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chiesa-bongiovanni-ingroiaVIDEO INTEGRALE CONFERENZA ALL'INTERNO!
A Pordenone la conferenza con Ingroia, Chiesa e Bongiovanni

di AMDuemila - 22 giugno 2013
Si è tenuto sabato sera, presso l'Auditorium Concordia di Pordenone, la conferenza “Sistemi Criminali”, organizzata dall'associazione ‘Il Sicomoro’ in collaborazione col ‘Movimento Politico-Culturale Alternativa’ e la redazione di “ANTIMAFIADuemila”. Ospiti della serata Giulietto Chiesa, giornalista, scrittore e leader del laboratorio politico ‘Alternativa’, il giornalista Giorgio Bongiovanni, direttore di ANTIMAFIADuemila e Antonio Ingroia, magistrato, ex procuratore aggiunto di Palermo e leader del movimento ‘Azione Civile’.

Una serata in cui sono stati toccati vari aspetti. Proprio Bongiovanni ha spiegato il concetto di “Sistema criminale integrato” sottolineando come la mafia ben si inserisce nel tragico scenario della spaventosa crisi economica e politica in corso. “E' stata messa sotto scacco la mafia militare, ma non l'intelligence dell'organizzazione- ha ricordato - In Sicilia pericolosi capi latitanti continuano indisturbati ad agire come ad esempio Matteo Messina Denaro che risulta essere imprendibile nonostante i 10mila uomini tra forze dell'ordine, funzionari di Stato e Servizi segreti che lo cercano. Senza considerare che in realtà i 10.000 sono solo numeri su carta, perché la ricerca del presunto attuale capo di Cosa Nostra è portata avanti da una quarantina tra agenti speciali e commissari, spesso costretti ad indagare con pochi mezzi a disposizione. Addirittura si trovano a dover pagare con le proprie tasche il carburante per i mezzi. Alla luce di ciò possiamo dire che è lo Stato che non vuole trovare Matteo Messina Denaro, come è già accaduto con Provenzano”.
Bongiovanni ha poi parlato della trattativa Stato-mafia: “Mai sono stati trovati e condannati i veri colpevoli delle stragi che il nostro paese annovera. La storia ci racconta di un Potere che vuole essere garantito sempre e comunque, fino 'all'estrema ratio' quando eventuali "ostacoli" minano le sue fondamenta. E' l'immagine del "Principe", ben descritto nel magistrale trattato scritto dal dottor Scarpinato, attuale Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo”. Sul perché la mafia ancora oggi sia tanto potente sembrano esserci pochi dubbi. “E' l'unico sistema criminale che garantisce un incredibile incalcolabile flusso di denaro – continua Bongiovanni - Miliardi di euro che servono a gestire le borse e i mercati del pianeta intero, nonché a pagare i debiti dello Stato italiano. Fiumi di denaro insanguinato della mafia siciliana, calabrese e campana hanno invaso il  nord dell'Italia corrompendo i politici locali. Un discorso che vale per oggi ma anche nel passato. Perché è la stessa mafia che 30 anni fa, sempre con il potere del denaro, ha messo ai ferri corti lo Stato e lo ha obbligato giocoforza a trattare, con favoreggiamenti e pressioni che si sono ripercosse sugli organi legislativi ed esecutivi”. E' toccato a Giulietto Chiesa, ex parlamentare europeo, allargare l'orizzonte oltre l'Italia dove il sistema mafioso è stato esportato. “Il primo problema è quello dell'informazione – ha detto – dove i mass media mostrano un mondo che non corrisponde alla realtà. I politici sono semplici maggiordomi...che ogni tanto inciampano e rovesciano il caffè. Sono uomini ricattabili. Equivale a commettere un errore quello di applicare i nostri criteri di valutazione ai politici poiché questi ragionano con tutt'altri criteri. Così come altri criteri morali sono quelli dei potentissimi banchieri anonimi, rappresentanti delle 9 banche più potenti del mondo; personaggi che prendono decisioni di gigantesca/internazionale portata pur essendo dei perfetti sconosciuti”. “Basti pensare – ha ricordato il leader di Alternativa – che lo Spread viene deciso ogni mattina alle ore 11, per proprio tornaconto specifico, senza che nessuno sappia nulla, al di fuori di ogni controllo. Ecco quindi che non esiste nessuna democrazia”. Per difendersi da questo scenario Giulietto Chiesa propone di “partire dal territorio, inteso come corpo, inteso come testa pensante, come scuole libere dove si formano i nostri bambini. Solo se ripartiamo dal territorio siamo forti, se ci compattiamo e saremo attivisti ce la possiamo fare. Vero è che ci impediranno in tutti i modi di agire, ma  non potranno eliminarci tutti, se saremo in tanti”. Un esempio per tutti può essere quello dei No Tav dove in 60.000 appartenenti a 30 comuni si sono imposti, hanno resistito per 20 anni ed hanno vinto una battaglia contro i poteri e contro l'Europa che voleva a tutti i costi la linea ad alta velocità per i treni in Val di Susa. “Dobbiamo capire che siamo stati colpiti come esseri viventi ed in quanto tali ci dobbiamo difendere, a partire dalla difesa della Costituzione e delle leggi – ha proseguito – Perché purtroppo, così come dice la metafora, il pesce inizia a marcire dalla testa. Il marcio è partito da coloro che comandano questo paese, ed a loro volta i politici hanno creato liquame e degenerazione e la corruzione quindi è dilagata anche nella società. La gente nell'illegalità si arrende ed a sua volta mette in atto comportamenti illegali. Ma noi non dobbiamo arrenderci”.
Seppur giunto in ritardo, dopo la presentazione del manifesto politico di Azione Civile avvenuto a Roma, l'ex magistrato Antonio Ingroia non si è sottratto a dare il proprio contributo d'analisi.
E, rispondendo alle domande di Bongiovanni, ha iniziato a spiegare quanto accaduto negli ultimi tempi. E' stato così ripercorso quel percorso di demolizione della sua figura, da magistrato prima e da politico poi.
Ingroia ha spiegato che “Lo schema è identico a quanto avvenuto in passato, seppur con modalità diverse, quando ci si ribella a un ordine precostituito. Da tempo certi magistrati vengono percepiti come 'corpi estranei' quindi per logica espulsi, rifiutati”. L'ex magistrato ha percorso vicende oscure della storia recente ed ha analizzato minuziosamente i passaggi che hanno innescato quelle indagini che oggi hanno portato alla celebrazione di un processo storico sulla trattativa. Per la prima volta vengono trascinati sul banco degli imputati uomini di mafia, collaboratori di giustizia, funzionari e politici di rilievo, uomini dello Stato che hanno trescato con la mafia per "ragioni di Stato".
Lo stesso Stato che per una Ragione di Stato pretende impunità. La canea di insulti e di attacchi alla sua persona e al suo lavoro è scorsa sotto gli occhi di tutti. Anche all'interno della Magistratura ci sono state forze in opposizione ed è doveroso capire cosa è accaduto e cosa sta accadendo nel nostro Paese al di là dell'esito che avrà il processo. chiesa-bongiovanni-ingroia-2
“La situazione è al limite del limite – ha affermato Ingroia - Se come uomini e come cittadini non saremo in grado di affrontare di petto certe posizioni sarà una capitolazioni delle chance di verità e di giustizia nel nostro paese. C'è aria di "purga", di repressione brutale di un modo di interpretare il proprio ruolo di funzionario dello Stato quando e perché non si è allineati... Il fatto grave/gravissimo è che da oggi a qualche settimana assisteremo alla revisione della Costituzione, antico progetto di Licio Gelli, con centralizzazione del potere, riduzione dei poteri del Parlamento, azzeramento dei poteri della Magistratura nonché della libera informazione.
Tutto questo sta procedendo a tappe forzate, pur con questo attuale Governo guidato da un leader esponente del centro sinistra, e con il Presidente della Repubblica che avrà funzione di notaio di questo piano. Primo passo sarà la modifica dell'articolo 138 (norma sulla produzione relativa alle leggi costituzionali ed alle leggi di revisione costituzionale), ritenuto per legge immutabile e reale presidio della nostra Costituzione. E questo accadrà a brevissimo, a ridosso della chiusura estiva, e la notizia passerà in sordina, mentre saremo tutti sotto l'ombrellone. Ecco cosa si profila all'orizzonte: un quadro di brutale repressione”. Ingroia si dice poi d'accordo con Giulietto Chiesa e con Bongiovanni: “Bisogna partire dai territori, non solo dalle singole battaglie, ma dalla coesione tra associazioni, che debbono collegarsi immediatamente con le organizzazioni degli altri territori, mettendo insieme quel popolo che ama la costituzione, la libertà e i propri diritti. Il partito prevalente deve essere fatto da pedine pensanti che non accettano più i giochi di potere. Bisogna partire dalla difesa della Costituzione”.
Il leader di Azione Civile, stimolato nel ricordo da Bongiovanni, ha anche ricordato i giorni successivi alla strage di via D'Amelio. In particolare il 21 luglio del 1992 quando “Un giovane magistrato – ha detto Bongiovanni - assieme ad altri, ha caricato sulla propria spalla la bara del giudice fatto a pezzi insieme agli agenti della sua scorta. Nella vita bisogna cogliere i messaggi, comprendere i segnali. Oggi è in corso un piano di denigrazione mediatica ordito contro quei magistrati che su quella bara hanno giurato di arrivare alla verità. E tra questi c'e' anche Ingroia”.
“Avevo 33 anni – ha aggiunto Ingroia - ero giovane con carica di Sostituto della Procura di Palermo. Avevo perso l'amico e il maestro. Paolo aveva insegnato a noi molte cose, in particolare ci aveva trasmesso la straordinaria capacità di non  abbattersi mai, e di trasformare il dolore e la rabbia in impegno. Lui questo lo ha fatto per primo quando si è trovato ad assistere gli ultimi istanti della vita del suo amico e collega Giovanni Falcone. Sì, ho giurato su quella bara di ricercare verità e giustizia. Paolo Borsellino è stato trucidato perché era un ostacolo per la trattativa. Ma chi poteva aver informato i mafiosi che lui rappresentava l'ostacolo? Solo un uomo dello Stato poteva sapere che il giudice era di ostacolo. Cosa resta a 21 anni da quella terribile strage? Molti pezzi di verità oggi sono certezze giudiziarie, purtroppo però il depistaggio iniziale è andato avanti. Io ho smesso di fare il magistrato perché non tollero di dover fare un passo indietro o piegarmi a quella Ragion di Stato che voleva che io indietreggiassi. Ma la battaglia non è persa. Perché ancora oggi sento il dovere di voler fare tutto il possibile affinché il mio impegno oggi in altra forma (come politico) si moltiplichi, affinché la verità emerga. Da magistrato non lo potevo più fare”. Quindi ha concluso “Tra democrazia e verità c'è relazione, la democrazia non può maturare nella falsità, e la politica deve tornare ad essere alleata della verità, e lotterò per questo. Questo accadrà e in quel giorno, in quel momento la promessa fatta su quella bara sarà compiuta”.

Foto © Andrea Del Zozzo




 

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