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di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari
Di Matteo: “Uomini delle istituzioni hanno parlato solo dopo Ciancimino jr”

Il Ros coltivò un sostengo politico alla sua iniziativa e soggetti che per anni hanno taciuto come la dottoressa Ferraro, Martelli e Violante, benché più volte sentiti, sugli stessi argomenti e su tutto quanto fosse a loro conoscenza sulle stragi del 1992, nei processi celebratisi a Caltanissetta ed anche in Commissione antimafia, hanno aspettato le dichiarazioni di Massimo Ciancimino e la loro progressiva pubblicità per presentarsi davanti ai magistrati e riferire i fatti”. Non possono esserci scuse, secondo il pm Nino Di Matteo, per tutti quei rappresentanti delle istituzioni che in tanti anni si sono trincerati nel silenzio. Secondo il pm, che ha proseguito la propria requisitoria, tutti costoro “hanno dimostrato un atteggiamento prudente” addirittura con l’intento di “salvaguardare gli imputati” o a “non evidenziare in maniera troppo aperta la gravità oggettiva che i loro racconti evidenziavano rispetto alla condotta degli imputati”. Alcuni di questi, come Violante e Martelli tramite alcune interviste, hanno persino “cercato di criticare e delegittimare fuori dal processo un impianto accusatorio che con le loro dichiarazioni avevano contribuito a consolidare”.

Le dichiarazioni della Ferraro
Ma quali sono le dichiarazioni degli “smemorati” di Stato? Liliana Ferraro, all’epoca del contatto Ros-Ciancimino divenuta reggente dell’ufficio affari penali, sentita al processo nel giugno 2016 ha riferito che prima della visita al ministero non conosceva De Donno, e che fino al maggio del ‘92 “non esisteva alcun tipo di rapporto”. Ugualmente con Mori non aveva “nessuna confidenza”. E’ lei a riferire, seppur con una certa lentezza ed incertezza, dell’incontro avuto con il capitano De Donno in occasione del trigesimo della morte di Giovanni Falcone (attorno al 23 giugno) e che questi le aveva detto dei contatti intrapresi con Vito Ciancimino per il tramite del figlio Massimo e che volevano fare un salto di collaborazione (“Mi chiese di dirlo al ministro Martelli e io effettivamente lo dissi a Martelli. Gli suggerì di dirlo al dottor Borsellino”). Stimolata dalle domande del magistrato la Ferraro aveva poi dichiarato che “De Donno aveva affermato di voler fermare le stragi o lo stragismo e che i carabinieri avrebbero parlato con Borsellino, e che volevano un sostegno politico, una condivisione politica perché Vito Ciancimino era un personaggio di prim’ordine”. Secondo l’accusa “che un magistrato di quella esperienza, di indubbia vicinanza al dottor Falcone non abbia ulteriormente approfondito il tema ci sembra poco plausibile”. La Ferraro ha anche raccontato di aver incontrato Borsellino il 28 giugno del 1992 all’aeroporto di Fiumicino e di avergli riferito del contatto con De Donno rispetto alla vicenda degli incontri con Vito Ciancimino ed anche della richiesta di sostegno politico all’iniziativa del Ros. A detta della Ferraro Borsellino non mostrò sorpresa ed avrebbe detto “Ci penso io”. Ugualmente aveva avvisato anche Martelli il quale “si irritò molto arrivando a dire ‘questi del Ros si intromettono in indagini Dia…’ e che era opportuno parlare con Borsellino”. “La Ferraro - ha ricordato Di Matteo - racconta queste cose dopo le prime dichiarazioni di Massimo Ciancimino e di Martelli ad una trasmissione televisiva con Michele Santoro. Dopo quelle dichiarazioni verrà chiamata dall’autorità giudiziaria di Caltanissetta". E’ sempre la Ferraro a raccontare alcuni dettagli di un incontro avuto con Mori nell’ottobre 1992: “Mi chiesero se era possibile avere un passaporto per Vito Ciancimino anche questa storia me la fece ricordare il ministro Martelli, non chiesi a Mori perché non andavano a perorare questa richiesta al questore o all’Autorità giudiziaria”. Anche in questo caso Di Matteo evidenzia come non vi sia stato alcun approfondimento da parte della stessa dirigente nonostante la richiesta irrituale. “La Ferraro non fa nessuna domanda, non ricorda nulla - ha aggiunto il pm - Anzi dice qualcosa che è difficile da accettare. Quando gli facciamo presente del suo incontro con Mori il 27 luglio 1992. la Ferraro dice che fu una cena a casa della Ferraro con Mori. E quando gli si chiede ‘Ciancimino fu menzionato in quella cena?’ Lei risponde, ‘Non abbiamo più parlato di Vito Ciancimino’”. “E’ difensivo l’atteggiamento della Ferraro - ha insistito Di Matteo - Dopo Capaci sa che i carabinieri stanno parlando con Vito Ciancimino, avvisa Paolo Borsellino, che dice ‘ci penso io’, il 19 luglio accade quello che accade e in quella cena la Ferraro, consapevole di quei rapporti in corso non gli chiede nulla su Vito Ciancimino, se avevano informato Borsellino, se poteva esserci una connessione”.
Ma non finisce qui. “La verità - ha ribadito Di Matteo - è che tutta la sua deposizione è finalizzata a sminuire ed in alcuni passaggi appare inverosimile ciò che viene affermato, come il mancato approfondimento su Ciancimino e la nuova sollecitazione del passaporto, la falsità che avesse riferito quelle cose già al dottore Chelazzi. Lo studio degli atti processuali ci dimostra che noi avevamo chiesto alla Ferraro se avesse avuto una qualche notizia sulla genesi della nomina di Di Maggio e lei aveva detto di non saperne nulla. Poi vengono rese note le intercettazioni tra Mancino e D’Ambrosio (che dice che la nomina di Di Maggio era stato scritta nell’ufficio della Ferraro) ed allora lei ricorda”.

Il contributo di Martelli
Anche l’ex Guardasigilli Claudio Martelli ha riferito certi fatti solo dopo la testimonianza del figlio di don Vito. Rispondendo alle domande dei pm ha risposto che la Ferraro le disse che De Donno aveva chiesto “il sostegno politico, una richiesta di copertura politica senza avere informato l’Autorità giudiziaria e senza riferire alla Dia… Io dissi alla Ferraro che doveva immediatamente informare Borsellino e io informai il ministro Mancino e con il gen. Tavormina… Chiesi poi alla Ferraro se avesse informato Borsellino e lei mi disse di si ‘ha detto che ci pensa lui’”. Ed è sempre Martelli a raccontare di come si arrabbiò quando seppe dalla Ferraro che i CC avevano chiesto aiuto per il rilascio del passaporto.

Violante elemento di prova
Secondo l’accusa le dichiarazioni dell’ex presidente della Commissione antimafia Luciano Violante rappresentano “un elemento di prova eccezionale, soprattutto per Mori”. Dopo aver ricordato i motivi che portarono il politico a rivolgersi all’autorità giudiziaria (un articolo del Corriere della Sera in cui Massimo Ciancimino lo tirava in ballo) Di Matteo ha rappresentato le sue dichiarazioni: “Mi ricordai che Mori mi aveva chiesto subito dopo il mio insediamento alla carica dell’Antimafia dicendo che Vito Ciancimino voleva un colloquio riservato con me”. Un atto anomalo se si considera che Ciancimino non è uno qualunque ma un pregiudicato, condannato in primo grado per associazione mafiosa e già noto come “l’anima politica dei corleonesi”.
Ed è sempre Violante a riferire che in un colloquio Mori gli disse che il motivo di quella richiesta era politico (“Io dissi a Mori, avete informato l’Autorità giudiziaria di questi contatti con Vito Ciancimino? Lui mi disse no perché è una questione politica”). Una dichiarazione per i pm molto importante così come quelle di Fernanda Contri, diretta collaboratrice del nuovo presidente del Consiglio Giuliano Amato.

Silenzio Amato-Tavormina
Partendo dalle sue agende la dottoressa Contri parla di due incontri non casuali con Mori alla Presidenza del Consiglio avvenuti il 22 luglio 1992 e nel dicembre del ’92 successivamente all’arresto di Contrada e cioè il 24 dicembre.
Due incontri con Mori. “Al di là del dubbio che la dott.ssa Contri ha circa l’origine del primo incontro - ha evidenziato Di Matteo - cioè se a prendere l’iniziativa fosse stata lei o Mori, la Contri riferisce che Mori le dice: ‘sto avendo incontri con Vito Ciancimino, sto avendo degli incontri e mi sono fatto l’idea che è uno dei capi se non il capo della mafia… questa cosa mi sconvolse…’. Parole che si riferiscono ad incontri in corso già avuti, non ha dubbi che Mori si riferisse a incontri in pieno svolgimento”. Inoltre la Contri è certa che nel periodo in cui incontrò Mori la seconda volta, in dicembre, l’oggetto era l’arresto dell’ex numero tre del Sisde Bruno Contrada. Non solo. La Contri ha anche dichiarato di aver riferito ad Amato le parole di Mori, anche se l’ex Presidente del Consiglio in aula “ha riferito di non ricordare nulla”, così come ha detto di non sapere nulla dei rapporti Ciancimino-carabinieri il generale Tavormina mentre sempre la Contri ha dichiarato di aver avuto conferma da lui di quel dato quando ancora don Vito era libero.

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