di Christina Pacella - 21 dicembre 2014
Alcuni giorni fa, i giornali locali hanno riportato la notizia dell'arresto di un giovane ventottenne affiliato alla 'Ndrangheta finito in manette per traffico di droga. Il fatto e` avvenuto a pochi chilometri da Porto San Giorgio, in una cittadina che si chiama Porto Sant'Elpidio. Fino a poco tempo fa si diceva che nelle Marche le mafie non esistevano, che eravamo fortunati, perche` vivevamo in una sorta di isola felice. Personalmente questa versione dei fatti non mi ha mai convinta. Per me, la presenza cospicua di droghe tra i giovani, indicava e continua ad indicare tutt'altro. Come potete immaginare, questa idea ha raramente trovato riscontro con quello della maggior parte dei miei concittadini. Anzi, sono stata spesso criticata per aver detto che, secondo me, nella nostra regione le mafie avevano messo radici da tempo. In molti hanno pensato che io stessi in qualche modo " infangando " la reputazione della nostra regione Leopardiana. Cio` nonostante non ho mai smesso di esternare la mia opinione, anche pubblicamente.
Nel contempo, essendo mamma di due bambini in eta` scolare, osservavo la presenza sempre piu` imponente di un altro fenomeno, quello del bullismo. Ed e` in questo contesto che pian piano ha preso forma il libro che ho scritto sul legame tra i meccanismi mafiosi e quelli appunto, del bullismo. Un libro che e` necessariamente legato alla mia esperienza da ex vittima di questo male sociale. Dall'uscita di Il Sogno di Paolo, molti genitori e molti ragazzi si avvicinano per raccontare il proprio calvario legato al bullismo, ma anche per avere piu` informazioni in merito al fenomeno. Sentono il bisogno di un contatto umano che fuori non trovano. Onestamente, non mi aspettavo che ci fossero tante persone toccate da questo problema, specialmente in una provincia relativamente piccola come quella di Fermo. Il fatto che molti mi contattano per raccontare e` senz'altro positivo.
Ma, c'e` un rovescio alla medaglia. La mancanza di risposte che dovrebbero arrivare dalle istituzioni. E` un aspetto che emerge quasi sempre quando mi trovo a parlare con le vittime. Non sanno a chi rivolgersi, la loro " denuncia " viene spesso liquidata come " una bravata ", promesse che " verranno presi provvedimenti " che poi cadono nel vuoto, l' assenza di un sistema in grado di intervenire nell'immediato per proteggere la vittima; fino ad arrivare alla totale negazione dell'esistenza del problema. Come per il discorso della presenza delle mafie sul territorio in cui vivo, insieme a pochi altri, mi sono fatta portavoce delle famiglie e dei ragazzi che nella lotta al bullismo rimangono soli ed isolati. Scrivo ed esterno il mio pensiero ovunque posso. Amplifico e metto in risalto la presenza della questione laddove esiste. Perche` solo in questo modo possiamo sperare di trovare una soluzione al dramma. Parlo di dramma perche` il bullismo porta con se tragedie. Porta alla depressione, porta all'autolesionismo, porta al consumo di droghe ed alcol, porta al suicidio. E le profonde e gravi ferite che provoca lasciano cicatrici che rimangono per tutta la vita. Per cui, invece di sentirci piccati dalle denunce e dalle verita` che inevitabilmente emergono, invece di pensare che la verita` sia volta ad "infangare " la reputazione di un luogo e delle persone che ci vivono, proviamo ad affrontare i problemi in modo diverso. Proviamo a discuterne insieme, ad identificare e usare al meglio le risorse che abbiamo a disposizione per prevenire e curare i mali, creiamo in maniera partecipata risorse nuove, domandiamoci se non c'e` spazio per migliorare, per fare meglio. Impariamo a comprendere la critica costruttiva che nasce dalla rabbia di chi subisce una ingiustizia. L' indignazione del singolo necessita quasi sempre la riflessione di una societa` intera. Perche` fin quando ci saranno esseri umani soli, vuol dire, che lungo il cammino, qualcosa non ha funzionato.
Tratto da: 19luglio1992.com