di Aaron Pettinari
Il pentito: “La direttiva alle elezioni era 'votare panza a terra' Forza Italia”
“Vittorio Mangano? Lo chiamavano 'lo stalliere di Arcore', andava a Milano per parlare con politici. La direttiva alle elezioni era 'votare panza a terra' Forza Italia che doveva risolvere i problemi di Cosa nostra: il 41 bis e la confisca dei beni ai mafiosi, che dovevano essere annullati”. “Con chi parlava Mangano? Con Dell'Utri, ma non ricordo di averlo mai visto. Poi in una occasione Bagarella gli disse a Mangano che doveva parlare con quello più grande. In quel momento io capii di chi si trattava. Berlusconi”. Sono questi alcuni passaggi della faticosa audizione odierna del pentito Giuseppe Monticciolo, ex killer che Brusca utilizzò per strangolare il piccolo Giuseppe Di Matteo, ascoltato al processo trattativa Stato-mafia, in trasferta a Milano. Una deposizione costellata di “non ricordo” e resa ancora più difficile dall'impossibile utilizzo (in base alla recente normativa stabilita dalla Cassazione) dei verbali di interrogatori resi dallo stesso pentito tra l'aprile '99 ed il gennaio 2001 in quanto all'epoca non fu informato di potersi avvalere della facoltà di non rispondere.
Oggi Monticciolo è tornato a parlare, ma rispetto al passato il fiume di non ricordo è stato continuo e senza possibilità di replica. Eppure pm (in aula Di Matteo e Del Bene, ndr) e parti civili (nello specifico l'avvocato Danilo Ammannato per l'Associazione familiari Vittime dei Georgofili) hanno cercato in tutti i modi a stimolare il ricordo sulle dichiarazioni già rese in passato, ma le risposte restano particolarmente incerte.
“Se ho visto Dell'Utri? Mi sembra di no”. “Se le riunioni tra Mangano, Bagarella e Brusca erano nello stesso periodo della direttiva di voto? Non ricordo”. “Un legame tra gli attentati del 1993 e la richieste per la revoca del 41 bis e dei sequestri e delle confische dei beni? Ci sta pure che ho sentito qualcosa, ma non ricordo”.
Le continue negazioni ed incertezze sembrano lasciare poco spazio di manovra, ma vi sono comunque alcune risposte su cui vale la pena concentrarsi con attenzione.
Alla domanda del pm Di Matteo se “Ha mai sentito, nell'ambiente di Cosa nostra, parlare delle stragi del '93 come 'cortesie da fare'” Monticciolo ha risposto con un no secco, ma poi alla successiva domanda ha aggiunto “Io diedi la disponibilità totale a Bagarella e Brusca. Se ho saputo degli attentati da fare nel Nord Italia prima della mia disponibilità? Ci sta ma non ricordo”.
E alla specifica domanda se ha mai dichiarato in passato di aver visto Marcello Dell'Utri in riunioni a Palermo il pentito ha risposto con altrettanta determinazione: “Io confermo tutte dichirazioni che ho fatto ma non mi ricordo”.
Il passato che torna e la paura
Ma cosa aveva dichiarato in passato Monticciolo sul tema delle stragi e del rapporto con la politica?
Vi è un verbale del 2000 in cui questi, interrogato a Firenze, parla chiaramente di Berlusconi e Dell'Utri come coloro che chiesero le stragi del 1993.
Ma oggi Monticciolo di questo non ha voluto parlare e con la “pietra tombale” dell'inutilizzabilità sancita dalla Cassazione a sezioni unite nel 2015 ogni discorso è stato chiuso.
Ad un'ulteriore domanda specifica di Di Matteo, “se avesse paura o timore legato all'argomento dei legami tra mafia ed alcuni politici” lo stesso pentito, dopo aver in un primo momento parlato di timore generico rispetto allo stare davanti alla Corte, ha risposto: “Sì, ci sta anche dottore”.
E quando Di Matteo gli ha chiesto se è mai stato in Lombardia in un primo momento è sembrato rispondere in maniera affermativa (“Mi sembra che mi recai una volta per intercettare il pentito Balduccio Di Maggio per provvedere all'eliminazione”) salvo poi deviare quando gli è stata chiesta la città (“Mi sembra che andammo a Bologna, a Sassuolo avevamo l'appartamento.. Ah in lombardia? Mi sembra di no. Io non sono un fenomeno in geografia”).
Nonostante l'invito da parte dell'avvocato Ammannato a rispondere anche in onore delle vittime delle stragi Monticciolo non ha cambiato la sua linea. Così “ci sta, ma non ricordo che Bagarella riceve da Mangano la lettera scritta di qualche persona politica” perché “giravano diversi documenti”. E “ci sta ma non ricordo se Bagarella tempo dopo la mancata promessa sul fatto del 41 bis, e delle confisce dei beni abbia fatto un commento riferito a 'quello grosso' dandogli del 'cornuto'”.
Memoria corta? Ritrosia? Paura? In aula Monticciolo ammette che “sia prima che dopo la revoca della protezione” queste riguardano gli argomenti tra mafia e politica. “Sono legate - ha aggiunto - al far sì che io possa proteggere i miei familiari. Siccome il servizio centrale di protezione non si è curato se c'erano bambini di due anni o quattro anni...”. E alla domanda secca di Di Matteo se queste paure sono avvertite ancora oggi ha risposto con fermezza in maniera affermativa.
I voti per Forza Italia
Durante la deposizione Monticciolo ha anche parlato delle riunioni che si tenevano tra Partinico e Villagrazia di Carini tra Bagarella, Brusca, ed altri capimafia tra i figli di Riina ed i fratelli Vitale.
“Bagarella e Brusca facevano entrare le persone una alla volta - ha raccontato - Quando veniva Mangano lui entrava per primo. E' lui a farmi il discorso che parlava con i politici. Poi me lo disse anche Brusca. I capimafia della zona chiedevano per chi si dovesse votare. E si disse di votare Forza Italia a tappeto, 'panza 'n terra'”.