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acarodi Christina Pacella, Alessandro Bonetti, Giorgia Asuni - 28 dicembre 2014
Sono sempre felice quando mio figlio Alessandro arriva a casa con la nuova edizione del giornalino della sua scuola " L' Acaro. " Ma l'edizione Natalizia mi ha resa particolarmente orgogliosa dei nostri giovanissimi concittadini. Aprendo, alla pagina 4, il mio cuore e` stato piacevolmente turbato da un sussulto di emozioni, culminate in non poche lacrime di commozione.

Leggere gli articoli di questi ragazzi e` stato, senza ombra di dubbio, il regalo piu` bello che potessi ricevere. Vorrei condividerlo con tutti voi. In questo dono ho trovato la speranza di un futuro migliore per l'Italia. Ho visto la volonta` di capire, di informare con coscienza e conoscenza. Trapelano coraggio, entusiasmo e la volonta` di arrivare agli obiettivi prefissi nonostante le difficolta` e gli ostacoli che si presentano lungo il cammino. Trapela decisamente " quel fresco profumo di liberta`! " Piu` mi avvicino ai giovani, piu` mi rendo conto che siamo noi " grandi " ad imparare da loro. Sono sicura che scorrendo lungo le parole, nei vostri cuori si accendera` la stessa luce che ha illuminato il mio. Non immaginate quanto fossero felici gli autori quando ho proposto loro di pubblicare gli scritti sul nostro sito. Sapere che a qualcuno interessa la loro opinione diventa una scintilla che accende la passione. Sento forte il dovere di alimentare quella passione, dando ai nostri ragazzi lo spazio che meritano. Del resto, questo Paese continua a rubare il loro futuro, giorno dopo giorno, un pezzettino alla volta, a sangue freddo.


LA MAFIA A CASA NOSTRA
di Alessandro Bonetti

Quando quest'estate è scoppiato lo scandalo della riunione camorristica scoperta a Montegranaro, ci siamo stupiti. Magari ne abbiamo discusso una volta a tavola, o tra amici, mentre i giornali denunciavano il terribile assalto della mafia “pronta a mettere le mani sulle Marche”. Poi il silenzio.
Ma sì, perché in fondo crediamo di vivere in un posto idilliaco, sereno e libero da ogni male; la patria di Leopardi, ci piace vederci così. Dà fastidio che si parli di mafia; non di spaccio, di estorsioni, incendi di chalet, proprio di mafia. Quindi meglio parlare del campionato della Fermana, della giunta comunale in bilico, e di altri argomenti a cui ci sentiamo più vicini. Perché, su, diciamocelo, pensiamo che la mafia non ci appartenga, non è nel nostro DNA.
Purtroppo non è così. L’infiltrazione della malavita organizzata nella nostra regione non è roba dell'estate scorsa, ma risale al 1980. Ma di questo non si parla, non ce ne parlano, forse perché associamo (in)consciamente la mafia a stragi eclatanti, “poveri Falcone e Borsellino, uccisi così brutalmente”, “meno male che non stiamo al Sud”. Non che da noi non siano avvenuti fatti terribili (vedi la strage di Sambucheto del 1996, in cui vennero falciati a raffiche di mitra Nazzareno Carducci, la moglie incinta e il suocero), ma la malavita agisce soprattutto dietro le quinte, approfittando della nostra omertà. E così ha campo libero nello spaccio di droga, nel gioco di azzardo, nelle estorsioni (il “pizzo” per intenderci), nella gestione della prostituzione, nelle rapine.
Hanno colonizzato le Marche organizzazioni criminali calabresi, pugliesi (soprattutto foggiane), alcune cellule siciliane e napoletane, che si sono avvicendate nel corso degli anni e spesso hanno trovato un terreno fertile nei collaboratori di giustizia trasferitisi qui dal sud. Sono poi un cancro per il territorio anche le mafie straniere (albanese, marocchina, russa e cinese).
“Ma lo vedi che noi marchigiani non ci siamo tra questi brutti ceffi?” Eh no, ci siamo eccome! Ambiziosi personaggi locali sono inseriti ai piani alti di queste organizzazioni, e troviamo moltissimi indigeni tra i gregari che svolgono il lavoro sporco e formano la base. Si potrebbe citare ad esempio della prima categoria il boss Gianfranco Schiavi, di Loreto, condannato all'ergastolo per la strage di Sambucheto.
Tra le moltissime inchieste susseguitesi nei decenni scorsi, possiamo menzionare, oltre al primo maxiprocesso per droga del '92/'93, il processo “White Hill” (a indicare la collina fermana coperta di “neve”) conclusosi con la condanna di tutti gli imputati più importanti. Accanto a questi procedimenti giudiziari di buono o discreto successo, ne troviamo molti altri deludenti, come l'inchiesta del 2001, scaturita dall'Operazione Tifone, in cui i 67 individui arrestati dalla Dia la scampano l'uno dopo l'altro in breve tempo.
Inoltre può sorprendere che uno dei centri nevralgici della mafia marchigiana, forse il più importante, sia vicino a casa nostra, nelle frazioni fermane di Lido Tre Archi, Casabianca e Lido di Fermo. Questo luogo è una specie di Far West fuori dalla legge e di notte si trasforma in qualcosa di indicibile: oltre al consueto giro di prostituzione e droga, spesso si verificano sparatorie e roghi di automobili. Nei palazzoni della zona, vittima di un'esagerata speculazione edilizia, vengono stipate prostitute e prostituti, in condizioni disumane. Qui nel 2002 è stato scoperto un carcere pieno di cinesi schiavizzati da propri connazionali.
La situazione è resa ancora più preoccupante dalla lentezza nell'avvio e nello svolgimento dei processi. Un esempio: solo quest'anno, dopo ben sei anni di attesa, è iniziato il processo per la sparatoria alla pizzeria Break Time di Civitanova Marche, avvenuta il 15 luglio del 2008, per cui il principale imputato è Salvatore Perricciolo, trentaquattrenne calabrese residente a Montegranaro.
Tanti altri fatti, tanti altri eventi e personaggi si potrebbero citare, ma credo che ciò che ho detto basti almeno a farvi capire, a farci capire, che la mafia è tra noi. Da tempo è attiva, e si rafforza, cambiano le cosche, ma la sostanza resta la stessa. Quello che serve, oltre a una maggiore efficacia nei processi, è certamente informazione. Parliamone, abbiamo il coraggio e la franchezza di guardare in faccia la realtà. Non abbiamo paura.
Altrimenti il cancro continuerà nella sua metastasi incontrollata e sarà impossibile liberarsene.

MAFIA CAPITALE
di Giorgia Asuni - 28 dicembre 2014
Ennesima inchiesta sul rapporto Stato-mafia e sul coinvolgimento di personaggi politici nelle dinamiche di “Cosa Nostra”, MAFIA CAPITALE ha attirato l’interesse dei media, travolgendo una Roma in piena atmosfera pre-festiva .
Ma a buona ragione: una quarantina di arresti e oltre 70 indagati già a inizio dicembre, con l’accusa di far parte di un’associazione a stampo mafioso, volta ad ottenere dalla capitale finanziamenti pubblici, privati ed appalti. Il tutto con la collaborazione- più o meno diretta- di politici, sia di centro destra che di centro sinistra, di dirigenti e di privati.
Le accuse, di fatto, non sono certo poche: corruzione, estorsione, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e turbativa d’asta (dalle perquisizioni nelle case degli indagati sono stati requisiti beni –tra cui anche quadri di Pollock e di Andy Warhol - per un totale di 200milioni di euro).
Figura tra gli indagati anche l’ex sindaco di Roma, Giovanni Alemanno, che con un tweet si è subito dichiarato estraneo alle vicende in questione.
Tra gli arresti, spicca invece il nome di Massimo Carminati, (“ Er Cecato”, dalla pittoresca benda all’occhio) come capo dell’organizzazione nonché vecchio membro del gruppo terroristico di estrema destra Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari), e in rapporti con la Banda della Magliana.
Da sinistra abbiamo Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa “ 29 giugno”, per la quale avrebbe ottenuto non pochi finanziamenti da esponenti politici.
Infine Mancini- vicino all’ex sindaco di Roma Alemanno- processato ad ottobre per una certa tangente versata dalla ditta di autobus Breda Menarinibus (quella delle nostre vecchie corriere arancioni).
Sul modo in cui siano riusciti ad ottenere soldi pubblici, le intercettazioni di Buzzi non lasciano dubbi: “ […]tutti i soldi li abbiamo fatti su zingari, emergenza alloggiativa e immigrati, gli altri settori finiscono a zero”. “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? La droga rende meno”.
Da ciò, le reazioni da parte dei vari gruppi politici: diversi esponenti del PD hanno dato le dimissioni, il M5S chiede addirittura che il Comune di Roma “venga sciolto per mafia”. In attesa di ulteriori sviluppi nell’inchiesta, la Regione Lazio ha sospeso tutte le gare d’appalto in corso.
La banda del “Mondo Sommerso”, definita così dalle parole di Carminati stesso, non si limitava ad intrecciare rapporti con la politica. Spaziava anche nello spettacolo, tra cantanti, conduttori e starlet (Belen Rodriguez e relativo consorte, Mammuccari e Gigi D’Alessio; giusto per avere un’idea).
Mano a mano stanno venendo alla luce ulteriori particolari, tra giochi di potere e cenette di partito pagate con (parecchi) soldi pubblici.
Vedremo come si evolverà la vicenda.
E se davvero “ a Natale bisogna essere buoni” (?), meglio astenerci da commenti in proposito.

Tratto da: 19luglio1992.com

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