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masidi Saverio Masi*
Essere qui ed esporsi a parlare in pubblico per la prima volta e' il frutto di una decisione che ha richiesto serie ed attente riflessioni.
Il motivo per cui alla fine ho maturato questa scelta sta anche, ma non solo, nell’avere capito che il vostro sostegno attivo, relativamente a quanto sta accadendo oggi a Palermo, costituisce un vero e proprio deterrente di inestimabile valore e di indubitabile efficacia per chi e' intenzionato a far rivivere agli italiani gli anni bui del periodo stragista.
Vi sono infinitamente grato anche perchè se siete qui è perchè sentite di avere il dovere morale e lo stesso sacrosanto diritto di conoscere le origini di quel periodo stragista.
Da parte mia sono fermamente convinto che quanto è emerso finora e quanto sicuramente continuerà ad emergere in futuro sia di importanza cruciale per la democrazia di questo paese, per le nostre libertà civili, e soprattutto per quelle dei nostri figli.

E' anzitutto per loro infatti che dobbiamo continuare a pretendere la verità, riscattando in questo modo il sanguinoso passato del nostro paese e dando alle prossime generazioni la possibilità di vivere liberamente e dignitosamente.
Perchè quella che oggi chiamiamo la trattativa tra lo stato e la mafia, nonostante il silenzio imposto e nonostante ciò che alcuni giornali autorevolissimi e sovvenzionatissimi lascino intendere, continua infatti a gravare sul nostro presente e ad ipotecare il nostro futuro.
Quando sono pervenute le prime minacce di morte, ciò che  ha preoccupato più di qualunque altra cosa, ancora più delle minacce stesse, è stato il silenzio. Il silenzio da parte istituzionale, delle tv, della stampa e della quasi totalità degli attori sociali. Silenzio che vuol dire in primo luogo isolamento e che anche in passato ha sempre costituito un fattore imprescindibile per poter tessere o continuare a tessere trame oscure di potere.
Si tratta dello stesso silenzio che è stato fatto calare, intenzionalmente ed a più riprese, anche prima delle stragi del ‘92-‘93; un silenzio creato ad arte ed interrotto purtroppo soltanto dai boati di Capaci e via D’Amelio.
Un silenzio necessario non solo per tessere trame oscure di potere ma anche per creare le tristi e perverse premesse che poi hanno reso possibili le stragi.
Ecco perchè oggi sono qui con voi ed ho deciso di continuare anche in futuro a parlare in pubblico, di fronte a cittadini che vogliono e devono sapere.… per continuare insieme a voi a squarciare questo silenzio.
Dagli organi ufficiali di informazione veniamo continuamente bombardati con ogni genere di notizie, tranne quelle che sarebbe veramente necessario conoscere.
E' forse il caso di ritenere che dietro l'attuale, colpevole e sempre più imbarazzante silenzio si celi un aggiornamento o una prosecuzione della trattativa.
Vorrei pertanto porre alla vostra attenzione alcune considerazioni, che in buona parte sono state espresse di recente e in maniera inequivocabile da autorevolissimi addetti ai lavori e che riguardano la delegittimazione dell’antimafia da un lato e le minacce di Riina dall'altro.

La questione mafia è, allo stato attuale, passata in secondo piano nei palinsesti telivisivi.
Ma ciò che è ancora più grave, infinitamente più grave, è che la maggioranza dei mezzi di informazione non solo non parla di mafia, ma è impegnata ad attaccare, con una veemenza ed una costanza preoccupanti, l’antimafia, come se il vero problema fosse quest’ultima e non la mafia.
In questo modo non solo si rende la cortina di isolamento ancora più opprimente ma si crea, anzi si contribuisce  ulteriormente alla delegittimazione di chi vuole fare emergere la verità e invece trova la strada disseminata di ostacoli di qualunque tipo.
Perchè i poteri, ormai non più occulti come nel ‘92-‘93, non vogliono che la verità emerga.
Quello che i cittadini non devono venire a sapere è che  lo Stato è stato messo sotto ricatto da forze eversive interne ed esterne, e che con queste forze lo Stato è già sceso a patti come ha già stabilito una sentenza della Corte di Assise di Firenze.
Da qui derivano l’isolamento da un lato ed una vera e propria strategia offensiva dall'altro messa in atto contro i magistrati di Palermo e contro il processo sulla trattativa stato-mafia.
Da un lato infatti il lavoro dei magistrati di Palermo e i risultati concreti cui sono giunti vengono continuamente screditati o semplicemente ignorati;
dall'altro è in atto un'offensiva, una vera e propria strategia della tensione che si concretizza in attacchi di ogni tipo finalizzati ad impedire ai magistrati di poter svolgere serenamente il proprio lavoro.

Tale strategia della tensione credo abbia riguardato in realtà in un modo o nell'altro tutti gli attori che ruotano attorno a questo processo, dai semplici sostenitori come  l’ing. Salvatore Borsellino, recentemente denunciato da Sgarbi, ai testimoni come Massimo Ciancimino, anche lui minacciato di morte insieme ai magistrati che se ne occupano in prima persona.

In questo periodo assistiamo dunque a continui e spudorati attacchi all’antimafia e mai, invece, a quel complesso e variegato sistema criminale che comprende non solo la mafia ma anche la massoneria e i servizi segreti deviati; sul vero antistato è calato un silenzio assoluto.
Ricordo ancora quando, poco prima delle stragi di Capaci e via D’Amelio, addirittura due emittenti televisive nazionali andarono in onda contemporaneamente con la trasmissione di programmi di Michele Santoro e Maurizio Costanzo. In uno dei due studi era presente anche Giovanni Falcone.
In quella trasmissione, si discuteva ancora, di come combattere la mafia e non di come contrastare l’antimafia.
Sta di fatto che le condanne a morte di Riina sono passate quasi inosservate. I giornali e le televisioni, quando hanno dovuto occuparsene, le hanno fatte passare per delle semplici minacce, quasi degli sfoghi, e non per quello che sono, cioè veri e propri ordini di morte.
In questo modo la verità è stata occultata ancora una volta con la diretta conseguenza che l'attenzione da parte dell'opinione pubblica è stata in media piuttosto scarsa. Raramente si è assistito a una solidarietà attiva, forte e partecipata come la vostra.
Saranno i magistrati a stabilire se Riina si stia prestando, a sua insaputa o meno, a fare il ventriloquo per altri ma intanto disponiamo di un dato certo ed incontrovertibile, vale a dire che accanto a lui, in qualità di imputati nel processo sulla trattativa stato-mafia, siedono uomini che hanno rappresentato le istituzioni nel periodo post stragista.
Un'osservazione questa tanto amara quanto doverosa in considerazione delle vostre esternazioni di solidarietà.

Proviamo pertanto ad interrogarci sul perchè in questi ultimi mesi si stia registrando una escalation di minacce ai pubblici ministeri della procura di Palermo.

Come sostiene il procuratore generale dott. Roberto Scarpinato, è ragionevole pensare che all’interno di Cosa Nostra ci sia al momento una sorta di insofferenza che, unitamente ad altri fattori, esterni alla organizzazione criminale, genera almeno due ordini diversi di pericoli, o meglio due forme diverse di pericolosità della mafia, che insieme a fattori esterni danno vita ad una miscela esplosiva.

Il primo ordine di pericoli è legato al presente della mafia, ossia al contesto della seconda Repubblica; l'altro invece è legato al passato, quindi proviene dalla mafia della prima Repubblica, ossia quella di Riina.

La mafia attuale è inciampata, come l’intero paese, nelle problematiche legate alla crisi economica. La crisi ha senza dubbio ridotto gli introiti della mafia, sia per quel che riguarda la predazione dei fondi pubblici, ottenuta tramite la gestione illecita degli appalti, sia per quel che riguarda le entrate garantite dalle estorsioni praticate a tappeto.
A causa della crisi economica monta quindi un'insofferenza che è diretta non solo contro la magistratura che indaga e confisca, ma anche nei confronti dei vertici della mafia accusati di pensare solo ai propri affari e  di disinteressarsi del popolo di cosa nostra che invece auspica un ritorno alle maniere forti contro la magistratura, abbandonando così la strategia di sommersione adottata da Provenzano.

I pericoli che provengono dalla mafia della prima Repubblica e che significano per prima cosa la strategia stragista di Riina, finiscono così per convergere e per sommarsi con quelli generati dalla crisi economica. le parole di Riina possono essere interpretate come una investitura ed una forma di legittimazione da parte di chi all'interno di Cosa Nostra auspica un ritorno alle maniere forti contro i magistrati.
Tutte queste considerazioni vanno lette alla luce di un dato di fatto che è ancora più preoccupante; Riina ha infatti reiterato i suoi ordini di morte anche dopo aver appreso dalla stampa di essere intercettato. Inoltre non ha detto o fatto nulla per ridimensionare la portata delle sue minacce durante i videocollegamenti effettuati durante le udienze del processo.
Infine sullo sfondo dobbiamo tenere sempre presente la situazione di instabilità politica, della quale però evito di parlare per ovvie ragioni.

Proviamo ora a ragionare sulle parole, sul reale significato delle parole di Riina e sulle possibili motivazioni che si nascondono dietro queste parole, a partire da alcuni dati di fatto e da alcune considerazioni piuttosto evidenti.
 - Qualora il processo sulla trattativa dovesse concludersi con sentenza di condanna, a Riina toccherebbero pene detentive di pochi anni, del tutto irrilevanti per uno che ha collezionato una lunga serie di ergastoli e che quindi in ogni caso passerà il resto dei suoi giorni in carcere;
- Un'eventuale strage contro i magistrati di Palermo sarebbe in realtà controproducente: andrebbe a sortire, infatti, gli effetti opposti a quelli voluti, in quanto finirebbe inevitabilmente per essere una conferma di tutto l'impianto accusatorio del processo sulla trattativa.

Tenendo presenti questi dati di fatto, non si capiscono allora quali possano essere le reali motivazioni dell’atteggiamento di Riina.
Appare legittimo, pertanto, presumere che queste siano ancora celate alla nostra conoscenza e che ci sia qualcuno che teme fortemente che altre indicibili verità vengano a galla e che quello che Falcone definì il gioco grande del potere venga alla fine scoperto.
Le lotte di potere in italia si sono svolte spesso e in larga misura nell'ombra, così come spesso si è fatto ricorso alla matrice mafiosa per coprire stragi e omicidi che invece erano di matrice diversa.
Probabilmente non è un caso che Luigi Ilardo sia stato ammazzato pochi giorni prima che iniziasse a collaborare per svelare ciò a cui aveva già accennato circa le stragi avvenute in Italia, e cioè che “seppure attribuite alla mafia avevano una causale complessa al di là della mafia”.
Lo stragismo ha segnato tutte le fasi di passaggio della storia di questo paese a partire dal dopoguerra.
La prima Repubblica è nata e si è conclusa nel segno delle stragi, mi riferisco alla strage politico mafiosa di Portella della Ginestra ed alle stragi del 1992-1993.
Come ci è stato svelato dai pentiti Buscetta e Calderone, nel 1970 la mafia venne coinvolta nel progetto del golpe borghese.
Anche la strage del rapido 904 avvenuta nel dicembre 1984, ebbe tra i suoi artefici un esponente mafioso di spicco, ossia Pippo Calò, i cui rapporti con la massoneria e con la destra eversiva sono stati accertati.
In tante di queste stragi sono stati provati depistaggi e coperture da parte di esponenti delle Istituzioni.
E nello stesso modo anche per le stragi del ‘92-‘93 sono stati commessi depistaggi che ricordano quelli del passato, come la sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino e l’inquinamento delle indagini sulla strage di via D’Amelio utilizzando falsi collaboratori.
Molti sono gli elementi che lasciano intendere che con la realizzazione delle stragi di Capaci e via D'Amelio si siano saldati, o meglio rinsaldati, interessi mafiosi ed interessi di soggetti esterni.
A questo proposito vorrei citare alcuni incontrovertibili dati di fatto:
- 8 giorni prima dell’omicidio di Salvo Lima, il 4 marzo 1992, Elio Ciolini, già coinvolto nelle indagini per la strage di Bologna, preannuncia davanti a dei magistrati l'inizio di una nuova fase della strategia della tensione con l’omicidio di un esponente politico della Dc e l’eventuale omicidio del futuro presidente della repubblica. Subito dopo l’omicidio Lima da lui stesso preannunciato, Ciolini rivela che il piano era stato deciso da esponenti di massoneria, politica e mafia. Ciolini preannunciava tra le altre cose che la strategia della tensione si sarebbe spostata al centro nord con altri attentati poi puntualmente verificatisi, attentati questi che sarebbero stati rivendicati ed attribuiti a fantomatiche sigle eversive, e che invece servivano a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal problema mafia e a creare effetti destabilizzanti per l’intero sistema politico che si voleva portare al collasso.
- Come faceva Ciolini a sapere con così largo anticipo tutto quello che poi sarebbe realmente accaduto nell'ambito di quel terrificante piano di destabilizzazione?
Subito dopo, infatti, anche alcuni collaboratori di giustizia svelarono che alla fine del 1991 si era tenuto un summit del gotha di Cosa Nostra che aveva deciso di aderire ad un progetto di destabilizzazione politica che aveva tra i suoi artefici esponenti della massoneria deviata, del mondo politico e dell'imprenditoria.
- Chi e perchè aveva deciso che falcone, anzichè essere facilmente ucciso a Roma con colpi di arma da fuoco, doveva essere ucciso a Palermo in un modo così eclatante ? E' un dato di fatto che falcone si spostava spesso a Roma e che spesso si muoveva senza scorta al seguito.
- Come mai solo due giorni prima della strage di Capaci un’agenzia di stampa vicina ai servizi segreti anticipò in due articoli che stava per verificarsi un bel botto esterno per influenzare l’elezione del presidente della Repubblica in corso di svolgimento? E’ stato uno degli stessi esecutori materiali della strage di Capaci a dichiarare che la tempistica della strage aveva consentito a mettere fuori gioco giulio andreotti dalla corsa alla presidenza della Repubblica.
- Chi aveva quindi suggerito a Riina oltre alle modalità esecutive anche la tempistica?
- E incredibile è anche la tempistica della campagna mediatica montata contro il ministro Claudio Martelli che aveva varato il decreto Falcone che introduceva il 41bis anche per i mafiosi; campagna mediatica, e non solo, che portò alle sue dimissioni;
- chi è il soggetto esterno a Cosa Nostra a cui fa riferimento Spatuzza, che assistette al caricamento dell’esplosivo nell’autovettura utilizzata per la strage di via D’Amelio?
- In un’intercettazione la moglie del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, al quale era stato da poco rapito il figlioletto successivamente strangolato e sciolto nell’acido, implorò il marito di non fare alla magistratura i nomi degli “infiltrati” nella strage di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta. Tutti vogliamo sapere chi siano questi infiltrati.
- Chi suggerì di compiere gli attentati consumatisi a Roma nella notte tra il 27 e 28 luglio ai danni delle chiese di san Giovanni in laterano e di san Giorgio al velabro, tenendo presente la “coincidenza” che i nomi di quelle chiese fossero i nomi di battesimo degli allora presidenti di camera e senato, Giovanni Spadolini e Giorgio Napolitano?
- Sarà anche questo un caso ma lo stesso Spadolini nel 1992 aveva fatto riferimento ad un resoconto dei servizi segreti sul rapporto intrecciato tra la mafia siciliana ed alcuni settori della p2 indicandolo come un grave pericolo per la democrazia.
- Come si spiega che nella stessa notte dell’attentato si verificò un black out dei centralini di alcune sedi di governo tanto che l’allora premier Ciampi, maturò la convinzione che fosse in atto un colpo di stato?
- E cosa si nasconde ancora dietro lo stranissimo suicidio in carcere di Antonino Gioè, esecutore della strage di Capaci, depositario di scottanti segreti ed in contatto con i servizi, due giorni dopo le stragi di Milano e Roma?
Forse dietro a tutte queste domande si cela il motivo per cui qualcuno ha paura che si arrivi ad altre ancor più indicibili verità. E l’occultamento di queste indicibili verità potrebbe essere il motivo per cui Riina impartisce un ordine di morte nei confronti del magistrato che si occupa della trattativa stato mafia.

Chiudo ponendo l’accento sulla importanza della divulgazione da parte vostra.
Pochi giorni fa si è tenuto in un teatro palermitano un incontro pubblico organizzato dal “Fatto quotidiano” al quale hanno partecipato oltre al direttore ed al vicedirettore della stessa testata giornalistica, anche il procuratore generale di Palermo, dott. Roberto Scarpinato e la giornalista Barbara Spinelli.
Gli spunti e le considerazioni che mi sono permesso di sottoporre alla vostra attenzione sono stati ripresi in buona parte da quel dibattito.  All’interno di quel teatro erano presenti numerosi cittadini palermitani e tanti altri sono rimasti fuori per questioni di sicurezza. Bene, tutti questi cittadini che come voi hanno inteso esprimere solidarietà attiva ai magistrati del pool della trattativa, si erano riuniti in quel teatro senza essere stati informati da nessuna televisione e da nessun giornale.
Anche su quell’evento è stato fatto calare volutamente il silenzio.
Ancora più significativo e decisamente scandaloso, è che all’interno del teatro non erano presenti  telecamere.
Ancora peggio, nei giorni a seguire nessuno o quasi nessuno dei mezzi di informazione ha dato risalto all’evento.
Ma nonostante questo silenzio Palermo era lì a stringersi attorno ai suoi magistrati, così come adesso state facendo anche voi.
Vi ringrazio quindi perchè voi avete aperto una breccia in questo muro di silenzio. Il vostro essere qui presenti, le vostre discussioni costruttive, dal vivo o su internet, le vostre manifestazioni di solidarietà, in qualsiasi maniera essa venga esternata, forniscono la migliore protezione ai magistrati.
Possono comprare e gestire tutte le reti televisive nazionali ma non possono impedirci di ragionare, di usare in maniera libera e proficua il nostro intelletto, ne' possono fermare la divulgazione di questi fatti da parte vostra, che troverete altri canali per continuare a parlare di  trattativa stato-mafia, fosse anche il semplice passaparola.
La posta in gioco non è un ideale astratto di giustizia, bensì il nostro inviolabile e sacrosanto diritto di vivere felicemente e dignitosamente da persone libere e non da servi, in una democrazia incompiuta.

* L'intervento di Saverio Masi all'incontro “Un giorno questa terra sarà bellissima(Galatina (LE) 19 Gennaio 2014)

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