di Pippo Giordano - 18 febbraio 2014
No! No! E No! Caro Roberto, permettimi l'uso familiare, che ritengo all'uopo, necessario, per farti giungere il mio dispiacere per le parole che hai detto nell'intervista al giornale spagnolo El Paìs. Tuttavia, voglio esserti accanto per dimostrarti il mio ringraziamento per tutto quello che finora hai fatto e che spero continuerai a fare nell'interesse primario della ricerca della verità. Non condivido in toto il tuo ragionamento e non sono d'accordo laddove affermi che “non sia nobile aver distrutto la mia vita e quella delle persone che mi circondano per cercare la verità. Avrei potuto fare lo stesso, con lo stesso impegno, con lo stesso coraggio ma con prudenza, senza distruggere tutto. Invece sono stato impetuoso, ambizioso”. Vedi Roberto, noi due abbiamo percorso strade parallele e, seppure da "scranni" diversi, siamo riusciti a procurar danni alle persone che amavamo e quelle care.
L'abbiamo fatto perché ritenevamo d'esser nel giusto. Caro Roberto, noi non abbiamo delegato nessuno, abbiamo agito solamente con il nostro essere di uomini convinti che al di sopra di tutto c'era la ricerca della verità. Ordunque, Roberto ti prego di non angustiarti per quello che è stato e pensa a quello che sarà. Capisco la tua vita da "recluso" e te lo dice uno che ha avuto la responsabilità di assicurare per anni e anni la sicurezza dei pentiti di mafia e dei loro familiari. So bene come si vive da scortato, quali ansie e paure attanagliano la vita di ogni giorno e so anche bene che spesso è bastato un nonnulla, una telefonata giunta per sbaglio, per rivoluzionare all'istante la vita di colui che scortavo. Ma tu Roberto non devi darla vinta ai camorristi, non puoi farlo è quello che loro vogliono. Non riuscendo a colpirti con la violenza delle armi, tentano di abbatterti con la pressione psicologica. Per favore, se alla bisogna hai necessità, fai pure uso di psicofarmaci, ma che siano gesti solitari e di breve durata. Non darla vinta Roberto, e credimi non ritenerti un "codardo": non c'è codardia nei tuoi atti, semmai c'è stato e c'è dignitoso coraggio. Sovente dico, in ricordo dei miei colleghi della Squadra mobile palermitana ammazzati, che un uomo deve saper morire con coraggio piuttosto che vivere da vigliacco. Ebbene, caro Roberto sia io che te abbiamo scelto di vivere con coraggio e sulla base di questo nostra convinzione che dobbiamo guardare negli occhi gli studenti trasmettendo loro i nostri valori positivi. Concludo caro Roberto, invitandoti a tuffarti nei banchi di scuola, perché attraverso lo sguardo innocente dei nostri ragazzi si trova la pace: trovo la ragione del mio passato. Roberto, noi due dobbiamo e possiamo costruire i pilastri della casa comune che si chiama Legalità: lo dobbiamo fare in onore di Falcone, Borsellino e per tutti martiri della violenza mafiosa. Un abbraccio Pippo.