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chinnici-rocco-web1di Pippo Giordano - 7 giugno 2014
Quando entrai nell'aula bunker - Maxiprocesso - per testimoniare, guardai di proposito gli uomini di Cosa nostra, racchiusi in gabbia come belve feroci e m'accorsi d'essere pago e sazio: finalmente il sogno iniziato con la primavera di Rocco Chinnici, si stava avverando. E mentre posavo lo sguardo su di loro, il mio pensiero volava a Boris Giuliano, Cappiello, Aparo, Zucchetto, Montana, Cassarà, Antiochia, Mondo, Basile, D'Aleo e tanti altri uccisi proprio da coloro che stavano dietro le sbarre. Ma alcune gabbie erano vuote, mancavano ancora i capi dell'ala militare, ovvero Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella. Fu il Consigliere istruttore Rocco Chinnici che liberò le porte al grande sogno, con l'istituzione del Pool antimafia, del quale furono chiamati a far parte Falcone, Borsellino, Di Lello e Guarnotta.

Loro erano le menti e noi l'Investigativa di Ninni Cassarà, il braccio operativo. L'intuizione di Chinnici sconvolse non solo i piani di Riina, ma ruppe la consolidata pax mafiosa che regnava tra Cosa nostra e una certa classe politica. Le investigazioni mirate, soprattutto condotte a largo spettro e non più localizzate nel solo territorio palermitano, ci permise di affondare i bisturi sul coacervo d'interessi che la mafia aveva intessuto sull'intero Territorio nazionale. La risposta dei mafiosi fu tempestiva e brutale: Rocco Chinnici fu ucciso con un'autobomba. Altri uomini delle Istituzioni, prima di lui, avevano pagato con la vita e tanti altri, poi, furono uccisi, sino ad arrivare a Falcone e Borsellino. Quella bellissima primavera dell'inizio anni '80, divenne cupo inverno nel '92, allorquando le tenebre scesero su Capaci e via D'Amelio. Ci rapinarono un sogno e gli autori non devono essere ricercati nel solo gotha mafioso dai “peri incritati” con scopetta e coppola. Mi rifiuto di crederlo, atteso che sin dalla mia gioventù fui testimone di rapporti sodali tra mafiosi e politici. Del resto, basta leggere le sentenze che lo dimostrano.

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Oggi, quel bel sogno per me è divenuto un incubo, giacché nonostante il sangue a iosa versato, si continua pervicacemente a non schiarire il cielo di Palermo, creandomi comprensibile amarezza. A tutto questo si deve aggiungere la beffa o se vogliamo la presa in giro, di un giurista che afferma dall'alto della sua dotta personalità, che la trattativa Stato-mafia è stata legittima! Oppure, la scusante che avendo intercettato 4 telefonate s'era consumato il delitto di lesa maestà e quindi andavano distrutte come poi è avvenuto. E tutto ciò crea in me riprovazione e disgusto, perchè dopo aver rapinato il mio sogno, dei miei colleghi ammazzati e di Chinnici, Falcone e Borsellino, vedo i miei ideali di Verità e Giustizia calpestati. Ma non sono stato vinto, avrò perso il mio sogno, ma lotterò per realizzarlo in nome di coloro che sono stati meno fortunati di me. E non m'importa se il giurista per aver formulato giustificazioni sulla trattativa Stato-mafia, sia stato premiato con una candidatura al Parlamento europeo o col nuovo Settennato del Capo di Stato, andrò in pellegrinaggio nelle scuole per far comprendere ai giovani che un'altra Italia è possibile. Un'Italia priva di gente amorfa il cui solo obiettivo è il potere. Io non ho potere, ho solo tanta voglia di raccontare; ho solo tanta voglia di riprendermi il sogno, ovvero fuori la mafia dallo Stato e fuori lo Stato dalla mafia. Se saremo uniti vinceremo noi, ne abbiamo diritto.

In foto: Rocco Chinnici, in alto, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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