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nomontidaycorteoIl loro “rigore meccanico” e i nostri compiti
di Piero Pagliani* - Megachip - 29 ottobre 2012
Ce l’abbiamo fatta!  La manifestazione nazionale No Monti Day, di cui Alternativa è stata tra i primissimi promotori, è andata oltre le più rosee aspettative.

Decine e decine di migliaia di persone hanno sfilato a Roma da piazza delle Repubblica a piazza S. Giovanni rivendicando la volontà e la necessità di cambiare radicalmente lo stato di cose presenti, che se oggi è già insopportabile preannuncia un futuro ancora peggiore a causa del “rigore meccanico” del governo.

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. All’inizio del Novecento il rigore meccanico denunciato da John Hobson era quello con cui l’impero britannico riscuoteva le tasse in India, indipendentemente da raccolti ricchi o da carestie, così che la popolazione indiana si indeboliva sempre più, i contadini erano costretti ad alienare le proprie terre a favore di grandi proprietari terrieri e l’India si indebitava sempre di più proprio con quell’Inghilterra che agiva su di essa come una sanguisuga finanziaria.
Cento anni dopo, la Storia si ripete e il professor Monti col suo “rigore meccanico” impoverisce l’Italia (così come altri cosiddetti “premier” impoveriscono i cosiddetti “loro” Paesi, la Grecia, la Spagna, il Portogallo o l’Irlanda). La impoverisce e agisce da sanguisuga finanziaria a maggior gloria dei mercati finanziari, internazionali ma con sede a New York e a Londra.
La salute? Deve passare attraverso i mercati finanziari. L’istruzione? Deve passare attraverso i mercati finanziari. Le pensioni? Devono passare attraverso i mercati finanziari. Le “utility” vitali come l’acqua e l’energia? Devono passare attraverso i mercati finanziari. Le amministrazioni pubbliche? La stessa cosa. L’arte, la cultura? Idem. Anche l’ecologia, le foreste, i mari, l’aria, l’ossigeno, l’anidride carbonica. Tutto deve passare attraverso i mercati finanziari. I principi vitali stessi, dalle sementi alle cellule staminali, lo devono fare.
C’è qualcosa di delirante in questo “rigore meccanico”. Qualcosa che va oltre anche ogni principio “borghese” e che denuncia una disperazione: non sanno più in quale altro modo valorizzare i capitali. Gli resta solo questa mostruosa costruzione finanziaria che pretende come collaterale, come garanzia, la promessa di uno sfruttamento senza più regole, la promessa che tutto verrà messo in vendita e la promessa che nessuno si opporrà, ovvero la promessa che la democrazia non sarà un ostacolo. Il che vuol dire ottenere dai governi l’assicurazione che la democrazia che abbiamo conquistato tra stragi e massacri e la civiltà del lavoro ottenuta con lotte bicentenarie in pochissimo tempo saranno solo un ricordo.
Il tessuto sociale non può reggere in queste condizioni. Così come non possono reggere le relazioni internazionali. Lo sanno benissimo, per quello aggiornano continuamente i piani di repressione interna e quelli di guerra e destabilizzazione esterna.
Mai come oggi vengono al pettine gli effetti e le miserie di una società che non utilizza il mercato, ma è totalmente sottoposta al mercato. E, inoltre, ad un mercato che non funziona nemmeno più.
 
2. A Roma ha manifestato la società che non vuole essere sconfitta. Che ha capito o sta capendo che se la società continuerà ad essere sottoposta al mercato perirà. Lo si sta già vedendo: giovani senza un futuro, nemmeno prossimo; persone mature con un presente di lavoro avvilito, demansionato, dequalificato, cassintegrato, precarizzato; anziani con un passato di lavoro bruciato nelle “riforme pensionistiche” del governo.
A parlare a piazza S. Giovanni si sono susseguiti rappresentanti di questa società che società vuole rimanere. Dal coraggioso Enzo, rappresentante del No MUOS di Niscemi, alla straordinaria maestra Titti che ci ha fatto conoscere un pezzetto di dramma sociale che non sapevamo. E quindi un pezzetto di sofferenza umana che non conoscevamo, perché i drammi sociali non sono numeri per gli studi econometrici dei “professori”, sono donne e uomini che vivono, amano e, purtroppo, soffrono.
A causa di quel che sta succedendo in Medio Oriente, in questi giorni si parla spesso della Festa del Sacrificio, così importante nei Paesi musulmani. La festa che ricorda la mano di Dio che ferma il sacrificio umano di Abramo. Un punto di svolta per tutti gli uomini del Libro.
Il capitalismo invece non ha mai veramente accettato la rinuncia al sacrificio umano. Oh, quanto aveva ragione Marx: il capitalismo «non è capace di garantire l'esistenza al proprio schiavo neppure entro la sua schiavitù»! Possono sciacquarsi la bocca e la coscienza con ogni riferimento religioso, ma per questi signori gli uomini devono essere sacrificati al dio Mammona. Che altro stanno facendo?
Perché lo fanno?
Forse la risposta più semplice e vera è quella dello scorpione che punge la rana che lo sta portando in salvo sul suo dorso sopra uno stagno: “Perché lo hai fatto?” chiede la rana. “Adesso moriamo tutti e due”. “Non ci posso far nulla,” risponde lo scorpione. “E’ nella mia natura”.
Sono forse semplicemente prigionieri, ben ricompensati, del loro pensiero unico, meccanico, ricco di effetti speciali matematici ma in fondo povero e di modesta caratura.
 
3. Come non disperdere il coraggio del compagno di Niscemi e l’intelligente umanità della maestra Titti? Solo in un modo: organizzandoci e rinunciando agli identitarismi.
Parliamoci chiaro: a Roma sono sfilate molte sigle sindacali di base e decine di sigle di organizzazioni e movimenti politici. Il dato positivo è che si siano riunite in un unico evento. Il dato negativo è che ciò sia stato spesso l’esito di negoziazioni a volte lunghe.
Ognuno pensa di “avere la linea” (giusta, s’intende). Come è possibile? Decine di linee e tutte quante giuste? Io rispetto la storia e il presente di ognuna delle organizzazioni presenti, e anche delle singole personalità, nonostante talvolta mi spazientisca con una o con l’altra. Ma come decidere chi tra tutte loro ha la linea giusta se non forse tirando a sorte o tirando a indovinare?
Ognuna, la nostra compresa, ha il suo pezzetto di verità, di successi e di rispettabili sconfitte. Ma anche la sua parte di errori, di sconfitte che erano evitabili e di chiusure autoreferenziali.
Gli Italiani si sono dichiarati ampiamente stufi marci delle «banali rappresentazioni» che si sono susseguite e ancora si susseguono «sulla scena della politica ... nelle quali tutte le ambizioni umane intessono la loro menzogna». Con la saggezza di Gramsci hanno visto che «sullo sfondo giganteggia la maschera sghignazzante della realtà».
E questa maschera sghignazzante è, oggi e qui, la crisi sistemica.
Dobbiamo essere all’altezza della sua sfida. Altrimenti non dovremo incolpare altri che noi stessi se “nessuno ci filerà”.
Alternativa userà tutte le sue energie per aprire tavoli di discussione, gettare ponti, favorire dialoghi.
Dopo la manifestazione di Sabato non è solo un dovere politico, è anche un dovere morale.
 
* Piero Pagliani, Ufficio Centrale del Laboratorio Politico “Alternativa”.
 
P.S. Verso sera qualcuno ha sentito il dovere di rappresentare in piazza lo scontro sociale che oggi in Italia non c’è. Forse è un approccio “pascaliano”, almeno nel senso di Georges Brassens:
Mon voisin du dessus, un certain Blaise Pascal
M'a gentiment donné ce conseil amical :
«Mettez-vous à genoux, priez et implorez
Faites semblant de croire, et bientôt vous croirez»

Tratto da: megachip.info

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