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20150323-VIII-congresso-siapdi Luigi Lombardo* - 24 marzo 2015
Quando il Segretario Generale Salvatore COMO ha deciso di affidarmi la relazione introduttiva, da subito ho avuto chiaro in mente quanto fosse complesso il compito che mi aveva affidato. Difficile perché articolata e complessa è stata ed è l’attività del sindacato di Polizia, difficile perché difficile é incarnare le aspettative e le esigenze di una categoria di lavoratori così composita e variegata in un momento tanto complicato ed astruso a livello sociale e politico, tanto a Palermo quanto al resto dell’Italia.. Difficile perché rappresentare una categoria di lavoratori che “istituzionalmente” rischiano la vita e altrettanto istituzionalmente vedono calpestate le loro legittime aspettative, relegati spesso a cittadini di serie “C”, impone profonde riflessioni da porre all’attenzione di tutti. E “cambia la sicurezza”, cambia il senso della sicurezza ed il bisogno di legalità accompagnato ad essa, ed è difficile e sottile interpretarne i cambiamenti.

Ma davanti a tante difficoltà c’era qualcosa di facile ed era individuare una via da seguire. Chi fa sindacato di Polizia è prima di tutto un poliziotto, una donna o una uomo che sa che la propria vita sarà nelle mani di un pericolo incombente per mettere in sicurezza persone di cui non conosce nulla.. votati al sacrificio per professione! Ma credetemi questo non può avvenire per quella miseria di stipendio che certamente non vale una vita umana. Avviene perché tutti coloro che indossano una divisa lo fanno sotto una spinta motivazionale fortissima splendente, la coscienza che il bene comune attiene a quella sfera luminosa superiore all’interno della quale sono relegati i più profondi e veri interessi di una società intera, perché matura dentro se la certezza, anche inconscia, che quell’estremo sacrificio cui potrebbe essere chiamato da un momento all’altro, quel distacco dai suoi cari, potrebbe essere quel piccolo ma indispensabile ingranaggio che fa del mondo che lo uccide oggi, un posto migliore domani. Martiri per sacrificio, io li chiamo EROI. Eroi silenziosi che mille volte rischiano la vita e solo una si guadagnano la notorietà, quando il mondo li piange. BORIS GIULIANO, DOMENICO RUSSO, CALOGERO ZUCCHETTO, NINNI CASSARÀ, ROBERTO ANTIOCHIA, NATALE MONDO, NINO AGOSTINO E IDA CASTELLUCCIO, EMANUELE PIAZZA, ANTONIO MONTINARO, VITO SCHIFANI, ROCCO DI CILLO, EMANUELA LOI, WALTER EDDIE COSINA, AGOSTINO CATALANO, VINCENZO LI MULI, CLAUDIO TRAINA.
Rimangono impresse ed indelebili le terribili immagini di quei funerali quando la gente urlava di voler entrare in Chiesa per rendere omaggio ai “suoi morti”, quelli che la gente sana di Palermo considerava e considera i suoi morti. Non i morti della Polizia, di una sola categoria, ma i figli e i fratelli di tutti. Così che anche io da poliziotto a mia volta possa ritenere miei fratelli persone come Giuseppe Fava, Peppino Impastato, Libero Grassi e P. Pino Puglisi.
La nostra città non poteva e non può più permettersi che il legame imprescindibile, essenziale e naturale che lega poliziotti e cittadini sia dilaniato e reciso, perché in fondo abbiamo sempre creduto che quel legame doveva solo ripulito da anni e anni di scorie istituzionali.. Perché vedete, ciò che una intera classe politica ha fatto per anni, in maniera più o meno evidente, ossia tenere le FF.OO. lontane dalla gente è stato molto più di una bieca strategia politica, è stato ed è ogni volta che ci provano uno scempio sociale. Uno scempio acuito dal fatto che ormai, senza che nessuno si scandalizzi, possiamo serenamente affermare che il sistema sicurezza oggi si basa solo su quell’abusatissimo senso di responsabilità dei poliziotti che li condanna a fare molto più di ciò che consideriamo “il dovuto”: penso ai colleghi dell’UPGSP auto disastrate delle volanti, radio non funzionanti, corsi di formazione che non avvengono quasi mai e quando avvengono si fanno con il contagocce, penso alle fatiscenti auto blindate (quando ci sono) dei colleghi delle SCORTE, con centinaia di migliaia di km alle spalle, gomme usurate e sospensioni e motori inefficienti, Reparto dove il Siap ha dovuto denunciare addirittura la mancanza di lampeggianti e giubbotti antiproiettile, ai colleghi della SQUADRA MOBILE e della DIGOS, reparti di alta investigazione ed intelligence, privi dei mezzi minimi per lavorare serenamente, i cui dirigenti avrebbero fatto meglio a studiare economia piuttosto che giurisprudenza, visto che devono fare i contabili e ragionieri ed amministrare le scarsissime risorse a disposizione; ai colleghi dei COMMISSARIATI sezionali, posti di trincea, quali Brancaccio e San Lorenzo che lavora sullo ZEN, ma penso a quelle frontiere di provincia che sono i commissariati distaccati, spesso isole come Partinico o Corleone in terra di scontri mafiosi dove ogni giorno si continua a sparare ed uccidere, agli uffici immigrazione per garantire il diritto alla salute dei quali abbiamo avuto la necessità di ricorrere ad un intervento della segreteria nazionale; ai reparti mobili e i RPC sbattuti a destra ed a manca senza che sia loro concessa la possibilità di regolare una vita sociale e prendere comunemente impegni; penso alla polizia di frontiera con personale rimaneggiatissimo, dove i colleghi chiedono volontari di lavorare quando sono a riposo pur di non lasciare soli i compagni.
Penso a tutta la categoria dei poliziotti che si sono visti bloccare illegittimamente gli stipendi per 4 anni, che hanno i contratti fermi da 8 anni, che non arrivano a fine mese e che non possono svolgere nessuna attività lavorativa extra; penso ai colleghi che si vedono ingabbiati e condannati volontariamente a straordinari pagati euro 6.50 l’ora pur di sbarcare il lunario, che si vedono precluse, le possibilità di carriera interna e che quando parlano di “porcata, truffa, meritocraticidio, infamia”, pensano a quell’aborto di concorsone che sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stata una farraginosa ed inutile spesa che, come risultato unico, avrebbe annientato le possibilità di guardare avanti per tutti i “giovani adulti! della polizia con meno di 24/25 anni di servizio e che solo NOI DEL SIAP abbiamo avversato.
Penso ad una forza di Polizia che aspetta da anni un riordino che la renda più funzionale e possa rispondere alle aspettative del sistema sicurezza e a quelle altrettanto legittime dei poliziotti, penso al sindacato di Polizia che è costretto a elemosinare gli strumenti di lavoro snaturando il suo ruolo, perché se chiediamo auto, divise, lampeggianti e corsi d’aggiornamento non stiamo chiedendo i diritti ma i doveri, ovvero la possibilità di poter lavorare professionalmente e serenamente. Un poliziotto che lavora sicuro, un poliziotto motivato è un valore aggiunto per l’intera comunità, noi anche di questo ci facciamo carico: essere pungolo attivo e vivace laddove tutti sembrano assopirsi nel sonno della ragione e delle responsabilità.
In questa sala ci sono dei ragazzi, alcuni giunti da poco a Palermo, Claudio, Giovanni, Antonio, Giulio e Alessio, giovani eletti come delegati da gente che ha più anni di servizio di quanto loro ne abbiano di vita. Sono il segno della speranza, giovani che prendono nei posti di lavoro in mano le redini di un sindacato che ormai è l’ultimo baluardo a tutela dei diritti dell’intera società civile, primo tra tutti il diritto alla sicurezza.
Il sindacato interpretando i cambiamenti del mondo si fa rete, incontra la gente, ritrova la sua essenza di parte sociale. Va nelle scuole di ogni ordine e grado e abbraccia per strada, nelle piazze quei movimenti civici che con animo e cuore si sono voluti fare scorta “civica” attorno ai nostri ragazzi delle scorte e ai magistrati, abbraccia quei ragazzi che hanno chiesto e continuano a chiedere incessantemente che si faccia luce sulle stragi ove hanno perso la vita tante persone in divisa. Ma temo di aver confuso gli aggettivi possessivi. Gli uomini e le donne delle scorte non sono i “nostri” uomini, così come non lo sono gli uomini e le donne delle volanti o dei commissariati o gli uomini degli uffici prettamente investigativi. Sono i figli e i fratelli della società civile. SONO SOCIETA’ CIVILE. L’abbraccio della quale abbiamo sentito e sentiamo ogni anno in via D’Amelio e dall’anno scorso anche dentro la Caserma Lungaro.
Oggi più che mai bisogna camminare insieme, riscoprire il senso dell’unità, un nuovo “NOI”. Ed è per questo forse oggi il danno peggiore alle F.O. viene fatto da quelle fazioni politiche che si ergono ad una “non richiesta” e solo apparente difesa ad oltranza delle forze di Polizia, arrivando a paradossi e mistificazioni che allontanano la gente dalle loro sorelle e fratelli in divisa.
Le stesse che meschinamente mettono in relazione la disperazione di chi scappa dalla fame e dalla guerra, con chi invece la guerra la crea e la porta avanti con la peggiore efferatezza che gli ultimi decenni ricordino. Agli sbarchi, ad assistere i fratelli d’oltre mare ci siamo noi e nessun poliziotto prova disprezzo o rabbia o spinte razziste quando prende in braccio un bambino disidratato e consunto da giorni e giorni in balia di mare e cattiva sorte, MAI!
Se la gente ci sente “propri” abbiamo vinto la nostra battaglia ed i colleghi non dovranno temere quando lavorano a rischio della vita immagini estrapolate ad arte da telefonini cellulari, che sono percepiti sempre pronti quando si deve crocifiggere un poliziotto e screditare l’intero corpo di Polizia, e sempre spenti quando c’è da filmare un crimine e metterlo a disposizione degli inquirenti.
I poliziotti hanno bisogno della gente almeno tanto quanto la gente ha bisogno dei poliziotti. Anche e soprattutto nei quartieri più disgraziati della nostra città, perché la sicurezza - lo diceva il nostro sempre compianto Antonio Manganelli - si fa anche irrorando un quartiere di servizi, illuminazione, spazi e verde pubblico. Mai più ghetto, ma integrazione. Non possono esistere zone franche dove si spara ogni giorno, e dove i nostri uomini rischiano la vita anche negli interventi più banali. C’è bisogno di leggi certe che non scoraggino gli operatori della giustizia. Vogliamo segnali chiari da parte del mondo politico che non riesce a smuovere dal Senato una legge sulla corruzione da 738 giorni, ma che è riuscito in un battito di ciglia a cancellare anni di conquiste lavorative e sociali, previste nell’art.18, riversando in piazza migliaia di lavoratori che proprio quei poliziotti, che pur ne condividevano le loro ragioni, si son trovati a fronteggiare. Quando la Polizia occupa gli spazi che la politica lascia vuoti è allora che si concretizza lo scempio sociale massimo.
Noi del SIAP abbiamo un grande sogno: vogliamo rendere grandissimo il Siap, ma non per una difesa di bandiera o una concezione calcistica, ma perché sappiamo di essere e vogliamo essere il più grande baluardo a difesa della dignità dei poliziotti e di conseguenza di una società migliore, perché riteniamo cha anche da lì passa il fondamento di una società più giusta.
Viva le donne e gli uomini della Polizia di Stato, viva le donne e gli uomini del Siap, viva le donne e gli uomini della società civile insieme ai quali lavoreremo ogni giorno per fare della nostra Palermo,come diceva Paolo Borsellino, un posto bellissimo.

* Segretario Generale Regionale Siap Sicilia (Relazione introduttiva all’ottavo congresso Siap Palermo)

Info: siap-polizia.org

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