La città diventa polo della tecnologia militare. Nuovi scenari cercano di prevedere i primi bersagli da colpire in caso di guerra aperta con la Russia
Il progetto DIANA, acronimo di: Defense Innovation Accelerator for the North Atlantic è il nome dato dai vertici di Bruxelles al programma di avanzamento della tecnologia militare che la NATO ha lanciato in aprile e finanziato a fine giugno con un miliardo di euro.
La Nato ha selezionato Torino come città per avviare il progetto ha l’obiettivo di garantire all’alleanza atlantica e ai paesi membri il permanere di una superiorità tecnologica sul resto del mondo. Un miliardo di euro, una montagna di soldi che verranno utilizzati per produrre tecnologie sempre più sofisticate, sempre più mortali. La città dell’aerospazio e l’acceleratore di innovazione della NATO sono sostenute attivamente dal governo della città, da quello della regione e da Confindustria. Una delle sedi di DIANA sarà ospitata nelle officine grandi riparazioni; dall’inizio di quest’anno saranno lanciate le prime gare e definiti i progetti da finanziare. Si tratta del nuovo incubatore della NATO che riunisce startup, ricercatori scientifici e società tecnologiche. Detto ciò, non può che condurre ad una corsa agli armamenti da cui a guadagnarci sarà soprattutto l’industria bellica e le imprese ad essa collegate.
Contro il progetto DIANA si terrà un sit-in di protesta presso le Officine grandi riparazioni in Corso Castelfidardo 22, Torino (attuale sede del progetto DIANA in Europa) il giorno 3 febbraio alle ore 16. Aderiscono all’iniziativa il “Comitato No Guerra No NATO”, il coordinamento AGite e Funima International.
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