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borsellinodi Alessia Guerriero e Susanna Crispino - 25 giugno 2012
"Senza tempo" è il titolo dell'incontro, organizzato dalla fondazione progetto Legalità che si è tenuto sabato 23 giugno presso l'atrio della Biblioteca Comunale, luogo in cui Paolo Borsellino parlò alla sua Città per l'ultima volta. " I luoghi evocano le persone ", così afferma la Dott.ssa Antonella Magaraggia in apertura del suo intervento, ricordando peraltro come il 23 giugno coincida con la data del trigesimo della strage di Capaci.


Interviene poi, il Dott.Gaetano Paci, Sostituto Procuratore presso la DDA di Palermo e Presidente della Fondazione Progetto Legalità,
il quale appellandosi alle delegittimazioni che subirono in vita Falcone e Borsellino sollecita la magistratura ad avere il coraggio di denunciare eventuali incoerenze legislative.
La Fondazione ha infatti proposto la riforma dell'art.416-ter del codice penale che disciplina il reato di scambio elettorale politico-mafioso, alla cui fattispecie è ricondotta solo l'ipotesi di una promessa di voti in cambio di erogazioni di denaro, mediante l'aggiunta di "altre utilità".
Tale proposta è stata provocatoriamente definita legge Paolo Borsellino.
A seguire alcune testimonianze degli studenti liceali che ricordano con particolare enfasi, i due uomini prima ancora che magistrati:"hanno donato la vita per una vita migliore, insegnando che rispettare la propria terra significa imparare ad amarla ".
Silenzio ed emozione quando a prendere la parola è Antonio Emanuele Schifani, figlio di Vito schifani, agente di scorta del Giudice Falcone, rimasto ucciso nella strage di Capaci. " E' difficile parlare della propria vita davanti al pubblico. Sono stato caricato di responsabilità senza che io me ne rendessi conto". Con la voce spezzata, Emanuele Schifani, oggi ufficiale della guardia di Finanza rivendica con orgoglio la divisa che indossa. Stessa intensità di sentimenti trapela dalle parole di Lucia Borsellino che sebbene non abbia intrapreso il percorso professionale del padre, si sente umanamente legata ad Emanuele Schifani. " Non è facile essere figli di Paolo Borsellino e non è facile vivere in questa Città ", conclude commossa dopo un breve ma fortemente voluto intervento.
A dare i suoi saluti è anche il Procuratore Capo della DDa di Caltanissetta, Sergio Lari che oggi coordina le indagini sulla strage di via d'Amelio.
Astenendosi dall'entrare nel merito delle indagini, questi ripercorre la vita professionale di Giovanni Falcone, le sue sconfitte e il suo impegno nell'associazionismo giudiziario; fu infatti il fondatore del Movimento per la Giustizia. A lui si deve, il riconoscimento della moderna legislazione antimafia, con riferimento alla legge sui pentiti e quella sul carcere duro, tutte applicate dopo la sua morte.
Da uomo di Stato, non poteva non morire di una morte eclatante, e per questo di altra morte eclatante doveva essere ucciso Paolo Borsellino e da lì si gettarono le basi per la trattativa.
Ad intervallare il dibattito, è stata la Dott.ssa Alessandra Camassa, che lavorò al fianco di Paolo Borsellino presso la Procura della Repubblica di Marsala, autrice del testo teatrale " Noi e loro " dialogo immaginario tra Falcone e Borsellino che mette in evidenza il legame di affetto e di amicizia, malgrado le diversità caratteriali.
Al termine della rappresentazione teatrale, l'oggetto del dibattito si sposta sulle indagini condotte dalle Procure di Palermo e Caltanissetta.
E' il giornalista Lino Buscemi, moderatore del dibattito ad esaltare il valore della memoria come strumento per tramandare ai posteri il ricordo, nell'attesa che le indagini facciano luce su verità che Paolo Borsellino già denunciò la sera del 25 giugno 1992 nello stesso luogo.
Irrompe con grande fervore il giornalista Saverio Lodato, già relatore quella sera di vent'anni fà, durante la quale si avvertì in un clima di "vigilia" la sensazione che Paolo Borsellino stesse pronunciando un'orazione funebre. Non usa mezzi termini, Saverio Lodato, per denunciare l'atteggiamento di contrasto delle istituzioni nei confronti delle Procure che hanno riaperto le indagini sulle stragi del '92, a differenza di una società civile sempre più attenta e che chiede a gran voce che sia fatta luce sui mandanti esterni. "Le istituzioni dovrebbero andare un pò a scuola dalla società civile" dichiara con tono irriverente e condiviso da gran parte dei presenti. Dura la critica anche a giuristi di rilievo come Giovanni Fiandaca e Giovanni Pellegrino che hanno contestato l'inesitenza del reato di "trattativa" stato-mafia, ma anche all'ex Ministro degli Interni Nicola Mancino che continua a negare il ricordo del programmato incontro con Paolo Borsellino. "Se ai pentiti sono concessi 180 giorni per parlare, perchè allo Stato sono stati concessi 16 anni per ricordare"? Così conclude il giornalista Lodato tra applausi di approvazione.
Coerente all'intervento di quest'ultimo è anche quello del giornalista Salvatore Cusumano che si chiede che Stato è uno Stato che riesce a fare il minimo indispensabile per proteggere i suoi uomini. Conclude con rassegnazione: " lo Stato non processa se stesso... e su questo purtroppo non è cambiato nulla in questi vent'anni ". La consapevolezza che lo Stato non ha protetto adeguatamente i suoi Servitori, è ribadita anche dal procuratore aggiunto Agueci, il quale peraltro non manca di riconoscere gli errori commessi anche dalla magistratura.
A dimostrazione delle parole di Giovanni Falcone " per sconfiggere la mafia c'è bisogno di un esercito di insegnanti ", interviene il dirigente scolastico del Liceo Croce, Annamaria Catalano, la quale preme sottolineare che fare antimafia a scuola significa insegnare, formare, far imparare a ragionare con la propria testa e rivolgendo lo sguardo a Lucia Borsellino, dice: " riappropriamoci delle nostre radici: la Sicilia non è solo stragi di mafia, la Sicilia è Paolo Borsellino ".


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