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giordano-pippo-webdi Pippo Giordano - 6 aprile 2013
Occorre dire che nemmeno la legge del 1970 sul divorzio è riuscita a scalfire il solido rapporto-coniugale tra Stato e mafia. E, quando qualcuno ha tentato di mettere il “dito” tra cotanta armonia coniugale, ha pagato un alto prezzo: con la morte. E allora, vorrei qui ricordare agli smemorati politici e non solo, chi sono stati gli audaci che mettendosi di traverso, hanno tentato di recidere il sodale rapporto tra Stato e mafia. Sono stati uomini che per onorare un giuramento fatto innanzi alla Costituzione, non hanno esitato un solo istante ad esercitare quel ruolo che l'appartenenza Istituzionale aveva loro assegnato.

E loro, invece di essere stimolati e protetti dallo Stato, proprio in virtù di quel coacervo d'interessi “coniugali” tra Stato – mafia, sono stati ghettizzati e isolati. Penso al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Poi, c'è la classe politica degli indifferenti: quelli che non sentono, non vedono e non ci sono. Per questi, calzano a pennello le parole di Antonio Gramsci: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?” Le parole di Gramsci, sono attuali perchè notiamo una classe politica, sorda, silente e indifferente al grido di allarme proveniente dalla Sicilia, da Palermo e Caltanissetta. Un silenzio talmente roboante che fa comprendere quanto menefreghismo istituzionale aleggia nei fatti di “cose” di Cosa nostra. Come a certificare che una maledizione grava sull'intera magistratura e gli “sbirri” che operano in quella terra ritenuta, esclusivamente, bacino di voti e niente più: tutto il resto è “Cosa loro”, ovvero il matrimonio Stato -mafia. Ed io mi pento di aver coniato l'aforisma “Vivere per combattere la mafia si deve; morire per annientarla si può!”: mi pento, perchè nell'intimo della mia anima provavo a dare un senso al martirio di tanti miei colleghi poliziotti, magistrati e carabinieri, assassinati per un ideale. “Morire per annientarla” nella totale indifferenza, nella totale solitudine dove persino la cosiddetta società civile voltava le spalle. Oggi assistiamo impietriti al silenzio non solo della classe politica, ma persino delle stragrande maggioranza dei siciliani, della scuola. Invece, i parlamentari del Movimento Cinque Stelle della Regione Sicilia, hanno espresso solidarietà, pubblicando: “Siamo vicini al pm Nino Di Matteo e alla magistratura tutta per l’ennesimo atto che dimostra, ove ce ne fosse bisogno, che il fenomeno mafioso non è per nulla sconfitto e che tutti gli sforzi e le iniziative antimafia dovranno essere sempre ai primi posti dell’iniziativa politica e della società civile”.I deputati del Movimento Cinque stelle all’Ars esprimono solidarietà al magistrato in prima linea nella lotta alla mafia e suonano la sveglia alla politica affinché si muova senza attendere la sollecitazione di fatti incresciosi. Si costituisca immediatamente - dicono i deputati M5S - le commissione Antimafia, sia a livello regionale che nazionale". Mi sono permesso di suggerire loro: "Commissione antimafia? Non serve a nulla, piuttosto spendete i soldi per educare i ragazzi nelle scuole per farli crescere con una mentalità senza mafia e coinvolgete pure i genitori. L'idea non è mia, ma del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa” Quindi, il magistrato palermitano Nino di Matteo e i magistrati di Caltanissetta Sergio Lari e Nico Gozzo, sono destinatari di minacce di morte. Ora, si può disquisire sulla pericolosità delle minacce giunte con missive anonime, ovvero sei i timori di un attentato nei confronti dei tre magistrati siano fondati o meno. Ma tutto ciò non dovrebbe essere causa dell'indifferenza della classe politica italiana e della società. Assisto, invero, che tanti Movimenti composti da molti giovani e non, rappresentano da illo tempore la vera antimafia e che esercitano la propria opera con genuina partecipazione e vicinanza alla magistratura siciliana. Io, plaudo all'iniziativa di Salvatore Borsellino che ha programmato un sit-in a Palermo, proprio per “cinturare” e proteggere Nino di Matteo e gli altri magistrati. Questi giovani, oggi sono i propugnatori del pensiero di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, riuscendo ad infondere ai magistrati siciliani, solidarietà e vicinanza e a loro va il mio commosso ringraziamento. Di contro, vedo che da decenni il connubio Stato-mafia non ha prodotto altro che indifferenza, trattative e sicumera a iosa nei confronti di chi a prezzo della vita tentava e tenta di far prevalere “quel fresco profumo di libertà che ripudia la puzza del compromesso morale” (parole di Paolo Borsellino).
No! Non solo io, ma migliaia di persone oneste, non tollereranno l'isolamento in cui state mettendo i Magistrati siciliani: non consentiranno un'altra Capaci, Via D'Amelio, Firenze, Roma e Milano. Prima o poi questo matrimonio tra Stato e mafia lo faremo naufragare: potete contarci.

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