina appunto dal 2011, appare uno dei paradossi della burocrazia italiana cui è difficile trovare soluzione.
Una cosa però è certa, accomunare la posizione del supertestimone della trattativa a quella di Fausto Giacchetto, accusato di aver accumulato decine di milioni di euro con la truffa nel settore della formazione professionale, ci appare scorretto e surrettizio. Così come definirlo evasore fiscale.