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Domenica 9 febbraio, nel cuore del Friuli, il centro Awen di Felettano ha ospitato un incontro fuori dagli schemi. Non un evento formale, non una conferenza distaccata, ma un dialogo vivo, diretto, senza barriere. L’atmosfera intima, riscaldata dal camino acceso, e l’allestimento della sala – una poltrona in velluto aranciato al centro, circondata da giovani seduti su cuscini a terra – hanno reso subito evidente che l’incontro con Giorgio Bongiovanni, direttore di ANTIMAFIADuemila, non sarebbe stato convenzionale.
L’invito, inizialmente rivolto ai ragazzi dell’associazione Casa Giovani del Sole, si è presto esteso a tutti quei giovani che sentono forte il richiamo della verità e della giustizia. E la risposta è stata immediata: sguardi attenti, posture tese a cogliere ogni parola, un silenzio carico di aspettativa. Fin dai primi minuti, era chiaro che quella non sarebbe stata una semplice conferenza, ma un confronto vero, dove le domande erano affondi diretti nelle dinamiche della mafia, del giornalismo d’inchiesta e del ruolo delle nuove generazioni in questa battaglia.

Il ruolo dei giovani nel giornalismo antimafia

A rompere il ghiaccio è stata Laura Tuttolomondo, che ha posto una domanda cruciale:
“In un panorama mediatico spesso dominato da logiche conservative, qual è il ruolo delle nuove generazioni nel giornalismo d’inchiesta antimafia? E cosa serve affinché possano davvero incidere nel racconto e nel contrasto al potere mafioso?”.
Bongiovanni ha ascoltato con attenzione, scegliendo con cura le parole, consapevole della responsabilità che ogni giornalista porta sulle proprie spalle quando si occupa di mafia.
“La mia prima passione è stata la fede, la seconda l’informazione”, ha esordito. “Quando sono diventato giornalista circa 25 anni fa, mi sono detto: ‘Devo raccontare la verità’. Certo, nessuno possiede la verità assoluta, ma il mio compito è avvicinarmi il più possibile ad essa. E questo è ciò che deve fare ogni giovane che vuole intraprendere questa strada.”
Ha poi dato un consiglio chiaro ai giovani aspiranti giornalisti: specializzarsi.
“Essere troppo generici significa non arrivare da nessuna parte. Scegliete un tema che vi appassiona e approfonditelo. Io ho scelto di occuparmi di mafia, antimafia e di come sconfiggere questo male secolare".
Per diventare giornalisti credibili, ha sottolineato, bisogna studiare i fatti con metodo. Un giornalista d’inchiesta deve conoscere le storie dei magistrati, degli intellettuali e degli storici che hanno combattuto la mafia, analizzare i processi e gli atti depositati, seguire nel tempo i protagonisti della lotta alla criminalità organizzata.
“Un giornalista non può essere neutrale”, ha ribadito. “Deve scegliere da che parte stare. L’oggettività assoluta non esiste: ciò che conta è basare i propri pregiudizi su fatti reali e verificabili".

Dalla curiosità all’azione: come coinvolgere i giovani

Sempre Laura ha voluto approfondire un altro tema chiave: “C’è davvero un interesse concreto da parte delle nuove generazioni per queste tematiche, oppure c’è ancora troppa distanza? E, a livello pratico, come riesci a coinvolgerli, a trasformare la loro curiosità in consapevolezza e poi in azione?”.
Bongiovanni ha risposto con fermezza: “I giovani non sono indifferenti, semplicemente non sanno. E quando non conoscono la verità, il sistema li tiene sotto controllo.”
Ha spiegato come i mezzi di informazione mainstream manipolino la realtà, relegando i contenuti più scomodi a fasce orarie poco accessibili. “Se la verità viene trasmessa in seconda serata, mentre nelle ore di punta passano solo notizie filtrate, come possono i giovani informarsi davvero?”.
Ha poi denunciato il ritorno di dinamiche autoritarie: “Oggi i fascisti non fanno più i ghetti, ma controllano l’informazione. E spesso, chi un tempo era vittima oggi diventa complice del sistema".
La mafia come modello culturale: un pericolo reale?
A questo punto, David ha sollevato un problema allarmante: “Sempre più giovani sembrano attratti dalla vita criminale, spesso mitizzata nelle nuove culture musicali, linguistiche e stilistiche. Ritieni che questo fenomeno sia passeggero o rappresenti un cambiamento profondo? E quali strategie adotteresti per proteggere quei giovani che rischiano di diventare vittime di questa cultura?”.
Bongiovanni ha spiegato come questo processo non sia casuale, ma frutto di una strategia studiata a tavolino da sistemi criminali transnazionali.
“Il potere sa che i giovani hanno dentro di sé il fuoco della giustizia, dell’arte, della libertà e della verità. Per impedirgli di diventare rivoluzionari, gli fornisce falsi modelli da seguire: droga a basso costo, culto del denaro, frenesia della carriera a qualsiasi prezzo".
La soluzione? “Riempire il vuoto con cultura e consapevolezza. Se nelle scuole si insegnasse la storia della mafia, il sistema inizierebbe a crollare".


L’arte come strumento di lotta

L’incontro si è arricchito con la proiezione del trailer di Amari Graffi nell’Anima, progetto di Casa Giovani del Sole presentato a Udine il 30 e 31 agosto. Un chiaro esempio di come l’arte possa diventare un’arma di denuncia e memoria, un mezzo per contrastare la mafia non solo con le inchieste, ma anche attraverso la cultura e la creatività.


Il rischio di un ritorno al “papello”

David ha poi toccato un nervo scoperto che dalle stragi – al ricatto di Cosa Nostra nei confronti dello Stato, attuato nel 92’ – ci riporta alla realtà attuale.
“Oggi sembra quasi che il governo stia seguendo le richieste del ‘papello’ di Totò Riina. A questo si aggiunge la recente dichiarazione della figlia di Berlusconi, che ha espresso soddisfazione nel vedere attuate le volontà del padre. Di fronte a questi segnali, quale dovrebbe essere la nostra reazione per difendere legalità e giustizia?”.
Bongiovanni non ha esitato: “Il messaggio di Marina Berlusconi svela le carte in tavola. Suo padre voleva concretizzare il piano di rinascita politica di Licio Gelli, il capo della P2, una delle società segrete massoniche più criminali della storia. Un’organizzazione che includeva magistrati, giudici, poliziotti, carabinieri, ministri e persino giornalisti.”
Oggi, secondo il giornalista, quel piano sta prendendo forma: “Il programma perverso del potere fascista e tirannico che Gelli scrisse con Berlusconi e altri affiliati si sta realizzando. Marina Berlusconi lo ha detto chiaramente: è felice che il governo stia portando avanti quel progetto. Ci stiamo avvicinando a una dittatura. Al momento è mascherata, ma ancora per poco".
Ha poi spiegato il meccanismo con cui il potere politico tenta di piegare la magistratura: “Stiamo andando incontro a un sistema in cui la magistratura, il secondo potere dello Stato, diventa succube del governo. Quando un magistrato non può essere indipendente e deve eseguire la volontà della politica, la legge non è più uguale per tutti. Significa che il sistema democratico è compromesso".
E cosa possono fare i cittadini? La risposta di Bongiovanni è stata chiara: “L’alternativa è il voto. Siete quasi tutti maggiorenni. Informatevi, seguite persone che hanno dimostrato integrità, come de Raho, Scarpinato, Conte, Di Battista. Se vedete queste persone – o i magistrati e giornalisti di cui abbiamo parlato – scendere in politica, supportateli, intervistateli, seguiteli".


bongiovanni giorgio casa giovan sole 2


Ma non basta. Serve anche costruire nuove forze politiche, creare movimenti alternativi.
“Potete affiancarvi a un partito esistente che si sta rinnovando, come il Movimento 5 Stelle, oppure formare un nuovo soggetto politico con giornalisti e intellettuali con la schiena dritta. Entrate in quel 40% di italiani che oggi non vota e che vuole qualcosa di nuovo. Fate sentire la vostra voce".
Ha poi ricordato un esempio storico: “Gramsci, nel 1918, iniziò con un piccolo gruppo di sette persone in un bar di Torino. È diventato il leader del più grande partito comunista in Europa dopo quello sovietico. Se vogliamo un cambiamento reale, dobbiamo partire dal basso".
La sala era silenziosa, ma i volti tradivano un misto di inquietudine e determinazione. Il rischio di un ritorno a strategie di trattativa tra Stato e mafia non era solo una teoria lontana: era un pericolo reale.

Elon Musk e il finanziamento ai partiti di destra

A questo punto, Simone Gussago ha sollevato una questione geopolitica: “Elon Musk sta finanziando diverse campagne politiche di partiti di destra in USA ed Europa. Come valuti questa strategia e quali conseguenze potrebbe avere?".
Bongiovanni ha risposto senza mezzi termini: “Quello che sta facendo Musk è inquietante, ma se devo scegliere tra due mali – il suo piano e una guerra nucleare – preferisco il primo. Perché? Perché la guerra non lascia vie d’uscita, mentre un sistema politico reazionario possiamo ancora combatterlo".
Ha poi svelato un dettaglio interessante: “Fonti certe dicono che Musk e Trump non vogliono lo scontro con la Russia, perché sanno di non poter vincere. Per questo si stanno aprendo a Mosca e a Pechino per fare affari. Una volta consolidati i loro interessi, allora potremo affrontarli sul piano politico. Ma prima dobbiamo vincere le elezioni, portare l’Italia verso un’indipendenza reale e smettere di accettare imposizioni esterne".
Verso quale futuro?
L’ultima domanda della serata è arrivata da Stella di Toma, che ha cercato di guardare oltre l’orizzonte immediato: “Sembra che ci sia una momentanea tregua nelle tensioni internazionali, ma è davvero così o siamo solo di fronte a una ‘quiete prima della tempesta’? Quali scenari ritieni più probabili nel prossimo futuro?”.
Bongiovanni ha risposto con una visione dura, ma lucida: “In Italia siamo governati da fascisti pericolosi. A livello internazionale, la tregua è solo apparente. A Gaza, ad esempio, vediamo il solito schema: devastano la Palestina, poi siglano una pace temporanea. Ma questa non è vera pace, è una strategia per ricostruire e poi distruggere di nuovo". 
Ha poi spiegato il suo scetticismo nei confronti dei leader ufficiali della resistenza palestinese: “Io difendo la causa dei giovani palestinesi, ma non mi fido delle organizzazioni ufficiali come Hamas. Troppo spesso i loro leader vengono ‘misteriosamente’ eliminati, e questo mi fa sospettare che ci siano accordi segreti tra i grandi poteri finanziari, gli sceicchi arabi, i gruppi terroristici e persino l’Iran".
Secondo lui, la guerra è ormai un business globale, in cui il commercio di armi ha sostituito le logiche ideologiche.
“Da un lato, ci sono giovani che combattono con sincerità. Dall’altro, chi gestisce il conflitto a livello finanziario, tra banchieri e grandi potenze economiche".
E sul futuro? La sua previsione è cupa: “Putin si prenderà le regioni russofone dell’Ucraina e ci sarà una tregua apparente. Ma nel frattempo, aumenteranno il narcotraffico, la povertà, le morti per strada. Il sistema economico mondiale favorirà sempre più l’élite finanziaria, mentre la sanità pubblica cadrà a pezzi e tutto diventerà a pagamento".
L’incubo peggiore?
“Se uno dei paesi in crisi scatena una guerra per disperazione, oppure se la Russia si sentirà davvero minacciata, allora la Terza Guerra Mondiale potrebbe diventare realtà".


Un seme di consapevolezza

L’incontro si è chiuso con una certezza: la mafia non è solo un problema giudiziario, ma un nodo culturale e politico che riguarda tutti.
Le domande, gli sguardi attenti, il silenzio carico di pensiero critico: tutto testimoniava che la sete di verità non si è spenta, che c’è ancora chi vuole una narrazione libera e coraggiosa.
Non si è trattato di un semplice scambio di informazioni, ma di un atto di resistenza.
Il vero nemico non è solo l’omertà imposta dalla paura, ma l’indifferenza generata dall’abitudine.
Quella sera, in quella sala riscaldata dal camino e dalla voglia di giustizia, è nata una certezza: il cambiamento inizia da chi sceglie di non restare in silenzio.
Perché la consapevolezza, quando diventa azione, può trasformarsi in rivoluzione.

*Presidente Casa Giovani del Sole


Foto © Casa Giovani del Sole 

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