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no-muos-danger-webdi Francesco Caudullo - 17 ottobre 2012
AnteMUOS
Viviamo in uno Stato che ha quasi per intero vissuto la propria esperienza repubblicana a “sovranità limitata”, vincolato dalle limitazioni derivanti da uno “scambio ineguale” con gli Stati Uniti, iniziato con la guerra fredda, ma ancora sostanzialmente efficace.

Sussiste ancora la NATO, che legittima le presenze sul nostro territorio di importanti basi quali Aviano e il comando di Napoli, e vigono ancora le eccezioni extraterritoriali a stelle e strisce del Dal Molin nel vicentino e di Sigonella, base strategica di primaria importanza per il controllo dello spazio mediterraneo, a tutti gli effetti un territorio statunitense situato a pochi chilometri da Catania.  Tutto questo, ci viene ripetuto con insistenza, è necessario per il nostro interesse e per quello dei nostri alleati, per garantire a noi protezione contro nemici che al tempo della Globalizzazione sono astratti e difficilmente identificabili e che solo la superpotenza americana cerca di sconfiggere.

E così, mentre la “Guerra infinita” post 11 settembre s’intreccia con la crisi economica e finanziaria in atto, con le “primavere arabe” e con le crisi mediorientali (Siria in primis), nel nostro Paese è possibile che si realizzino opere mostruose il cui potenziale letale è inimmaginabile. Dai droni, aerei senza pilota già impiegati nelle aree di crisi, a nuove generazioni di missili, fino ad arrivare alla realizzazione a Niscemi, in Sicilia, dell’impianto più misterioso di tutti: il MUOS.

La vicenda del MUOS di Niscemi prende forma dall’intreccio di ambigue connivenze d’interesse, dall’acquiescenza dei politici locali e nazionali, così come, nell’inquietante vuoto d’informazione e tra tante censure, nell’ignoranza di un’opinione pubblica distratta opportunamente da altre questioni. Tutto ciò ha contribuito a rendere possibile l’avvio dei lavori di realizzazione di un impianto dannoso, al di là delle prospettive belliche, anche in termini di impatto ambientale e di salute pubblica. Nonostante ciò, da un anno a questa parte, quanto sta accadendo a Niscemi inizia ad acquisire un minimo di notorietà grazie alla nascita e di un movimento di protesta che ha da poco superato il suo stadio embrionale e che, in ragione dell’oggetto della sua contestazione, è stato denominato


NoMUOS

Sabato 6 ottobre erano in più di cinquemila i partecipanti alla manifestazione nazionale “NoMUOS” che hanno raggiunto Niscemi e percorso pacificamente i quattro chilometri del corteo che si è snodato dalla contrada Apo fino ai cancelli della base militare statunitense. E con essi, non tutti legati ai 25 movimenti “NoMUOS” sorti in Sicilia in poco tempo, hanno partecipato anche alcuni ragazzi vicentini del “No dal Molin”. Il corteo ha combinato l’impegno e la volontà di affermare diritti fondamentali gravemente lesi, nel vuoto di sovranità che caratterizza la fase attuale, con la gioia e la speranza innescate dal sequestro del MUOS effettuato poco meno di ventiquattr’ore prima per “violazione delle leggi sull’ambiente”. Nella giornata di venerdì 5, infatti, la Procura di Caltagirone aveva autorizzato il GIP ad emettere l’ordine di sequestro del MUOS poiché la sua realizzazione violava di fatto il vincolo di inedificabilità della riserva naturale della Sughereta di Niscemi. E così, con un giorno di anticipo rispetto alla manifestazione, polizia e carabinieri hanno posto sotto sequestro l’area nella quale sono in realizzazione le grandi antenne. La notizia, rimbalzando nella rete, ha accompagnato l’immediata vigilia del grande evento del 6 ottobre.

 

Cos’è il MUOS?

Acronimo di Mobile User Objective System, il MUOS è un’installazione che media in UHF tra la rete satellitare statunitense ed i comandi militari; può guidare a distanza il volo dei droni o impartire ordini ed indicazioni ai quasi 20mila terminali radio dell’esercito statunitense. Sarebbe però riduttivo pensare al MUOS solo nei termini delle trasmissioni e delle comunicazioni, poiché tali istallazioni, quattro in tutto il nostro pianeta, sono un devastante strumento di morte, sia sotto l’aspetto puramente bellico sia per ciò che attiene la salute di tutte le forme di vita nelle vicinanze delle antenne. Dal punto di vista militare, il MUOS rappresenta lo strumento di comunicazione più sofisticato ad oggi realizzato; è capace di teleguidare le armi di ultimissima generazione in dotazione all’US Navy: dai missili Cruise, ai Global Hawk senza piloti, dai Predator ai Reaper, che sono concentrati soprattutto nella base di Sigonella.

Allo stesso tempo, le antenne possono rivelarsi importanti strumenti in grado di bloccare lo spazio aereo, nonché d’interferire tanto sulle trasmissioni d’informazione e di comando, quanto su ogni tipo di arma e ordigno missilistico. Ben consapevoli di ciò, le forze armate statunitensi, che in principio avevano pianificato l’istallazione delle parabole nella base di Sigonella, hanno ritenuto opportuno collocare il MUOS a Niscemi per ridurne notevolmente l’alto rischio d’interferenza sull’arsenale della base e per tutelare la salute dei militari.

Si trattava di un rischio evidenziato da uno specifico studio (Sicily RADHAZ Radio and Radar Radiation Hazards Model) – commissionato alle società AGI (Analytical Graphics Inc. la cui sede è a Exton in Pennsylvania) e Maxim Systems (San Diego, California) – che ha appurato l’altissimo rischio d’irradiazione elettromagnetica sulle armi, sulle munizioni e sugli esplosivi e che ha obbligato gli Stati Uniti a variare i piani logistico militari in Sicilia.

Ma se tale soluzione garantisce l’operatività di Sigonella ed elimina a monte i rischi per la salute dei militari e dei civili statunitensi che vivono e lavorano nella base, essa non considera affatto le conseguenze perniciose per la salute e la sicurezza delle popolazioni che vivono in prossimità del MUOS niscemese. A nulla sono servite le allarmanti conclusioni di uno studio realizzato, su richiesta dell’amministrazione comunale di Niscemi, dal Politecnico di Torino (Analisi dei rischi del Mobile User Objective System presso il Naval Radio Transmitter Facility di contrada Ulmo), che hanno evidenziato gli alti rischi per la salute. Sono stati puntualmente ignorati da una politica regionale e nazionale che ancora oggi non fa nulla per arrestare la realizzazione della stazione militare e che, anzi, sembra non volere imporre alcuna battuta d’arresto al progetto.

 

Ma perché il MUOS? A chi realmente giova?

A nostro avviso è opportuno tenere conto che l’alta tecnologia del MUOS incrementa ulteriormente la supremazia militare a stelle e strisce, ma non trova alcuna giustificazione rispetto ad una minaccia che, se si concretizzasse, si esprimerebbe in forme e modalità rispetto alle quali le costose armi supertecnologiche sono inadeguate (come ha spiegato in un suo recente libro sul Mediterraneo e la guerra il generale Fabio Mini).

Si tratta pertanto di uno strumento d’offesa e non di difesa, che tra l'altro è anche assai costoso. Come ha evidenziato in un suo articolo Antonio Mazzeo (MUOS e droni, la Sicilia piattaforma delle guerre del XXI secolo), è estremamente arduo quantificare i costi per la realizzazione di un progetto che, secondo i dati di un report del marzo dello scorso anno presentato dal Government Accountaibility Office, è già passato dagli iniziali 3,26 miliardi di dollari stimati dal Dipartimento della difesa statunitense a ben 6 miliardi e 830 milioni; i costi potrebbero inoltre aumentare ulteriormente nei prossimi anni.

Sebbene si tratti delle cifre complessive, che riguardano l’ultimazione dei quattro MUOS sparsi sul pianeta, è bene riflettere sul fatto che ogni installazione rappresenta un importantissimo affare economico, una voce d’arricchimento straordinaria per le realtà che operano nel settore della difesa e delle armi. Dalla Lockheed Martin, famosa per la produzione degli aerei F-35, alla General Dynamics C4 Systems, dalla Boeing Defense Space and Security alla Harris Corporation, passando per gli svedesi della Ericsson, diverse compagnie stanno già traendo profitto da tale progetto.

All’interesse di queste realtà, al livello locale, si combina quello della criminalità organizzata, che pare abbia messo le mani sugli appalti edili, come denunciato in un’interrogazione parlamentare ai Ministri della difesa e dell’interno dal senatore del PD Giuseppe Lumia (14 febbraio 2012) e come paventato (7 novembre 2011) anche dalla Prefettura di Caltanissetta.

Si tratta dunque di un affare multimiliardario, una spesa che si giustifica solo nei termini dell’arricchimento e del favoreggiamento d’interessi di settore.

Opporsi al MUOS diventa quindi un atto doveroso per un duplice motivo: da una parte perché, in questo momento siamo stretti nella morsa di una crisi finanziaria che sta rilanciando il neoliberismo nel XXI secolo ed è inammissibile una simile dissipazione di risorse economiche; dall’altra perché, come spesso accaduto nella storia, la criminalità organizzata trae profitto localmente in termini di accrescimento di potere e di ricchezza predisponendo, come contropartita, il territorio all’interesse di un più forte potere dominante (invasore) esterno.

 

Il MUOS e il futuro del capitalismo occidentale

Ma c’è un altro aspetto, forse più importante, che riguarda il MUOS in quanto strumento funzionale ai fini della sopravvivenza del capitalismo occidentale. Il capitalismo occidentale è un sistema che nel corso della modernità è riuscito a trasformarsi e a riorganizzarsi per accrescere esponenzialmente tanto il profitto quanto il proprio spazio d’interesse e d’azione. Il capitalismo occidentale (e con tale termine chi scrive intende il cosiddetto “occidente triadico” del quale parlava Bruno Amoroso a metà anni Novanta nel suo libro Della Globalizzazione, cioè Stati Uniti, UE e Giappone), è un sistema che si è posto rispetto alle risorse e rispetto al pianeta in termini di illimitatezza di crescita e che ha oltremisura compiuto una depredazione ed una dissipazione che oggi non è più sostenibile. La scarsità delle risorse disponibili si combina adesso con la comparsa dei nuovi e potenti competitori del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), su uno scacchiere globale che è assai più articolato e complesso rispetto allo scenario del neoliberismo dei “ruggenti anni Novanta”. Ciò conduce l’Occidente, che è irrimediabilmente avviato a declinare, a ripensare nei termini del conflitto tutti quei rapporti di competizione che nei prossimi anni difficilmente potranno essere sostenuti, soprattutto quelli con il gigante cinese. È pertanto possibile comprendere che i prossimi anni saranno inevitabilmente anni di guerra e di drammatici disastri sociali, economici ed ambientali che non risparmieranno né la nostra generazione né quelle future.

In tale quadro a tinte fosche la Sicilia si ritrova a ricoprire un ruolo strategico fondamentale, soprattutto in ragione di una geografia che la colloca nel cuore del Mediterraneo, ossia di un’area critica, prossima al Medioriente e comprendente l’Africa (il continente più ricco del mondo), all’interno della quale si scontrano gli interessi dei competitori globali.

 

Il MUOS come questione nazionale

Guardando a quanto accaduto tra il 5 e il 6 ottobre a Niscemi, si può però pensare che sia ancora possibile fare qualcosa. La presa di posizione da parte della Procura calatina, che ha ordinato il sequestro dell’area, rappresenta un momento importante perché interviene a rompere un silenzio insopportabile, ma potrebbe anche essere una misura temporanea.

È a partire dal successo della manifestazione di giorno 6 che si deve iniziare a rivedere il nostro approccio per porre in essere un’alternativa ad un futuro apocalittico. A Niscemi hanno partecipato realtà eterogenee, così come singoli individui che, cogliendo l’importanza del problema, si sono mobilitati. E nella manifestazione i tentavi strumentali e gli opportunismi di una politica locale, a lungo disinteressata alla vicenda del MUOS, non hanno sortito alcun effetto, poiché tale ambigua presenza non poteva prevalere.

Piuttosto la partecipazione dei No dal Molin e dei No TAV ha dato una dimensione “altra” alla giornata, facendo capire che il MUOS è né più e né meno che una questione nazionale rispetto alla quale è inammissibile restare indifferenti, perché fa parte di un progetto che mette in discussione il futuro di buona parte degli esseri viventi del nostro pianeta.

Il MUOS è uno strumento che potrà coordinare azioni di morte che mieteranno vittime innocenti in nome della difesa di uno stile di vita che non può essere negoziato, né esteso alla maggioranza degli abitanti del pianeta.

Tratto da: megachip.info
   

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