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carcere-41bisdi Enza Galluccio - 15 giugno 2014
Nel mese di aprile di quest’anno c’era stato un gran subbuglio nelle carceri che ospitano condannati al regime imposto dal 41-bis. Un’operazione descritta dal Dap come una consuetudine che avviene ogni 3-4-anni e serve ad evitare il radicamento di queste persone all’interno del carcere.
I primi ad essere spostati sono stati i principali esponenti della Mafia siciliana, della Camorra, della ‘Ndrangheta e della Sacra Corona Unita; tra questi Bernardo Provenzano che è stato trasferito da Parma a Opera, mentre Salvatore Riina e Francesco Schiavone - che al contrario si trovavano già a Opera - sono stati collocati a Parma, sempre insieme quasi inseparabili.
Provenzano però in quel periodo era ricoverato nell’ospedale di Milano S.Paolo per accertamenti e, nelle motivazioni del suo repentino sradicamento, è stata resa anche quella della necessità di spostare detenuti anziani o affetti da particolari patologie, in carceri più attrezzate dal punto di vista sanitario. Quindi si è ritenuto che quello di Parma non fosse più adeguato per un uomo come Provenzano considerato in precarie condizioni di salute.

Tuttavia lo stesso carcere, oggi, sembra essere il luogo giusto per Marcello Dell’Utri che, da una clinica privata di Beirut – in cui era ricoverato per problemi di salute talmente gravi da far dire ai medici che non avrebbero consentito l’estradizione se non si fosse garantita al paziente una giusta collocazione sanitaria - viene portato proprio a Parma nel reparto clinico.
Un’altra curiosità: pare che proprio il giorno prima anche Totò Riina sia stato ricoverato nello stesso reparto.
C’è stato un tempo in cui, molti mafiosi pentiti, diventati poi collaboratori di giustizia e ritenuti attendibili in molte inchieste, descrissero Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri come personaggi legati per molti interessi comuni al Capo dei capi Riina. In quelle dichiarazioni essi venivano addirittura definiti come mandanti occulti delle stragi di Capaci e via D’Amelio (e anche delle stragi del ’93, considerate parte di un unico piano destabilizzatore), ma il tutto era stato poi archiviato per insufficienza di prove nel maggio del 2002, come richiesto dal procuratore nisseno Tinebra (sì, proprio lo stesso che sostenne la colpevolezza di Scarantino e Candura al processo Borsellino di Caltanissetta, che si rivelò poi essere un clamoroso depistaggio!)
Poiché la memoria in Italia è talmente labile da far dubitare, potrebbe essere utile citare un passaggio di Repubblica online, relativo a tali fatti: “[…]In 74 pagine il gip nisseno ricostruisce la genesi che portò alla clamorosa iscrizione nel registro degli indagati di Berlusconi e Dell'Utri con la pesantissima ipotesi di reato di "concorso in strage". Il giudice analizza le accuse dei numerosi collaboratori di giustizia che avevano chiamato in causa i due leader di Forza Italia sostenendo che "erano nelle mani del capo di Cosa nostra, Totò Riina" e che le stragi dell'estate del '92, in cui furono uccisi il giudice Falcone, la moglie, il giudice Paolo Borsellino e gli agenti delle loro scorte, furono "accelerate" per dare un colpo ai vecchi referenti politici della mafia e dare una mano al nascente partito di Forza Italia. Altri collaboratori parlarono di incontri tra i boss ed i due esponenti politici che avrebbero assicurato provvedimenti legislativi favorevoli a Cosa nostra. Ma il gip, pur non bollando i pentiti come inattendibili, ha ritenuto che gli elementi raccolti in due anni di indagini sono "insufficienti" a sostenere l'accusa in un eventuale giudizio. Insomma niente prove. […]”
Dunque, concludendo, quando ormai non ci si credeva più Dell’Utri viene estradato finalmente in Italia per scontare la pena di sette anni e subito mandato nel carcere di Parma quasi fianco a fianco a Salvatore Riina che, dopo aver fatto impazzire per mesi i sistemi di sicurezza italiani con continue minacce e condanne a morte per magistrati fastidiosi come Nino Di Matteo (impegnato nel processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia…!), oggi potrà godere della vicinanza dell’antico tramite con certa imprenditoria e certa politica, pur limitata dal duro regime carcerario.
A volte il caso! 

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