L’intervento di Walter Ferrari a nome del Coordinamento Lavoro Porfido, pubblicato in questi giorni sui giornali locali della Provincia di Trento, va ben oltre un doveroso ringraziamento al procuratore Sandro Raimondi. Esso illumina, seppure implicitamente, una questione più ampia e strutturale: la fragilità della separazione dei poteri nella dimensione locale. La moderna democrazia si fonda sull’equilibrio tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Tuttavia, in Trentino – come in molte realtà territoriali – questo equilibrio si è progressivamente dissolto. Il potere legislativo, un tempo più autonomo grazie a sistemi elettorali proporzionali che garantivano rappresentanza plurale, ha ceduto il passo a un esecutivo sempre più accentrato nella figura del Presidente. La collegialità, oggi, sembra più uno strumento di spartizione tra esponenti dei partiti di maggioranza che di mediazione.
In questo contesto, il potere giudiziario è spesso rimasto silente, schiacciato tra l’opacità amministrativa e l’inerzia politica. Solo di fronte ai casi più clamorosi, come l’inchiesta Perfido, la Procura ha potuto – o dovuto – agire. Ma come ha più volte ricordato Ferrari, i segnali c’erano da tempo: rilievi della Commissione Europea, esposti alla Corte dei Conti, denunce pubbliche del CLP. Il silenzio istituzionale che li ha accompagnati è una ferita alla trasparenza e alla legalità.
È quindi importante riconoscere e apprezzare il coraggio civile di Ferrari e del Coordinamento Lavoro Porfido: da anni affrontano con chiarezza e rigore tematiche scomode, che la maggior parte degli attori politici e istituzionali evita accuratamente, pur essendo centrali per arginare la deriva democratica. Farlo in un contesto locale, dove i rapporti di forza sono ravvicinati e le pressioni più dirette, richiede determinazione, lucidità e una visione alta del bene comune.
Non meno preoccupanti sono le recenti nomine e i tentativi di colonizzazione del sistema di tutela dei diritti dei cittadini e di giustizia amministrativa, dove figure già legate all’esecutivo provinciale vengono candidate a ruoli chiave come quello di Difensore Civico o giudice del TAR. È in atto un disegno di normalizzazione e allineamento delle garanzie democratiche agli interessi della maggioranza di governo.
La lettera di Ferrari non denuncia esplicitamente tutto questo, ma lo evoca con chiarezza. Il ringraziamento al procuratore Raimondi si accompagna alla consapevolezza che la sua azione ha rappresentato un’eccezione – e proprio per questo un segnale – in un panorama di torpore istituzionale. Ora sarà interessante capire come il CSM interpreterà la fase post-Raimondi: se come occasione per il ritorno allo status quo, o come opportunità per rafforzare l’indipendenza e il ruolo attivo della magistratura sul territorio.
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