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aula bunker ucciardone 300114di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari
“Il ‘protocollo fantasma’? Si l’ho sentito quando ero al Sisde”. E’ netta la risposta del colonnello Massimo Giraudo sulla domanda del pm Tartaglia: “In un paio di occasioni ne ho sentito parlare. Come responsabile dell'unità operativa contro il terrorismo internazionale avevo interlocuzione diretta con il direttore del servizio e il termine 'protocollo fantasma' emerse su una modifica che si doveva effettuare nelle procedure cartacee del reclutamento delle fonti”. “Mori - ha spiegato - suggeriva che la documentazione scritta di una fonte risultasse a servizio solo al momento in cui  questa iniziava la manipolazione, il reclutamento e la fase di coltivazione e di sperimentazione non dovevano risultare agli atti. Ovviamente visto che era necessaria ai fini di consultazione tra diversi uffici scrivere qualcosa queste cose sarebbero state messe a ‘protocollo fantasma', avrebbero avuto una durata temporanea all'interno del servizio”.
“Tutti facevamo reclutamento di fonti - ha proseguito il teste - la proposta parte dal direttore del servizio. Non era una proposta, era un diktat: da quel momento si faceva così”. “Questa tecnica del protocollo fantasma a proposito di fonti è possibile che sia stata utilizzata anche negli anni '70?” ha poi chiesto il pm. E Giraudo ha risposto: “Si è accertato, non c'è assolutamente niente del lavoro fatto da Crocetta Ghiron per Mori e Venturi. Siccome lo affermano delle verbalizzazioni fatte ad Arcai io le avrei dovute trovare. Le abbiamo cercate e non c'è niente”.


Processo trattativa, Giraudo: “Ganzer mi vietò di partecipare a perquisizione su indagini Falange Armata”
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari
Tra le indagini svolte dal colonnello Massimo Giraudo vi è anche quella sulla sigla Falange Armata. Rispondendo alle domande del pm Tartaglia ha spiegato che al tempo in cui arrivò al Ros, nel luglio 1992, “mi chiedevo perché non riuscivano a rintracciare il telefonista della Falange Armata attraverso il tracciamento della linea tramite la Sip. Era un’attività semplice ma questa attività di tracciamento non era voluta. Quando arrivai al Ros dovetti occuparmi della nuova destra e chiedo perché non si fa un tracciamento. Un collega mi dice ‘non si intercettano le agenzie di stampa’. Ne parlo con Mori e mi ribadisce che le agenzie di stampa non si intercettano. Ma era un rintraccio del numero chiamate. Sono andato a parlare con il dottor Ionta che investigava sulla Falange Armata, faccio tutta un'attività per cercare di capire quale fosse l'origine dei codici che venivano forniti”. “In quel periodo - ha aggiunto - il Ros mi mandava alle riunioni al Viminale dove si parlava della Falange Armata. Ionta mi dice che la titubanza di Mori era comprensibile. I miei colleghi facevano i turni all'adnkronos. L’identifcazione del numero da dove partivano le telefonate dura alcuni mesi. Quando si passa al digitale si riesce ad arrivare al numero telefonico da dove partivano le telefonate ed iniziamo l'ascolto di questa utenza. Fu anche svolta una perquisizione ma a me venne vietato da Ganzer di partecipare alla perquisizione. Ganzer era comandante anti eversione”. Di questo fatto il colonnello non ne parlò con Mori ma comunque ebbe occasione di confrontarsi sulla sigla. “Una volta risolto il caso gli chiesi che tutto il personale potesse avere un encomio e lui mi disse di no perché non era il caso di sollevare il caso sulla Falange Armata”.
Giraudo ha anche parlato delle sue conoscenze con Subranni e De Donno: “Subranni era il Comandante del Ros. Con lui ebbi due conversazioni. In una mi chiese di fornirgli uno studio per vedere se gli obiettivi colpiti nelle stragi del 1993 rientravano in un disegno massonico. La seconda era in riferimento a Piazza della Loggia. Con De Donno i rapporti erano ben precedenti in quanto era stato suo collega di corso. Quindi ha riferito di un episodio: “De Donno mi disse che stavano facendo un'attività su Francesco Pazienza ed era emerso un numero di telefono israeliano al quale il Pazienza mandava un fax e mi chiedeva se potevo risalire all'intestatario dell'israeliano. Mi rivolsi al rappresentante israeliano con cui avevo rapporti, gli diedi questo numero e ricordo il suo stupore quando disse: 'cazzo questo è il mio ufficio' perché variavano soltanto le ultime due cifre, la matrice era quella della direzione del Mossad”.


Processo trattativa, Giraudo parla del rapporto Mori-Pecorelli
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari

L’esame della documentazione della fonte Gian (nome di copertura di Servolini) prosegue analizzando il riferimento su Op (Osservatorio politico, il settimanale di approfondimento politico il cui proprietario unico, fondatore e direttore è stato Carmine Pecorelli) che ‘attacca chi parla di trame nere’. Giraudo ha riferito che tra i soggetti vicini a Pecorelli vi era il capitano Mori. Un dato che è documentale: “L'ex presidente Leone venne sentito dalla commissione Anselmi e fece delle affermazioni e poi fece pervenire un documento 'Relazione ispettorato polizia presso il Quirinale', un documento che riguarda Pecorelli e l'attività della sua agenzia. Il redattore di questo documento è ignoto. Sul retro delle richieste, che vengono presentate affinché venga rilasciato il passaporto a Pecorelli, c'è il timbro del sollecitante che è il capitano Mario Mori. Qui viene indicata l'appartenenza al Rud – distaccamento di Roma. Il Rud era il nome che si poteva spendere, non si poteva dire Sid, si diceva Rud che era un reparto del Ministero della difesa. L'anno è il 1973. Si affermava che il Pecorelli non aveva precedenti penali”. Altra fonte poi quella dell’ex maggiore Venturi ma il documento che attesta il rapporto tra Mori e Pecorelli viene acquisito in un secondo momento. “Il riscontro - ha detto Giraudo - è venuto fuori nella ricerca tra i documenti della P2”.
Nel corso degli anni, inoltre, documentalmente risultano anche altri tentativi di riportare Mori al Servizio, dopo la sua estromissione dal Sid, in almeno due occasioni, una alla fine del ’78, presso il Sisde, ed un’altra nel 1980. “Il 1980 è un anno delicatissimo per il servizio militare  - ha ricordato Giraudo - c’erano le indagini sulla strage di Bologna. C'è un'accettazione di interpellanza di Mori nel 1980. Il 17 giugno’80 è redatto un appunto: Mori è prenotato per il passaggio al Sisde da oltre un anno”.
Tornando ad un tema affrontato ieri, in merito alla riunione di Cattolica dove viene deciso l’impulso operativo delle attività di riorganizzazione Ordine nuovo dopo lo scioglimento. “C’era stata una riunione precedente organizzata dal reggente di Ordine nuovo Italia settentrionale, Luigi Fallico - ha detto il teste - Questa riunione precedente si tenne un mese prima nell'abitazione di Fallica”.
Di questa ha riferito anche un estremista di destra, Zamboni il quale ha anche parlato della presenza di Mori alla riunione. “Furono mostrate delle fotografie, e Mori venne riconosciuto. Era una foto del 1973 o del ’74. Una foto fornita dal Servizio nel periodo in cui lui era al Servizio”. Alla domanda del pm Tartaglia “se vi sono state occasioni ufficiali in cui ha lavorato con Dalla Chiesa” il teste ha risposto che a lui non risulta per poi aggiungere: “Mori viene destinato alla sezione anticrimine di Roma il 17 marzo 1978 e il Generale Dalla Chiesa ha da poco lasciato la direzione dei nuclei speciali anti crimine. Mori viene messo a comandare l'antiterrorismo senza che sul suo curriculum risultasse che si fosse occupato di terrorismo”.

Ghiron e i servizi
Altro tema affrontato è il rapporto tra Ghiron ed eventuali “Servizi diversi”.
“Per quanto riguarda Gianfranco Ghiron ricordo che venne scritto… ‘si è rivelato un buffone a parte la mancanza assoluta di riservatezza egli ha ingannato l'ufficio R’.
La prima avvisaglia della appartenenza del Ghiron al servizio militare c'è agli atti del ministero dell’Interno. Una sollecitazione da parte del Sifar in cui si chiede di estendere il passaporto per il Ghiron per i paesi dell'Europa orientale. Lui non aveva bisogno di un intervento del Sifar. Viene chiesto che il passaporto fosse ordinario, senza copertura diplomatica. C'è una assoluta sintonia del Ghiron con un altro servizio straniero. Ci sono attività che il Sifar non può spiegare al ministero dell'Interno... questi atti favoriscono la fuoriuscita di un mondo che è sommerso”.


Processo trattativa, dai Servizi alla P2
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari
Le liste della P2 sequestrate a Castiglion Fibocchi sono incomplete ed è lecito pensare che vi siano anche altri nomi inseriti nell’elenco della loggia massonica. Un dato che si ricava anche nelle inchieste fin qui condotte. “Nella Commissione Anselmi, in riferimento all’incompletezza delle liste sequestrate a Castiglion Fibocchi e dei salti numerici evidenti, ci sono testimonianze che parlano di appartenenti alla P2 ma senza che questi sono presenti nell’elenco recuperato”. A dirlo è il colonnello Massimo Giraudo al processo trattativa Stato-mafia, ripreso quest’oggi presso l’aula bunker di Palermo. “Ci sono poi molte acquisizioni processuali sulla presenza di liste in Argentina” ha aggiunto Giraudo.
Alla domanda del pm Roberto Tartaglia (presente in aula assieme al procuratore aggiunto Teresi, ed i sostituti Del Bene e Di Matteo) se esiste documentazione sulla diretta appartenenza di Mori alla P2 il teste ha risposto che ciò si ricava soltanto dalla testimonianza dell’ufficiale del Sid, Mauro Venturi. Quest’ultimo “era capo della segreteria del raggruppamento centri controspionaggio di Roma, lo stesso ufficio di Mori. Anche lui era un ‘miceliano’, venne anche sospeso dal servizio dopo le vicende della Rosa dei Venti ma non subì conseguenze penali, poi intraprese carriera privata”.
Il nome di Venturi compare anche nei documenti della fonte Gian (criptonimo dell’ufficiale dei carabinieri Giancarlo Servolini, oggi deceduto), nello specifico alla pagina 6, in cui si parla di una richiesta di Emilio Santillo (dirigente dell’ufficio del ministero dell’interno) di incontrarsi con Mori, Venturi e Marzollo.
Sempre in quel documento, inoltre, c’è un riferimento ad un passo per “Crocetti”, nome di copertura di uno dei Ghiron.
Giraudo ha poi parlato della lettera che Gianfranco Ghiron consegnò spontaneamente al giudice istruttore di Brescia Giovanni Arcai, firmata da Amedeo Vecchiotti. “Vecchiotti è un criminale comune che fungeva da sottofonte di Ghiron - ha spiegato il teste - Era in grado di mettere in contatto elementi del servizio con elementi dell'estrema destra. Sono due lettere allegate a questo verbale consegnate dal teste. Vecchiotti scrive il 5 novembre 1974 al Ghiron”.
In questa lettera viene menzionato il nome del dottor Amici (nome di copertura di Mario Mori) e nello specifico Vecchiotti chiede al Ghiron di avere con urgenza un incontro con questi. “Dalla lettera - ha aggiunto Giraudo - si comprende che aveva da comunicare notizie su tale Licio Gerli (evidente assonanza con Gelli) che stava per abbandonare l’Italia per andare in Francia e poi in Argentina come ultima tappa. Si scriveva che la fuga di Gelli avrebbe potuto danneggiare Miceli e pertanto questo doveva essere impedito. Tuttavia la sottofonte si adegua alle valutazioni del ‘manipolatore’ (Amici) se invece si fosse ritenuto che era meglio che Gerli andava via dall’Italia questo andava favorito”.
Sempre nel documento si parla di una foto del Vecchiotti che il Gerli avrebbe consegnato al colonnello Franchi. “Franchi è il nome di copertura di Marzollo - ha spiegato il teste - C’è poi un riferimento a Maletti che la sottofonte definisce come ‘merda concentrata’”.
Alla domanda sul perché il dottor Amici avrebbe dovuto essere informato della fuga di Gelli il teste ha risposto che questo dai documenti non si comprende.

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