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vitale-salvo-c-paolo-bassani-2di Salvo Vitale - 12 gennaio 2015
Da qualche anno è invalsa la moda di identificarsi nel personaggio minacciato, offeso, vittima di una violenza o di un sopruso. E così abbiamo avuto una fila di “Io sono Saviano”, poi di “Siamo tutti Pino Maniaci”, “Io sono Di Matteo” ecc. In pratica è diventato moda esprimere la propria solidarietà con la cancellazione della propria identità e l’assunzione di quella del personaggio diventato oggetto d’ammirazione. In questa spersonalizzazione dell’io si legge già il primo segnale del malessere della società contemporanea, nella quale nessuno vuole essere più se stesso, vuole vivere, conquistare e difendere la propria identità, ma preferisce alienarsi in altre identità che comunque sono per lui ben lontane, compensando in questo modo la fragilità del proprio essere e occultandone le eventuali carenze. Perché essere un altro? Evidentemente perché essere se stessi non soddisfa pienamente. E’ facile obiettare che “Io sono…mister X” è un modo per incoraggiare il mister minacciato, per fargli sentire la propria vicinanza ecc.

Ma allora, perché non dire: Io sono CON Mister X e oggi, nel momento in cui abbiamo visto Parigi piena di questi slogan dire non “Io sono Charlie”, ma “io sono CON Charlie”: sarebbe stato il modo più facile per rispettare l’identità di Charlie, che ha ben poco da spartire con ognuno di noi, data la sua eccezionale  capacità di disegnare vignette con le quali far satira, cosa che pochi di noi sanno fare, e di rispettare anche la nostra identità che si incontra e si affianca alla terribile vicenda di Charlie Hebdo, che nessuno di noi ha vissuto e che comunque, malgrado qualsiasi “io sono…”, rimane quella che è.

Foto © Paolo Bassani

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