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Vent’anni di abusi, torture e violazioni della legalità internazionale. Il centro di detenzione di Guantanamo ha compiuto questa settimana due decenni di attività senza che nessun presidente sia finora riuscito a chiuderlo. Lo avevano promesso George W. Bush e Barack Obama, ma furono solo parole. Adesso è il turno di Joe Biden, anche se l’attuale inquilino della Casa Bianca, per il momento, è riuscito a far trasferire un solo prigioniero. Altri 39 restano nella base senza nessuna garanzia legale. Alcuni di loro sono ancora in attesa di essere processati. Altri, addirittura, non hanno neanche ricevuto un accusa formale.
Era l’11 gennaio del 2002 quando i primi 20 prigionieri, vestiti con le ormai famigerate tute arancioni, entrarono nel nuovo centro di detenzione di Guantanamo, creato dal Pentagono sull’isola di Cuba per ospitare i presunti terroristi catturati dall’esercito statunitense in giro per il mondo. Nella base navale, i militari hanno praticamente avuto carta bianca con i detenuti, dal momento che non si sono visti costretti ad applicare le garanzie e le tutele legali vigenti sul territorio nazionale. I custodi di Guantanamo hanno così goduto di un ampio margine di manovra che ben presto ha mostrato tutti i suoi eccessi. Come, ad esempio, le simulazioni di annegamento conosciute come waterboarding, una pratica di tortura abitualmente inflitta ai detenuti assieme alla privazione del sonno o all’esposizione a temperature estreme. Un modus operandi criminale che è emerso anche grazie ai documenti riservati pubblicati da WikiLeaks nel 2011 e che è stato esteso all’estero, come rivela nei dettagli il saggio di Giulietto Chiesa “Le carceri segrete della CIA in Europa”, edito nel 2007.
Vent’anni dopo la sua apertura, Guantanamo è quindi diventato più un problema che una soluzione per gli Stati Uniti, che non sanno come mettere un punto finale alla faccenda. Innanzitutto per problemi burocratici, dovuti alle ingarbugliatissime pratiche che sono necessarie per trasferire i detenuti. Il Parlamento si nega ad autorizzare il loro arrivo sul territorio nazionale, in quanto li considera individui pericolosi. La patata bollente è così nelle mani del Dipartimento di Stato, che però deve raggiungere accordi con paesi terzi, seguendo un procedimento che può protrarsi all’infinito.
Il risultato è che il carcere di Guantanamo è ancora aperto, nonostante siano già passati 20 anni dall’inizio dell’infamia.

Tratto da: casadelsole.tv

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