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cozzi-marcello-web0di Marcello Cozzi* - 13 febbraio 2014
Quando Pietro ci chiese aiuto era terrorizzato, rassegnato, senza prospettive. Eravamo per lui l’ultima spiaggia. Probabilmente non per ritrovare una vita normale: dentro di se, forse, sapeva che nulla sarebbe stato più come prima e che nessuno gli avrebbe più restituito la tranquillità di un tempo. Ma almeno riprendersi la dignità violata, quello si; almeno recuperare quel senso di umanità da troppo tempo calpestata dalla prepotenza e dall’arroganza mafiosa. Almeno questo!

Non fu difficile convincerlo alla denuncia. Il resto venne da se: le indagini, gli arresti, la protezione immediata, e oggi la libertà ritrovata. Si, proprio così: libertà; non importa se per ricominciare a vivere è dovuto andare fuori dalla sua terra, non importa se da qui in poi incontrerà inevitabili e complicati intoppi burocratici e non importa neanche se un giorno ritornerà. Importa, invece, che lui la mafia l’ha messa sotto i piedi, che gli è bastato fare nomi e cognomi, che i suoi aguzzini a vederli oggi in un’aula di tribunale sembrano più cani allo sbando che lupi inferociti. Importa, insomma, aver dimostrato che delle Istituzioni ci si può fidare e che i mafiosi non sono invincibili!
Negli ultimi due anni, in Calabria, attraverso i nostri sportelli SOS Giustizia a Reggio e a Catanzaro, abbiamo incrociato almeno una sessantina di storie simili a quella di Pietro; qualcuno ha voluto rimanere nell’ombra con il suo terrore consegnandoci il bagaglio pesante di nomi scomodi, altri ci hanno chiesto una mano dopo che avevano già denunciato e altri ancora ci hanno chiesto di essere accompagnati alla denuncia. A dimostrazione che ribellarsi si può, che certi nomi non sono poi così impronunziabili, che l’arroganza di quei criminali – dai Mancuso ai Trapasso, dai Grande Aracri ai Crucitti ai Cordì – è solo la maschera violenta dietro cui nascondono una vigliaccheria sconcertante.
E che c’è una Calabria bella e coraggiosa che va sostenuta e accompagnata. I tanti imprenditori vessati in silenzio da quella volgare prepotenza, quei commercianti annullati nel loro intimo da quella feroce presenza, vengano a farsi un giro nei tribunali quando i mafiosi sono alla sbarra, vengano a vedere come si riduce questa gente quando qualcuno li denuncia. Vengano a toccare con mano che fine fanno i lupi che gli sbranano la vita. Certo, sappiamo che non è facile. E neanche semplice. Sappiamo che non sempre i tempi del vostro riscatto coincidono con i tempi delle risposte che giustamente vorreste, ma sui volti di Pietro, di Giovanni, di Paolo, di Tiberio, e di tanti altri, oltre alla fatica degli immancabili problemi intravediamo sempre più marcati i tratti di una dignità ritrovata e di una libertà riconquistata.
Basta questo per dire che si può. Che è possibile. Che l’ultima parola è sempre la nostra, non dei mafiosi.
 
* Vicepresidente di Libera

Tratto da: liberainformazione.org
  

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