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E' stata fissata dalla sesta sezione della Corte Suprema di Cassazione per l'11 dicembre 2020, alle ore 10, l'udienza in Cassazione per il procedimento in abbreviato (anche noto come trattativa Stato-mafia) che vede l'ex ministro della Democrazia Cristiana, Calogero Mannino, imputato per violenza e minaccia a corpo politico dello Stato (art.338 e 339 del codice penale).
Secondo l'accusa il politico, consapevole di essere finito nella black list di politici e magistrati condannati a morte da Riina, si sarebbe attivato per aver salva la vita dando il via al dialogo dello Stato con Cosa nostra.
Nel luglio 2019 la Corte d'Appello di Palermo, presieduta da Adriana Piras (consiglieri a latere Massimo Corleo e la relatrice Maria Elena Gamberini), confermò la sentenza di assoluzione in primo grado, "per non aver commesso il fatto". Una formula che richiama la vecchia insufficienza di prove (quindi il fatto-reato ma quella trattativa tra Stato e mafia è stata commessa da altri, o meglio non ci sono abbastanza prove per dire che l’abbia commesso anche lui, ndr).
Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza la Procura generale, diretta da Roberto Scarpinato, con i sostituti procuratori Generali, Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, ha presentato ricorso per motivi di diritto, contestando la logicità e la conformità alla legge della sentenza.
I giudici di secondo grado non hanno spiegato solo il perché della conferma del giudizio di assoluzione. Sono andati oltre allargando i propri pareri anche alle valutazioni adottate dai giudici della Corte d'Assise di primo grado, che nel procedimento con rito ordinario hanno condannato boss mafiosi (Leoluca Bagarella, Antonino Cinà), ufficiali del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno), politici (l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri) e il figlio di Vito Ciancimino, Massimo, per calunnia (reato che è stato dichiarato prescritto). Nella giornata di ieri sono state avvisate le parti della fissazione della data di udienza.

Foto © Imagoeconomica

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