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omerta-tesdi Sandra Figliuolo - 17 febbraio 2015
C’è chi ha visto e sentito. C’è qualcuno che sa ma che, come da copione mafioso, non parla. Ed è un silenzio assordante, violento quanto il calcio che l’altra sera ha stroncato Aldo Naro, 25 anni appena, alla discoteca Goa.

Mentre si formano gruppi su facebook, con migliaia di utenti che invocano “Giustizia per Aldo”, mentre circola lo slogan “Io sono Aldo”, copiato dal “Je suis Charlie” nato con la strage di Parigi, mentre il Comune annuncia che sarà parte civile nel processo, mentre si organizzano fiaccolate e commemorazioni, chi potrebbe contribuire concretamente alle indagini, indicando l’assassino perché l’ha visto o lo conosce, tace.

Questo silenzio ha un solo nome – omertà – e fa ancora più paura se si pensa che quella discoteca era affollata – anche, perché no? – da giovani cresciuti con le Navi della legalità che sbarcano puntuali ogni anno per ricordare la strage di Capaci, coi cartelloni contro il pizzo e gli adesivi del consumo critico sistemati sulle vetrine dei negozi, con i coraggiosi pubblici proclami contro Cosa nostra che arrivano – puntuali anch’essi – dopo ogni blitz antimafia.

Sul piano teorico quella avvenuta al Goa è una roba, essendo avvenuta in un locale pieno di gente, da arresto quasi in flagranza: un ragazzo a terra, si chiama l’ambulanza e contestualmente polizia o carabinieri e, appena questi ultimi arrivano, si racconta quello che si è visto e quello che si sa, si aiuta ad indirizzare rapidamente le indagini, visto che il responsabile ha avuto il fegato di ferire a morte ma non quello di rispondere della propria azione. Così, al massimo dopo poche ore, se il colpevole è tanto stupido da non consegnarsi da solo, lo trovano gli investigatori.

Invece sono passati quattro giorni e l’assassino non è stato ancora preso. Qualcuno di voi lo sa chi è stato, ma ha probabilmente paura di ritorsioni, non ha abbastanza fiducia nello Stato da vuotare il sacco. Forse andrà alla fiaccolata, forse è nel gruppo su facebook, forse ripete “Io sono Aldo” e non si rende conto di avere una colpa forse ancora maggiore di chi Aldo l’ha ammazzato.

Tratto da: dipalermo.it

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