Le indagini sui reati dei colletti bianchi saranno più complicate e l’opinione pubblica, di fatto, sarà resa meno partecipe dei reati che commette chi amministra la “Cosa Pubblica”
Professore, ha letto la legge di riforma della giustizia del ministro Nordio, cosa ne pensa?
Sono state introdotte alcune novità che non condivido e provo a spiegare il perché. La parte in cui si dice che prima di arrestare un indagato servirà procedere al suo interrogatorio presenta un equivoco di fondo. L’indagato andrà avvisato “almeno cinque giorni prima”, tranne nei casi in cui “il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire”. La regola dell’interrogatorio preventivo non si applica in caso di pericolo di fuga o inquinamento delle prove, ma anche quando c’è il rischio di reiterazione dei reati più gravi (mafia, terrorismo, violenze sessuali, stalking) o quelli commessi con l’uso delle armi. Nella nuova norma sono tenuti fuori i delitti di colletti bianchi, cosa assolutamente non condivisibile sia sotto il profilo della prevenzione generale sia speciale. Se fosse stata in vigore anni fa avremmo dovuto chiamare Mario Chiesa e avvertirlo che avremmo voluto arrestarlo? Non condivido neanche che sulle misure cautelari non sarà più il giudice monocratico a decidere ma quello collegiale. Sicuramente gli uffici giudiziari più piccoli o quelli con rilevanti carenze di organico avranno grosse difficoltà. Si rischia il blocco per mezzo del regime delle incompatibilità. Condivido invece il divieto di pubblicazione dei dialoghi che non siano stati riprodotti “dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzati nel corso del dibattimento”. Condivisibile anche l’omissis su terze persone non indagate citate nelle intercettazioni. Condivido anche il divieto di pubblicazione dell’avviso di garanzia, che dovrà contenere una “descrizione sommaria del fatto”. La legge Nordio inoltre vieta al pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento per quanto riguarda i reati per cui è prevista la citazione diretta a giudizio, cioè saltando l’udienza preliminare. Parliamo dei delitti puniti con al massimo quattro anni. Norma equivoca sulla quale si era già espressa la Corte Costituzionale, quando si trattava di inappellabilità di tutte le sentenze di assoluzione da parte del pubblico ministero.
Che cosa pensa della abrogazione totale dell’abuso d’ufficio?
L’abuso di ufficio è un reato spia sia per il sistema criminale che coinvolge la corruzione sia per quello relativo alle infiltrazioni mafiose. Come ho già detto più volte questa abrogazione porterà gli inquirenti a contestare i delitti di corruzione e, di fatto, ritroveremo amministratori pubblici che dovranno rispondere di un delitto più grave. L’art. 323 c.p. andava riformato e reso maggiormente compatibile con il principio costituzionale di legalità e nel caso di specie con la tassatività e la determinatezza di cui necessitano le norme incriminatrici. Occorreva semplicemente una migliore descrizione normativa e una più congrua applicabilità ai casi concreti. Si è preferito abrogare. Vedremo presto gli effetti deleteri di questa scelta. Lo Stato da oggi dovrà provvedere a cancellare oltre tremilaseicento condanne definitive per abuso d’ufficio e i relativi effetti penali e civili.
La nuova legislazione prevede anche modifiche al traffico di influenze, le condivide?
Non condivido per nulla le limitazioni all’applicazione del traffico d’influenze illecite. Per essere punibile il mediatore dovrà sfruttare “intenzionalmente” le relazioni con il pubblico ufficiale, che dovranno essere “esistenti” e non più solo “asserite”, cioè millantate. In più l’eventuale utilità data o promessa dovrà essere “economica”: non basteranno i favori diversi da quelli che hanno valore monetizzabile. Si è di fatto svuotato il delitto, violando le normative europee e internazionali. La “zona grigia” tra criminalità e politica ne trarrà sicuramente beneficio. La nuova norma viola anche le prescrizioni del Consiglio d’Europa. Nei vari Stati membri dell’Unione europea, infatti, l’elemento costitutivo della fattispecie penale, non è soltanto la promessa, offerta o dazione di un “indebito vantaggio” non ulteriormente qualificato in termini economici o patrimoniali, ma si specifica che questo vantaggio può essere “di qualsiasi natura” e dunque non solo economica o patrimoniale.
Se dovesse proporre lei un’idea, su cosa propenderebbe nell’immediato?
Occorre intervenire sulle lungaggini del processo penale. È questo il vero problema ed è quello che incide direttamente sulla fiducia dei cittadini nella giustizia. Ho già detto anni fa che una soluzione poteva essere quella di mettere a disposizione del giudice del dibattimento gli atti delle indagini. I rapporti e le relazioni di servizio possono tranquillamente esser letti dal giudice. Il dibattimento spesso si traduce soprattutto in fase testimoniale a conferme di quanto detto durante le indagini preliminari.
Un giudizio globale su questa riforma?
Molte ombre e poche luci. Negativa nel suo complesso.
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