Microspie all'“Opera” per i dialoghi Riina-Lorusso
Altro argomento affrontato dal teste sono le intercettazioni dei colloqui tra Totò Riina e Albero Lorusso, con il quale “da diversi mesi stavano insieme”, nel carcere di Opera. Attività che Bonferraro ha seguito personalmente “dall’inizio alla fine”.
L’iniziativa nacque dopo le segnalazioni di alcuni agenti che “nelle relazioni di servizio informavano che Riina durante la pausa di alcune udienze aveva esternato affermazioni in riferimento alla trattativa Stato-mafia”. “Le intercettazioni vennero effettuate dal 3 agosto 2013 - ha spiegato il teste - sia durante il passeggio che durante la socialità”, ma solo nel primo caso “abbiamo registrato numerosi colloqui dove Riina esternava fatti gravi o riferimenti ai suoi trascorsi giudiziari”. E quando il “capo dei capi” parlava di “fatti particolari, abbassava il tono della voce, ma avendo utilizzato apparecchiature molto sofisticate potevamo sentire lo stesso quello che dicevano”.
Attraverso gli accertamenti dell'agente della Dia gli “strali” di Riina sono stati scandagliati nelle parole, nei toni e nei gesti: dalla strage di Capaci al fallito attentato all'Addaura, dall'omicidio del generale dalla Chiesa a quello del procuratore Scaglione. “Binnu ci sparò” commentava Riina in riferimento al magistrato assassinato il 5 maggio 1971: ma il nome di Provenzano non entrò mai nelle indagini sul delitto. Tra i dialoghi, anche quelli in cui u' curtu condannò a morte Di Matteo, insieme ad un episodio che resta tuttora inspiegabile: il 14 novembre 2013 Lorusso disse a Riina “hanno detto che alla prossima udienza ci saranno tutti i pm”. Il giorno prima la stampa aveva iniziato a riportare le prime minacce del “capo dei capi” contro Di Matteo e i sostituti procuratori di Palermo volevano presenziare tutti insieme all'udienza sulla trattativa per manifestare solidarietà al collega. Intenzione mai divulgata, né poi effettivamente messa in pratica. “Ci sorprese che Lorusso ne avesse informato Riina” ha commentato Bonferraro quando Di Matteo ha chiesto come sia stato possibile. “Abbiamo acquisito, ascoltato e visionato tutti i telegiornali dei canali che potevano essere visti in carcere, ma nessuno ha mai dato quella notizia”.
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