di Lorenzo Baldo
Prosegue il controesame del figlio di Don Vito
“Il figlio di don Vito va oltre sostenendo di averlo riconosciuto (il signor Franco, ndr) nelle foto segnaletiche della Procura e di non averlo indicato per paura di ciò che una simile affermazione avrebbe scatenato intorno alla sua famiglia. «Ho sorvolato sulla foto - ammette - ma chi mi crederebbe?», e poi «avete visto cosa è successo quando ho fatto il nome di De Gennaro?». Per il teste della trattativa è impossibile continuare su questa linea e conferma «il nome del Signor Franco non lo farò». Il timore di trovarsi in un gioco troppo grande prende definitivamente il sopravvento sulle tante ragioni per raccontare la verità”. “Per poi aggiungere: «Non mi porterò segreti nella tomba». E alla nostra domanda: «Quindi lo farà il nome del signor Franco?». «Sì, alla procura competente che ha di fatto l’indagine sulla trattativa. Il signor Ciancimino non morirà con quel segreto»”. Era il 13 marzo 2012 quando pubblicavamo le dichiarazioni di Massimo Ciancimino contenute in un pezzo dal titolo inequivocabile “Ciancimino: ‘Farò il nome del signor Franco alla procura competente. Non morirò con questo segreto’”.
Oggi quelle affermazioni sono tornate alla ribalta all’udienza odierna del processo sulla trattativa. Ma prima di affrontare le parole del figlio di Don Vito i riflettori vengono puntati su Totò Riina che intende rendere dichiarazioni spontanee: “Lo scorso 27 maggio non sono stato avvertito che c'era l'udienza, e non era mai successo. Di solito mi hanno sempre chiamato. Perché questo abbandono, Presidente? Mi fanno firmare tante cose, ma non ricordo di avere firmato la rinuncia all'udienza. Poi mettono in giro la notizia che io abbia rinunciato ma non è così”. Il Presidente della Corte di Assise, Alfredo Montalto, chiude in fretta la faccenda: “Noi abbiamo una dichiarazione firmata da lei, a meno che lei non disconosca la sua firma. Ognuno deve sapere cosa firma. La Corte non deve adottare alcun provvedimento”.
Subito dopo è l’avvocato di Mori, Basilio Milio, a riproporre quei passaggi della nostra intervista cercando di evidenziare il contrasto emerso nell’interrogatorio (avvenuto qualche settimana dopo la pubblicazione dell’articolo) nel quale lo stesso Ciancimino ridimensionava le sue dichiarazioni. Il legale dell’ex Comandante del Ros punta quindi a rimarcare quelle che ritiene le contraddizioni del teste chiave (nonché co-imputato) al processo sul patto tra Stato e mafia. Ecco allora che vengono estrapolati pezzi di intercettazioni tra il figlio di Don Vito e alcuni giornalisti in cui venivano usati termini come “polpette” o “polpettine” per indicare documenti e appunti da consegnare agli inquirenti. Il lavoro della difesa di Mori prosegue su dei binari prestabiliti cercando di screditare a tutto tondo Ciancimino jr. Il quale, nonostante i problemi di salute che lo costringono a interrompere la sua testimonianza dopo meno di tre ore, incassa le stoccate intervallando qualche “non ricordo”, ma ribadisce anche quanto affermato precedentemente. La forte pressione che gravita su questo processo pesa enormemente sul figlio dell’ex sindaco di Palermo. Che ci tiene a sottolineare come negli anni novanta suo padre non lo avesse messo al corrente, nello specifico, del suo ruolo all’interno di Cosa Nostra, e che tutto quello che lui (Massimo, ndr) aveva intuito a riguardo, gli era stato poi confermato nel 2002 dall’anziano genitore prima che questi morisse. Ciancimino jr è indubbiamente un “personaggio” che può provocare sentimenti contrastanti in antitesi tra di loro. Al di là di certi suoi atteggiamenti, che a volte appaiono incomprensibili per chi ricerca la verità, resta a tutt’oggi il suo grande merito di aver risvegliato la memoria a tanti “smemorati” di Stato che altrimenti non avrebbero mai testimoniato in questo processo.
Mentre si chiude l’udienza (la prosecuzione del controesame è stata rinviata al 30 giugno) tornano in mente le parole contenute in quella lettera anonima pervenuta allo stesso Massimo Ciancimino il 27 maggio 2013, lo stesso giorno in cui iniziava il processo sulla trattativa: “L’Italia non può affrontare un processo mortificante in questo preciso momento storico, siete solo matti al solo pensarlo. Un paese deve seguire le sue ragioni, spesso anche a danno di pochi scellerati personaggi eversivi e nemici della patria”.
Appuntamento a Roma mercoledì 15 per l’esame dell’ex premier Giuliano Amato e per la prosecuzione del controesame di Claudio Martelli.
Foto © Giorgio Barbagallo
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Dossier Processo trattativa Stato-mafia