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cufalo proc trattativa 16032017di Aaron Pettinari
Oggi in udienza gli esami di Cufalo e Pecoraro

Come aveva annunciato in una precedente udienza con una lettera inviata alla Corte tramite i suoi legali, l'ex ministro Calogero Mannino, coimputato al processo trattativa Stato-mafia per cui è stato assolto con rito abbreviato (la procura ha presentato appello), ha deciso di trincerarsi dietro al silenzio. “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere” ha detto rivolgendosi alla Corte. L'audizione di Mannino, che era stato citato come teste dall'avvocato Basilio Milio, difensore di Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, imputati di questo processo, è dunque durata pochi secondi. Il processo è poi continuato con l'esame del vicecapo della Polizia di Stato ed ex capo centro della Dia di Palermo Antonino Cufalo (in foto), citato dalla difesa degli imputati Mario Mori e Antonio Subranni per riferire in merito alle gestione del confidente Luigi Ilardo da parte del colonnello Riccio, e quello dell'ex prefetto Giuseppe Pecoraro.
Quest'ultimo, in particolare, è stato citato dalla difesa Ciancimino per riferire in merito alla telefonata avuta nell'ottobre 2010 con Luigi Bisignani, l'ex giornalista e faccendiere implicato nell'inchiesta P4 (vicenda per cui ha patteggiato una pena a un anno e 7 mesi di reclusione).
Quando fu sentito dai pm napoletani Pecoraro spiegò che in quella telefonata intercettata, in cui si fa un chiaro riferimento a qualcosa di cui si sarebbe voluto occupare il Copasir, si parla della vicenda “inerente alle dichiarazioni del figlio di Ciancimino su De Gennaro e su Narracci, e cioé al fatto che il Ciancimino avesse detto che il signor Franco di cui si parlava nel noto papello era il mio amico Gianni De Gennaro; nella conversazione io dico al Bisignani di aver appreso che il Copasir avrebbe trattato e messo all'ordine del giorno tale argomento”.
Oggi però in aula ha ridimensionato dicendo che spesso alla Prefettura di Roma, definita come un “porto di mare” arrivavano voci o pettegolezzi. E sulla specifica telefonata intercettata ha aggiunto: “Io non avevo saputo nulla, ho usato un termine sbagliato. L'ordine del giorno del Copasir è segreto, non potevo esserne a conoscenza come Prefetto”.
Perché allora parlò in quei termini con Bisignani, da lui stesso definito non solo come un amico di famiglia ma come un “consulente di fatto”? “Io ero preoccupato da questa cosa di De Gennaro - ha dichiarato rispondendo alle domande dell'avvocato D'Agostino - Probabilmente con quella telefonata riprendemmo un discorso fatto di persona la sera prima in una cena informale oppure nella stessa mattina... Ora non ricordo... Con lui esternai questa mia preoccupazione... Ma poi lui non è che poteva fare qualcosa”.
Alla domanda del pm Vittorio Teresi su quale fosse stata “la logica per cui un prefetto abbia informato un soggetto privato di qualcosa che ha connotazioni istituzionalmente sensibili e importanti come le discussioni all'interno del Copasir e su una cosa delicata come le dichiarazioni di qualcuno e che riguardano il Capo della polizia” il teste non ha saputo dare una risposta esaustiva se non che “fu un fatto assolutamente occasionale”.
Certo è che quel rapporto con Bisignani, “interrotto finché lui non ha sistemato le proprie pendenze giudiziarie”, era comunque forte (“mi interessavano le sue analisi politiche e avevo rapporti con Bisignani, sindacalisti, giornalisti, imprenditori, erano i miei consulenti per capire il territorio") oggi prosegue in perfetta normalità.
Il processo è stato infine rinviato a domani quando si terrà il controesame dell'ex presidente della corte d'appello di Palermo, Gioacchino Natoli. Sempre domani tornerà fisicamente nell'aula bunker dell'Ucciardone Massimo Ciancimino, nuovamente detenuto nel carcere palermitano di Pagliarelli (dopo che era stato trasferito nelle settimane scorse per motivi di sicurezza). Il teste-imputato ha già annunciato di voler rendere dichiarazioni spontanee.

Dossier Processo trattativa Stato-Mafia

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