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di Miriam Cuccu - 7 ottobre 2014

"Informare", "rompere il silenzio" e "verità" sono alcune delle parole che si sono susseguite alla Giornata della Legalità e della Mondialità, organizzata sabato 4 ottobre alla Casa della Memoria di Servigliano (Fermo) da quattro associazioni del territorio: Falcone e Borsellino, Funima International Onlus, AINrAM Marche e Cacuam per il progetto "I giovani c'entrano" che si avvia ormai alla sua conclusione. Durante la mattinata, anche la partecipazione di alcune scuole superiori di Fermo e Montegiorgio.
Nel corso dell'evento - moderato da Anna Petrozzi, caporedattore di Antimafia Duemila e da Jonata Sabbioni per AINrAM Marche, patrocinato dalla Regione Marche, dal comune e dall’Assessorato alle politiche giovanili - molto spazio è stato dato all'importanza della partecipazione e al problema delle criminalità organizzate, sul versante sia locale che internazionale. Un problema non più solo militare ma anche (soprattutto) economico e finanziario.

Di fronte al quale non tutti sono rimasti a guardare, costruendo il proprio percorso di ribellione ma, più frequentemente, limitandosi a fare il proprio dovere. E' il caso di Peppino Impastato e Pippo Fava, il primo giovane militante politico che a Radio Aut, a Cinisi, con irriverente ironia punta il dito contro il potere di don Tano Badalamenti, il secondo direttore del giornale I Siciliani, l'unico nella Catania degli anni Ottanta a raccontare davvero l'evoluzione di una mafia dal carattere sempre più imprenditoriale. Di questo ne hanno parlato Salvo Vitale, che con Peppino condivise il percorso di lotta e l'esperienza radiofonica, e Antonio Roccuzzo, giovane cronista de I Siciliani quando Fava fu ucciso da Cosa nostra in un agguato. "All'epoca di Fava e Peppino l'eroe era chi faceva il proprio mestiere e il proprio dovere fino in fondo" ha detto Roccuzzo, ricordando quell"occasione di libertà" che Fava diede loro "perché i ragazzi sono più liberi", e che impararono "a fare i cronisti semplicemente tenendo gli occhi e il taccuino aperti, e guardando i fatti. Questo ci ha insegnato Fava".


Dal canto suo Salvo Vitale tira fuori dalla tasca una piccola chiave e una targhetta con scritto "casa Badalamenti". La casa del boss che volle e ordinò la morte di Peppino è stata confiscata e affidata alle associazioni dedicate a Peppino Impastato, tra cui quella di Vitale. A testimonianza del fatto che "i cambiamenti sono lenti, ma ci sono", nonostante le cause della morte di Peppino siano state volutamente depistate - "ci hanno fatto passare per terroristi" - per opera dell'ex generale Antonio Subranni (oggi imputato al processo trattativa Stato-mafia, ndr). Persistono, però, in particolare in Sicilia, ha continuato Vitale, "forti difficoltà economiche dovute al fatto che il mercato del lavoro è quasi tutto nelle mani del mafioso o del politico" e ancora oggi anche Cinisi "presenta una cultura generale tipicamente mafiosa". Tutti argomenti ugualmente affrontati di fronte alle quarte e quinte superiori dell'I.T.C.G.T. Carducci Galilei di Fermo, grazie alla collaborazione del preside dell'istituto, prof. Roberto Giuseppe Capponi, e del prof. Luigi Cifani. Nel corso della mattinata è stato proiettato il film-documentario "I ragazzi di Pippo Fava", tratto dal libro "Mentre l’orchestrina suonava 'Gelosia'" di Antonio Roccuzzo, sceneggiatore del film insieme a Gualtiero Pierce. Dell'importanza di impostare un percorso di educazione alla legalità nelle scuole ne è convinta anche la prof.ssa Silvia Fasino, insegnante alle scuole medie di Fermo e membro dell'associazione Libera, perché, ha spiegato alla Casa della Memoria, "Ciò che accomuna tutti i mestieri è una forma di coraggio, il lavoro parte dalla nostra testimonianza di cittadini che credono nel proprio lavoro e quindi anche nei ragazzi", un atteggiamento che "deve essere quotidiano" perché "i frutti del nostro lavoro non si vedono subito, noi non siamo in un'industria, qui si parla di rapporti tra persone". Anche l'Istituto Agrario di Montegiorgio ha partecipato ai workshop mattutini con la partecipazione di don Franco Monterubbianesi, fondatore della comunità di Capodarco, che organizza servizi per la riabilitazione e l'inserimento sociale e lavorativo dei portatori di handicap, e Ilaria Signoriello, portavoce nazionale Forum Agricoltura Sociale e consigliere CIPSI, un coordinamento nazionale che associa 28 organizzazioni non governative di sviluppo ed associazioni che operano nel settore della solidarietà e della cooperazione internazionale, entrambi ospiti anche a Servigliano. I due relatori hanno presentato al pubblico una vasta analisi sui temi della globalizzazione, dell'agricoltura sociale, della legalità, intesa come strumento di libertà individuale e di giustizia sociale, e della mondialità, intesa come forma di riconoscimento dei diritti umani universali e come primo atteggiamento di accoglienza e tolleranza, con una presentazione dei progetti avviati nelle scuole a partire da gennaio.

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