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Oggi l’udienza davanti al collegio della Suprema Corte presieduto da Giorgio Fidelbo

"È il giorno del giudizio". Il processo Trattativa Stato-mafia, che vede imputati ex uomini delle istituzioni assieme ai vertici di Cosa nostra per il reato di violenza e minaccia a un corpo politico dello Stato (art. 338 c.p.), è giunto alle sue battute finali. Alle ore 10, infatti, la Sesta sezione penale della Suprema corte di Cassazione si è riunita per emettere il terzo ed ultimo verdetto. Un procedimento iniziato oltre dieci anni fa da un indomito pool di magistrati (Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia) che ebbero il coraggio di far luce sui rapporti tra Stato e mafia nel biennio delle stragi: 1992 - 1994 (anno del fallito attentato all'Olimpico). Quello sulla Trattativa Stato-mafia è uno dei processi più complessi mai arrivati in Cassazione e, per questo motivo, è l’unico ad essere esaminato nell'odierna udienza.
Sul banco degli imputati, dicevamo, ci sono da un lato alcuni uomini di spicco delle istituzioni: gli ufficiali dei carabinieri, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno; e l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri. Dall'altro, invece, i capi mafia Leoluca Bagarella e Antonino Cinà (anche i deceduti Salvatore Riina e Bernardo Provenzano).
Sono cinque i magistrati del collegio che sta esaminando le 2.791 pagine con cui la Corte d’Assise d’Appello di Palermo, lo scorso 23 settembre 2021, ha parzialmente ribaltato il verdetto di primo grado assolvendo “per non aver commesso il fatto” l’ex senatore di FI e “perché il fatto non costituisce reato” gli ex ufficiali del Ros dei Carabinieri. Confermando, di fatto, solo le condanne al boss corleonese Leoluca Bagarella (ridotta da 28 a 27 anni) e quella al medico di fiducia di Riina, Antonino Cinà (12 anni).
Un verdetto che, nonostante assolvesse le istituzioni, ha confermato che "trattativa ci fu", che fu un'azione "improvvida" per il "bene" dello Stato e che vennero cercati volutamente gli uomini di mafia, per cosiddetti “fini solidaristici di interesse nazionale”, per porre fine alle stragi che stavano mettendo in ginocchio il Paese. L'effetto prodotto, però, fu l'opposto: ovvero il convincimento in Cosa nostra che la strategia stragista pagasse, tanto da dare luogo alle "stragi del continente" del 1993 (Roma, Firenze, Milano).
Lo scorso ottobre la Procura Generale di Palermo fece ricorso in quanto ritenne "contraddittoria" e "illogica" la sentenza della Corte d'Appello che assolse gli ufficiali del Ros "sul presupposto erroneo che gli stessi abbiano agito con finalità ‘solidaristiche’ e in assenza del dolo, anche sotto forma della volizione eventuale e pertanto accettata, ovvero di aver agito per alimentare la spaccatura asseritamente già esistente (ut infra) in Cosa Nostra tra l’ala stragista e l’ala moderata, amplificando, oltremodo, i motivi dell’agire illecito, pacificamente, irrilevanti ai fini della connotazione dell’elemento soggettivo”.


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Il sit-in organizzato dalle Associazioni "Our Voice" e "Attivamente" questa mattina davanti alla Corte di Cassazione © Our Voice


Per la procuratrice generale Lia Sava e i sostituti Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, gli ufficiali dell’Arma, infatti, “agirono consapevolmente nella certezza di ricevere richieste contrarie all’ordine pubblico, promosse da Cosa nostra, e di farsene latori innanzi gli organi istituzionali competenti per il loro soddisfacimento”. Quanto l'assoluzione del braccio destro di Silvio Berlusconi, Marcello Dell'Utri, la pg lo ritenne “estremamente lacunoso”, “illogico e contraddittorio”, scrivendo che l’ex senatore di FI, “è navigato ed esperto uomo di confine tra Cosa nostra e le alte sfere dell’imprenditoria nazionale”, nonché “amico scomodo del Presidente del Consiglio (Berlusconi, ndr), uomo comunque di straordinaria intelligenza e straordinaria capacità”. “Non è dato comprendere perché Dell’Utri – aveva scritto – si sia tenuto per sé il messaggio ricattatorio dei vertici mafiosi non riportandolo al destinatario finale, che era colui per il quale si era interessato per la tessitura di un accordo elettorale, poi andato a buon fine”. Ovvero “l’ultimo miglio”, citato dai giudici di secondo grado nelle motivazioni, che sarebbe mancato nella comunicazione a Berlusconi del “progetto ricattatorio-minaccioso”, anche se Dell’Utri ne era a “piena conoscenza” per le sue “reiterate interlocuzioni con Vittorio Mangano”.
Il presidente del collegio che giudicherà il caso è Giorgio Fidelbo. In magistratura da quasi quarant’anni, ha lavorato al ministero della Giustizia dal 1993 al 2001, ricoprendo il ruolo di capo dell’Ufficio legislativo sotto i governi di centrosinistra (Prodi, D’Alema e Amato). Come ha ricordato Giuseppe Pipitone su ilfattoquotidiano.it, Fidelbo è colui che "nell’ottobre 2019 annullò le condanne per 416-bis a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati nel processo 'Mondo di mezzo', nato dalla maxi-operazione battezzata Mafia capitale proprio per la contestazione dell’associazione di stampo mafioso a molti degli imputati". Quel collegio cancellò l’impostazione accusatoria giudicata valida in Appello, "riqualificando il reato in associazione per delinquere semplice". Nel collego che si esprimerà sul Trattativa Stato-mafia c’è anche Pietro Silvestri. Anche lui ebbe un ruolo nella sentenza su Buzzi e Carminati: fu consigliere e relatore, e scrisse materialmente il verdetto. Gli altri giudici che compongono il collegio sono Orlando Villoni, Emilia Anna Giordano e Fabrizio D’Arcangelo, a cui spetterà il compito di scrivere la sentenza. L’accusa sarà sostenuta dall’avvocato generale Pasquale Firmiani e dai sostituti pg Pietro Molino e Tomaso Epidendio.
Il verdetto è atteso per oggi, anche se dentro il "Palazzaccio" girano voci che potrebbe volerci una settimana prima che il collegio si pronunci. Fuori dal palazzo, in Piazza Cavour, si è tenuto un Sit-in organizzato dalle Associazioni "Our Voice" e "Attivamente" che hanno voluto sensibilizzare l'opinione pubblica sulla sentenza.
Non resta che aspettare. "Ai posteri l'ardua sentenza".

Dossier processo Trattativa Stato-mafia

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di Saverio Lodato

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