di Aaron Pettinari e Francesca Mondin
“Quando iniziai a leggere le cose che uscivano sui giornali, sul papello, e quant’altro io iniziai anche a preoccuparmi perché io avevo partecipato alla cattura di Riina e per me poteva essere un pericolo. Ma fui rassicurato anche da mio padre che questa storia e il nome di Massimo Ciancimino non sarebbe mai venuto fuori”. Sono alcuni dei particolari che il figlio di don Vito, oggi teste ed imputato al processo trattativa Stato-mafia, ha raccontato in aula. Tornando a parlare del ‘papello’ il documento con le richieste di Riina, ha aggiunto: “Mio padre aveva capito che quella scrittura non era di Riina ma sapeva che le richieste erano sue. Disse che come al solito aveva ragione e che con lui non si doveva trattare. Che provenisse da Riina era comunque certo perché lo portò Cinà”. Quindi ha concluso: “Una volta letto consegnò una copia al colonnello Mori, lo seppi nel 2000 con certezza, quando parlammo del libro. E mio padre fece pure l’appunto”. Ciancimino ha anche riconosciuto la scrittura del padre nel documento che è stato mostrato al teste.
“Quel documento fu anche mostrato al signor Franco - ha proseguito - da lì a poco. Mio padre apre la busta e mi fa prendere appuntamento con lui, con De Donno. Se non erro di questo si parlò anche con Provenzano. Mio padre ricevette lo star bene per andare comunque avanti e fece il ‘contropapello’. C’era da portare comunque a Riina qualcosa”.
L'udienza è stata rinviata all'11 febbraio per la prosecuzione dell'esame di Ciancimino.
Ciancimino jr: ”Le controproposte di Riina inaccettabili”
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin - Ore 14:07
Dalla consegna della prima busta al medico di Cosa nostra Antonino Cinà “passarono pochi giorni che ritornai di nuovo a Palermo per incontrarlo al bar Caflish e perdere una busta”. Massimo Ciancimino, teste chiave al processo trattativa Stato-mafia, in corso oggi a Palermo, ha raccontato dell’incontro in cui il medico di Cosa nostra gli avrebbe consegnato un plico contenente il famoso “papello” di Riina. “Fu un incontro velocissimo neanche posteggiai la macchina, presi il plico e tornai a Roma il giorno stesso o massimo la mattina dopo”.
Ciancimino jr ha raccontato che quando il padre aprì la busta “c’erano due fogli e uno lo strappò e dell’altro fece delle fotocopie, poi riferendosi a Riina disse: ‘Il solito testa di minchia, come pensavo io con questo elemento non si può ragionare’… le controproposte avanzate da Riina erano secondo mio padre delle richieste inaccettabili e impensabili“.
Del contenuto di questo foglio Ciancimino jr ha spiegato di esserne venuto a conoscenza in un secondo momento: “Sentii i commenti su alcuni punti citati in questo foglio, tra il 29 di giugno al 19 luglio mio padre viene a Palermo e incontra il signor Franco che gli ridà una delle copie… nel farlo notai come mio padre commentava con i miei fratelli Giovanni e Roberto, entrambi avvocati, alcuni punti”.
Più tardi poi nel “2000 mio padre mi fa recuperare il documento e in quell’occasione lessi tutti i punti e assieme a lui iniziammo a commentarli”.
Alle domande del pm Di Matteo se i carabinieri Mori e De Donno furono messi a conoscenza dal padre che aveva un contatto privilegiato con Provenzano Il figlio di Don Vito ha risposto senza batter ciglio: “ Si assolutamente me lo disse mio padre”. Ciancimino jr ha anche confermato che Don Vito informò i carabinieri anche di quanto saputo dal Provenzano della strategia di Riina.
Trattativa Stato-mafia, Ciancimino jr: “Istituzioni erano informate"
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin - Ore 13:40
Dell’iniziativa di aprire il dialogo con Cosa nostra, che secondo le dichiarazioni di Massimo Ciancimino sarebbe stata portata avanti dai carabinieri tramite l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, “i pezzi grossi delle Istituzioni erano informati”. Il figlio di Don Vito, sentito oggi al processo trattativa Stato- mafia, ha raccontato di come il padre avrebbe voluto assicurarsi che l’iniziativa non venisse solo dai carabinieri. “Fu confrontato anche dal signor Franco - ha detto in aula - gli disse di andare avanti che loro erano solo i tramiti e dietro c’erano persone ben più importanti.”
Stato-mafia, Ciancimino jr: “De Donno cerca mio padre per aprire un canale di dialogo privilegiato”
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin - Ore 12:49
“Dopo la strage di Capaci incontro l’allora capitano Giuseppe De Donno. Ci stavamo recando entrambi a Palermo. Era il 26 o 27 maggio. Lui mi chiese cosa pensasse mio padre, quindi mi chiese se fosse disponibile ad incontrare lui ed un suo superiore. Doveva essere un incontro per aprire un canale di dialogo prioritario privilegiato con Cosa nostra, per mettere fine, specificò, a questa contrapposizione fra Stato e mafia. Chiese direttamente di Provenzano e Riina. Venne anche prospettata la possibilità di aggiustare qualcosa sul piano giudiziario per mio padre”. E’ così che Massimo Ciancimino entra nel cuore della vicenda della trattativa, mettendo in fila una serie di incontri poi avuti tra carabinieri e Ros. “Nel primo e nel secondo incontro, a Roma, fu solo De Donno a incontrare mio padre" - ha detto l’imputato testimone del processo trattativa - Prima del 29 giugno vidi poi due volte il colonnello Mario Mori a casa mia, era in abiti civili. Prima della strage di via d'Amelio l'ho visto un'altra volta”. Prima di dare il via a quegli incontri, però, Vito Ciancimino si sarebbe consultato anche con il misterioso “signor Franco” e Bernardo Provenzano: “Quando tornai a Roma e raccontai a mio padre di quella richiesta per un incontro privato da parte degli ufficiali dell’Arma non lo vidi particolarmente sorpreso. Non so se già era stato informato da qualcuno. Mi disse di prendere appuntamento con signor Franco per veicolare ulteriori informazioni. Ciò avvenne. E lo stesso accadde con Provenzano per avere una sorta di ‘sta bene’ a trattare”. Ciancimino ha poi aggiunto: “Provenzano si vide con mio padre a Roma, in occasione di uno dei controlli medici. I tempi erano stretti e poi chiamai nuovamente De Donno”.
Così, sarebbero iniziati i contatti fra l'ufficiale del Ros e l'ex sindaco di Palermo. “Mio padre - ha poi riferito il figlio di don Vito - mi raccontò che De Donno e Mori in un primo momento chiedevano la resa dei due latitanti in cambio di benefici ai propri familiari ma era chiaro che questo non sarebbe stato possibile, era impensabile. Mi disse anche che pure il generale Subranni era a conoscenza di questa attività”.
In quei mesi, il tramite fra Vito Ciancimino e Salvatore Riina sarebbe stato il medico del capo di Cosa nostra, Antonino Cinà. "Prima, fui io a consegnargli una busta di mio padre. Poi, dopo qualche giorno, la busta torno indietro", dice Ciancimino. In quella busta ci sarebbe stato il "papello" con le richieste di Riina allo Stato.
Stato-mafia, Ciancimino jr: “Riina era manovrato”
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin - Ore 12:18
“Mio padre mi disse subito che Riina era incapace di arrivare a simili strategie e che Provenzano gli disse che c’era qualcuno che stava dettando delle strategie”. Lo ha dichiarato Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito, durante la deposizione al processo trattativa Stato -mafia in corso a Palermo. L’ex sindaco mafioso di Palermo, secondo quanto detto dal figlio, “reputava Riina intellettivamente limitato, quasi un animale che non capiva che la sua strategia aveva determinato le peggiori leggi, il più grosso danno all’interno dell’associazione Cosa nostra”.
“Ne ho avuto contezza anche io che Riina fosse manovrato- ha raccontato Massimo Ciancimino - perché Riina viene raffigurato come capo dei capi e mi sembrava strano vedere come veniva trattato da mio padre”.
Ciancimino jr: Riina era impazzito, c’era un elenco di nomi da eliminare
"Provenzano voleva defilarsi"
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin - Ore 11:59
“Provenzano aveva detto a mio padre che Riina era impazzito e aveva deciso di tagliare i rami secchi ed iniziare una nuova politica e che quello (l’omicidio di Salvo Lima, ndr) era solo l’inizio”. A dirlo è il teste chiave del processo Trattativa stato-mafia, Massimo Ciancimino nel raccontare in aula di un incontro che, a suo dire, il padre Vito ebbe con Bernardo Provenzano in seguito all’omicidio Lima.
Ciancimino jr ha raccontato di aver accompagnato il padre a Palermo in uno studio dentistico, “un luogo già usato in altre occasioni per incontri con Provenzano o Giacomo Giuseppe Gambino che garantiva sicurezza e privacy” dove lui stesso avrebbe visto e salutato Provenzano.
“Mio padre era molto preoccupato - ha detto il figlio di Don Vito rispondendo al pm Di Matteo - mi parlò anche di un elenco di persone che avevano intenzione di togliere di mezzo… politici, magistrati ed altri soggetti non mi ricordo tutti i nomi, era un elenco lungo, una cosa che mio padre riteneva folle”.
In quell’occasione, “Mio padre mi disse che Provenzano voleva defilarsi - ha detto Ciancimino jr - si era attivato per alimentare la voce che fosse morto, voleva tirarsi indietro, andare in Germania mi pare, dove aveva degli affetti”. “Mio padre allora gli disse: ‘Sei tu che hai permesso a questo personaggio di arrivare a questo punto, non puoi defilarti hai delle responsabilità cerca di calmarlo’".
Stato-mafia, Ciancimino jr: “Falcone avrebbe voluto che mio padre collaborasse”
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin - Ore 11:52
“Ai tempi del maxi processo ci fu un tentativo di Falcone per far collaborare con la giustizia mio padre. C’era accordo per stralciare la sua posizione all’interno del maxi, poi mio padre si tirò indietro perché diceva che lo avrebbero potuto uccidere”. Prosegue la deposizione di Massimo Ciancimino al processo trattativa Stato-mafia. Ciancimino jr, rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo, ha parlato del rapporto avuto con Falcone.
“C’era una piccola apertura nei miei confronti quando mi manifestò il malessere avuto nel constatare che mio padre voleva scaricare le responsabilità sui miei fratelli, Sergio e Giovanni, per il trasferimento di capitali all’estero. Diceva che quello era un atteggiamento poco rispettoso e io non potevo non dargli ragione. I miei fratelli non avrebbero fatto nulla senza benestare di mio padre”.
Ciancimino ha poi parlato del suo rapporto con De Donno: “La prima volta che ci siamo visti era in occasione della perquisizione a casa, nel giugno del 1990, per l’applicazione della misura cautelare del processo mafia-appalti. De Donno conduceva le operazioni. Ricordo che permise a mio padre di andare in bagno anche se non sarebbe stato permesso nell’applicazione della misura. Commentammo con mio padre in maniera positiva quel fatto. Poi con De Donno ci rivedemmo in altre occasioni, anche casuali all’interno del tribunale”.
Stato-mafia, Ciancimino jr: “Signor Franco sapeva di rapporto tra mio padre e Provenzano”
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin - Ore 11:06
“Il signor Franco era a conoscenza dei rapporti tra mio padre e Provenzano così come quello con altri vari capi dell’organizzazione Cosa nostra”. A dirlo in aula è Massimo Ciancimino anche oggi salito sul banco dei testimoni del processo trattativa Stato-mafia, che lo vede anche imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia. Il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo ha quindi riferito che anche Provenzano era consapevole dei rapporti che il padre aveva con i Servizi segreti. “Questo lo apprendo nel 2000 da mio padre stesso. Prima lo potevo dedurre ma poi ho avuto la certezza. Se Provenzano e Signor Franco si conoscessero non ho modo di saperlo, non mi è mai stato detto”.
Stato-mafia, il ‘signor Franco’ resta senza una identità
Ciancimino: "In una sim scomparsa il suo numero di telefono"
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin - Ore 10:58
“Non ho mai avuto l’assoluta certezza di identificare la persona che faceva da tramite con mio padre”. Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, ritorna a parlare del misterioso “signor Franco” al processo Trattativa Stato-mafia che si sta svolgendo oggi presso l’aula bunker di Palermo.
L’agente segreto non ancora identificato dall’autorità giudiziaria resta senza nome. Ciancimino jr ha risposto con certezza che suo padre Vito non gli ha mai svelato l’identità reale di quest’uomo.
Massimo Ciancimino ha poi raccontato di come lui stesso lo contattava telefonicamente: “Mentre era in vita mio padre, mi forniva il numero e mi recavo in cabine telefoniche, mai la stessa, erano numeri che all’occasione mi dava mio padre, ma credo fosse sempre una l’utenza, non ricordo di preciso… erano sempre utenze di Roma.” Dopo la morte dell’ex sindaco Don Vito, Ciancimino jr ha spiegato che contattava il Signor Franco direttamente lui da un cellulare. “Il suo numero era memorizzato nel sim del telefonino 335 252648 intestato a un mio caro amico, Rossodivita, caposcalo dell'Alitalia a Fiumicino”. Ma questa sim secondo il racconto del figlio di Vito Ciancimino, sarebbe scomparsa. “Fu sequestrata dai carabinieri assieme ad altro materiale informatico durante una perquisizione nella mia abitazione palermitana di via Torrearsa - ha detto Ciancimino jr - quando poi ho riavuto indietro tutto quella sim non c’era e non furono in grado di dare notizie in merito alla sua collocazione”.
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