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gravianog adinolfi umberto 610“Mi ha chiesto questa cortesia”. In aula ascoltato l'audio dell'intercettazione durante l'ora d'aria
di Aaron Pettinari - Audio integrale
“Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo è stata l’urgenza…”. La voce di Giuseppe Graviano risuona e pesa come macigni all'interno dell'aula bunker dell'Ucciardone nell'ambito del processo trattativa Stato-mafia. Alla vigilia dell'audizione del boss di Brancaccio, prevista per domani, oggi è stato il giorno delle testimonianze dei periti che hanno trascritto le ventuno intercettazioni in carcere tra lo stesso Graviano ed il boss Umberto Adinolfi. Un lavoro che i periti Antonino Caiozzo e Nino Maio, nominati dalla Corte, hanno svolto anche confrontandosi con quelli nominati dall'accusa (Merenda e Bonferraro, ndr) e dalla difesa dell'ex senatore Marcello Dell'Utri (Pietro Indorato, ndr). In base alle relazioni delle parti non sono emersi particolari differenze di trascrizione salvo che per poco più di diciotto secondi nelle registrazioni del 10 aprile 2016. E' l'audio in cui Giuseppe Graviano parla al suo compagno d'ora d'aria, nel carcere di Ascoli Piceno, di Silvio Berlusconi e da cui emergono dichiarazioni pesanti in cui il capomafia sembrerebbe voler attribuire a Berlusconi il ruolo di mandante delle stragi del 1992-1993. E' la medesima conversazione in cui Graviano dice anche che “lui voleva già... voleva scendere novantadue già voleva scendere lui...”.
Il riferimento a “Berlusca” compare in altri punti della conversazione ma secondo il consulente della difesa, Indorato, nella prima occasione la parola detta dal boss sarebbe “Bravissimo” mentre le altre due non vi sarebbero in quanto in quel tratto, a suo dire, il dialogo tra i due mafiosi sarebbe incomprensibile. Diversamente i periti della Corte e quelli dell'accusa confermano di sentire “Berlu” così come la parte “siccome iddu, le elezioni... rnari la Sicilia”.
C'è poi un altro passaggio in cui Graviano dice: “Mi vuole far parlare di tutte cose di 'B'”. “Una parola chiusa – ha spiegato Caiozzo – è scritta tra virgolette perché è tronca, per accorciare qualcosa. Non possiamo capire con certezza se è solo 'B' o 'Bi'. Il consulente di difesa qui invece sente 'Mi'. Anche questo passaggio viene inserito nel verbale che abbiamo immediatamente redatto (acquisito oggi agli atti del processo, ndr) a firma di tutti i periti”. Un documento in cui sono inseriti tutte le differenze di ascolto che vengono rilevate dai periti da cui emergono, per l'appunto, i contrasti.
Contrasti che, probabilmente, verranno totalmente dipanati soltanto quando la Corte entrerà in camera di consiglio e che vedrà l'utilizzo di una strumentazione sicuramente più adeguata per l'ascolto delle stesse intercettazioni.

Questione telecamere
Altro tema affrontato durante l'audizione dei periti è stato quello della consapevolezza, da parte dei boss, di essere intercettati. Rispondendo al legale Di Peri, rispetto al fatto che Adinolfi il 17 luglio 2016 in un fotogramma saluta in direzione della telecamera il perito Caiozzo, pur confermando che in alcuni momenti guardano in telecamera, ha risposto: “E' una supposizione perché di telecamere ce ne sono due e in direzione di una telecamera c'era anche il passaggio d'ingresso. Non possiamo sapere chi c'è dietro l'ingresso se una guardia o lo stesso interlocutore che sta per entrare”. E poi ha aggiunto: “In alcuni passi parlano a bassa voce, capiscono o possono intuire che hanno un servizio di intercettazioni perché sanno o pensano che possa esserci qualcosa, infatti iniziano a parlarsi all'orecchio”. Tuttavia, ha spiegato ulteriormente il perito Maio “ci sono evidenziate riprese video dove presumibilmente i soggetti gesticolano o si muovono in maniera da far intendere che possono avere contezza che lì ci sono telecamere ma non è acclarato che gli interlocutori dicono 'io so che sono intercettato'”. Il perito della difesa ha evidenziato, invece, i passaggi in cui i due boss parlano dei lavori per l'installazione di telecamere.

Domani è il giorno di Graviano
Dopo l'ascolto dell'audio della conversazione tra Giuseppe Graviano e la sua “dama di compagnia” resta l'interrogativo su quel che deciderà di fare domani il boss di Brancaccio. Risponderà alle domande dei magistrati o si avvarrà della facoltà di non rispondere così come aveva fatto lo scorso 28 marzo quando i pm si erano recati per interrogarlo in carcere? “Sono distrutto psicologicamente e fisicamente con tutte le malattie che ho, non sono in grado di affrontare un interrogatorio” aveva detto senza troppi giri di parole. Poi aveva aggiunto: “Quando sarò in condizione sarò io stesso a cercarvi, per chiarirvi alcune cose che mi avete detto”. Un po' come aveva fatto nel 2009 al processo Dell'Utri. Anche allora, collegato in videoconferenza dal carcere di Parma si avvalse della facoltà di non rispondere, ma chiese al Presidente che fosse letta in udienza una lettera da lui stesso inviata alla Corte. Il giudice negò la possibilità e il boss, in una frase, sintetizzo il suo messaggio: “Per il momento non sono in grado di essere sottoposto a interrogatorio”. Vedremo “quando il mio stato di salute me lo permetterà”. Certo è che da allora la situazione per Graviano si è ulteriormente complicata con un'indagine aperta a Palermo, sempre per la trattativa Stato-mafia, ed un processo alle porte a Reggio Calabria (udienza fissata al prossimo 30 ottobre dinanzi ai giudici della Corte d'Assise di Reggio Calabria) dove è imputato assieme al boss di 'Ndrangheta, Rocco Santo Filippone, con l'accusa di essere i mandanti degli attentati compiuti a Reggio contro pattuglie dei carabinieri che portarono alla morte di due militari ed al ferimento di altri due. Per sapere cosa accadrà non resta che attendere ancora poche ore.

Foto: Giuseppe Graviano in bermuda (a destra) parla con Umberto Adinolfi, compagno d'ora d'aria nel carcere di Ascoli Piceno

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