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acque-albule-intdi Giuliano Girlando - 26 gennaio 2015
A Tivoli l’insolita vicenda di un cittadino Luigi Sabucci che denuncia il Comune, viene a sua volta denunciato e prosciolto e della Procura di Tivoli che continua ad ignorare documenti di prova.
Quando il Ministro della Giustizia arriva a sostenere che in un’indagine penale NON è obbligatorio, il NON è un bel rafforzativo, prendere in considerazione documenti che dimostrano l’esistenza di un reato, con la conseguenza che i responsabili ne vengono mandati assolti e viene, invece, messo sotto processo chi quel reato ha denunciato, la vicenda merita senz’altro di essere conosciuta e approfondita.

Tutto è cominciato anni fa, quando un cittadino ha criticato sulla stampa locale e denunciato alla Procura una situazione di falsi bilanci del proprio comune, quello di Tivoli in provincia di Roma, e di una società termale, la Acque Albule SpA, partecipata al 60% dal comune stesso. Ne sono scaturite due inchieste: una a carico del cittadino stesso, querelato per diffamazione dai potentati del comune, ed una nei confronti degli organismi pubblici. Pur se alla logica dell’uomo della strada, sembra  evidente che il procedimento doveva essere invece unico. Ma il paradosso è che le due inchieste hanno avuto esiti radicalmente contraddittori. Il cittadino – che, peraltro, non svolge alcuna attività politica – è stato prosciolto, grazie ad una serie di documenti. Il GIP del Tribunale di Tivoli ha dato atto che “non era sostenibile che con le sue affermazioni avesse travisato la verità dei fatti”. Cioè, il GIP ha ufficialmente confermato che i documenti che quel cittadino aveva indicato confermano la denunciata falsità nei bilanci del Comune e della società Acque Albule. Poi, di lì a poco, quel medesimo GIP ha decretato anche l’archiviazione dell’inchiesta sui falsi bilanci in questione; questa volta, però, pur se è innegabile che li conoscesse, di quei risolutivi documenti di prova non ha fatto menzione alcuna.
Già arduo pensare ad una semplice svista, ma il successivo svolgersi degli eventi presenta aspetti oggettivamente ancor più preoccupanti. Il cittadino di cui sopra è tornato, ovviamente, a segnalare l’anomala omissione dei decisivi documenti di prova in questione, ma la Procura di Tivoli senza mai argomentare alcunché a smentirne la veridicità ed il significato probante, ha dato invece il via ad una reiterata apertura di procedimenti a suo carico. Con il risultato che finora, quel cittadino è andato incontro ed è stato già prosciolto per ben cinque volte per le sue affermazioni sulla falsità dei predetti bilanci e nel 2015, per lo stesso motivo, dovrà far fronte ad altre tre richieste di rinvio a giudizio. Però, la magistratura tiburtina continua ad ignorare i documenti che egli porta a sua discolpa e che, essa stessa magistratura ha riconosciuto essere la prova dei bilanci falsi del Comune di Tivoli e della Acque Albule SpA.
Per far cessare questa insensata spirale, a maggio del 2013 il nostro cittadino si è rivolto direttamente al Ministro della Giustizia, segnalando le contraddizioni della vicenda ed augurando “di essere chiamato per fornire ogni e qualsiasi documentazione ed approfondimento… per salvaguardare l’interesse pubblico e la legalità, anche quando sono messi in forse dagli stessi magistrati”. Solo dopo ripetuti solleciti, nel novembre 2014 da un Dirigente del Ministero, la dott.ssa Daniela Rita Tornesi, gli è stato comunicato che “all’esito delle valutazioni di competenza [la sua segnalazione] era stata archiviata”. Inoltre, è stato opposto un rifiuto alla richiesta di poter conoscere su quali accertamenti si fosse basato il Ministero, nel decidere su una vicenda tanto delicata ed importante.
Probabilmente, ci sarà in proposito anche un’interrogazione parlamentare, ma è comunque evidente la necessità di un chiarimento personale da parte dello stesso Ministro. Non potendosi non pensare che la risposta del Dirigente ministeriale sia frutto di un equivoco, poiché è davvero difficile credere che si possa supportare istituzionalmente un’oggettiva omissione riguardanti decisive prove di reato, per di più con pesanti e nocivi risvolti di danno erariale.

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