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guzzanti-sabina-bn-clIl Cinema nuovo di Varese pieno per la proiezione del docu-fiction "La Trattativa" di Sabina Guzzanti e con la viva testimonianza di Salvatore Borsellino
di Sofia Parisi - 20 febbraio 2015
Ieri sera sono andata al cinema. Sono andata al cinema perché mio padre mi ha suggerito la proiezione di un film che “dovrebbe parlare della Trattativa Stato-Mafia, insomma quelle cose lì”. È un film di Sabina Guzzanti “lei è un comico, e anche suo fratello mi sembra.” Ecco.

Ieri sono andata al cinema, ma sulle poltrone del Cinema Nuovo di Varese non ho assistito solo alla proiezione di un film, “La Trattativa” di e con Sabina Guzzanti appunto. Sono invece stata testimone di una serata densa di significato e forza, alla quale hanno partecipato non soltanto un abbondante pubblico varesino, ma soprattutto personaggi e associazioni di cittadini che di queste vicende e battaglie sono protagonisti e veri attivisti.

Sto parlando di Libera (www.libera.it), associazione fondata da don Ciotti nel 1995 per sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia; era presente il Movimento Agende Rosse, guidato dal carisma di Salvatore Borsellino (www.19luglio1992.com); c’era Giorgio Bongiovanni, fondatore della rivista Antimafia Duemila (www.antimafiaduemila.com), edita dall’Associazione Culturale no profit Falcone e Borsellino, che dall’inizio del nuovo millennio si premura di informare i suoi lettori con la precisione ed il coraggio di chi non ha bavagli. Erano presenti, dietro di loro, tutti coloro che da anni dedicano una parte della loro vita alla lotta latrattativa-film-guzzanticontro il male, che ogni giorno coi suoi tentacoli invade le nostre vite, spesso inconsapevoli. Un male che purtroppo è penetrato ovunque, da tantissimo tempo, e che logora il mondo in cui viviamo, sostenuto dai più alti livelli della nostra politica, ma anche dall’individuale silenzio assecondante della maggior parte dei cittadini. Erano presenti tutti i volontari che hanno scelto di impegnarsi e di farsi custodi di valori fondamentali, in una civiltà che si dice “sviluppata”, quali Giustizia, Onestà, Verità, Umanità. Tra tutte queste persone, che sono tante, erano presenti anche i martiri che per questa guerra hanno perso la vita e quelli che tutt’ora la rischiano, come il magistrato Antonino di Matteo, impegnato in primissima persona a Palermo nel processo sulla trattativa, ma quasi totalmente abbandonato dalle istituzioni.
Il merito di questa emozionante assemblea di persone valorose va sicuramente al film “La Trattativa”, uscito nelle sale il 2 ottobre 2014, che nel quasi silenzio della stampa nazionale e dei media, con le difficoltà e i costi di produzione e l’inesistenza quasi totale di sostegno, si sta facendo strada tra le sale di tutta Italia grazie alla volontà di associazioni e cittadini che lo vogliono vedere.
“È proprio tramite un passaparola e un impegno personale che le proiezioni vengono organizzate, e la partecipazione è tantissima” dice Sabina Guzzanti. “Nonostante gli ostacoli che ovviamente abbiamo incontrato, noi, lavoratori dello spettacolo, stiamo dando voce alla verità”.
Il film è un’attenta analisi delle dinamiche che, dopo il periodo delle bombe di Milano, Roma e Firenze, e non solo, hanno visto lo Stato Italiano, le sue istituzioni e le sue più alte cariche politiche (in particolare il palermitano Dell’Utri, Silvio Berlusconi e moltissimi altri nomi) avere rapporti con la criminalità organizzata della mafia, guidata da Totò Riina e Bernardo Provenzano e tanti altri personaggi. Non sto a entrare nei dettagli, non sarebbe opportuno: spetta allo spettatore addentrarsi nella ragnatela. Per questo, vi invito a guardare il film, che con chiarezza e frizzante sarcasmo mai pesante dispiega sullo schermo ogni dettaglio.
Dopo la proiezione del film, gli interventi ed il dibattito sono stati forti e vibranti di energia, ma quello che ha scosso in modo sensibile, emozionando la platea fino all’ovazione è stato certamente il discorso di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo:
“Quando Sabina ha deciso di girare un film sulla Trattativa, per me è stato come un sogno. Perché per vent’anni personaggi politici di ogni colore hanno taciuto. Possiamo parlare di una vera congiura del silenzio. La verità è stata negata, nascosta, uccisa. Un vile gioco di ricatti incrociati che ha portato addirittura alla rielezione di un presidente della Repubblica, in funzione della garanzia di queste sporche dinamiche. Viviamo in un paese le cui fondamenta sono intrise di sangue, in cui salvatori dello Stato sono stati sacrificati dallo Stato stesso.
Sono molto emozionato, perché è la seconda volta che vedo il film: la prima volta la mia mente si era impegnata a seguire le vicende, la narrazione, i personaggi. Oggi ho visto qualcosa in più: il viso di mio fratello Paolo, il suo viso ed i suoi occhi. L’ultima volta che andai in vacanza con mio fratello, a gennaio del 1992, lui era quello di sempre, pronto a scherzare, a giocare. Faceva una smorfia col naso che sembrava ti stesse prendendo in giro. E poi appena vedeva un gruppo di giovani doveva avvicinarli, scherzare con loro. Amava i giovani.
Ecco io oggi nel video ho visto un’altra persona. Ho visto occhi diversi. Perché penso che Paolo, una volta scoperta la Trattativa, fosse rimasto giustamente sconvolto, e in realtà posso dire che secondo me è arrivato a desiderare di morire. Sperava di essere ucciso, in un paese in cui lui, servitore fedele dello Stato, era tradito dallo Stato stesso.”
La voce ha tremato, vigorosa, indignata ma anche umanamente emozionata. Ed è la voce di un uomo che ha confessato di aver perso la parola e la speranza, in un momento della sua vita in cui a Palermo c’era la guerra. Quella stessa voce che ammette di essersene andata via dalla sua terra, credendo che la fuga potesse aiutare a vivere serenamente, ma no. Quella non è la soluzione. Non lo è mai.
Viviamo in un paese, in un mondo, che è malato, è mafioso, ed è nelle mani di queste perverse menti che si nutrono di potere, denaro sporco e sangue. Viviamo una vita che è inquinata giorno per giorno dai loro traffici. Siamo oppressi, e l’abbandono della speranza è il loro obiettivo. La loro vittoria.
Per questo, nonostante tutto ciò sia la nostra realtà, e nonostante queste parole appaiano come retorica già ascoltata, non possiamo e non dobbiamo perdere la speranza. E questa speranza, come hanno ripetuto con coraggio e con grandissima dignità Salvatore Borsellino, Sabina Guzzanti e Giorgio Bongiovanni e tutti gli altri con loro, questa speranza sono i giovani. Ragazzi smarriti e schifati dalla realtà di oggi, che non sanno più di chi fidarsi e quali certezze cercare, ma che proprio a partire dalla condanna di questa realtà devono ricostruire e crescere nell’ideale di un mondo puro.
“La differenza tra me e mio fratello Paolo è che a lui la realtà com’era allora non piaceva, ma cercando di cambiarla compiva un atto d’amore, poiché quando si ama una cosa, e questa cosa non va bene, si cerca di cambiarla. Nemmeno a me piaceva la realtà, ma andandomene ero egoista. Oggi invece, dopo il dolore, il silenzio e la rabbia, oggi parlo e ho capito, ho capito cosa spingeva Paolo. Forse nella mia vita non vedrò la Giustizia. Ma io oggi la vedo dove la vedeva Paolo, la vedo nei giovani.”

Tratto da: ecosistema-magazine.it

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