di Aaron Pettinari
Al processo trattativa l'ex Dia Di Patrillo parla dell'interrogatorio con il boss in America
Il ruolo di Andreotti e l'omicidio Pecorelli, erano questi i temi su cui verteva la rogatoria internazionale per cui i magistrati Cardella e Natoli, assieme ad alcuni rappresentanti delle forze dell'Ordine tra cui il “maresciallo suicida” Antonio Lombardo, Fiorelli, Obinu e Domenico Di Petrillo, ex funzionario della Dia oggi teste al processo trattativa Stato-mafia, si recarono negli Stati Uniti per interrogare il capomafia Gaetano Badalamenti (a destra). Un interrogatorio particolare che colpì profondamente il colonnello, ascoltato quest'oggi innanzi alla Corte d'assise di Palermo: “Ricordo che eravamo a fine interrogatorio, la stesura del verbale era praticamente conclusa. Badalamenti mi prese il braccio, si avvicinò a me e per due volte, fissandomi negli occhi mi disse: 'Colonnello stavamo dalla stessa parte'”. “Da quel momento in poi – ha aggiunto – non mi ha più degnato di uno sguardo. Questo fatto mi sorprese molto, lo commentai con Obinu, Lombardo e gli altri anche se non so dire che tipo di commenti furono”. Un episodio che lo colpì profondamente tanto che, in un verbale del 2010, dichiarò ai pm di aver lasciato l'Arma dei Carabinieri in quanto “non mi identificavo più nella struttura, avendo sommato una serie di delusioni ed essendo rimasto profondamente colpito dalle parole che Gaetano Badalamenti, in una pausa di un interrogatorio svoltosi a Philadelphia, ebbe a dirmi”. Oggi in aula il teste ha ridimensionato quelle affermazioni ribadendo di aver abbandonato l'Arma dopo aver sommato “una serie di malesseri per mancati allineamenti, inefficienze, superficialità” a causa dei quali sarebbe arrivato ad “un punto di stanchezza” che lo ha portato a fare un passo indietro. Nonostante ciò resta più che mai aperto l'interrogativo sul perché il boss di Cinisi avesse proferito quelle parole. Si trattava di un segnale di apertura verso gli inquirenti per una sua collaborazione con la giustizia o c'era anche dell'altro nascosto dietro a quelle poche parole? Certo è che gli investigatori in quegli anni si recarono in tre occasioni negli Stati Uniti. Badalamenti era persino pronto a rientrare in Italia per testimoniare ad alcuni processi. All'ultimo però, quando il maresciallo Antonino Lombardo, il 4 marzo 1995, decise di porre fine alla propria vita per cause ancora in via di accertamento da parte della stessa Procura di Palermo, il boss di Cinisi si chiuse in un silenzio abissale che lo accompagnò fino al proprio decesso avvenuto il 29 aprile 2004.
L'esame di Di Petrillo, che è stato Direttore del centro operativo della Dia a Roma dal febbraio 1992 al maggio 1995 è poi proseguito su altri temi. Un altro dato importante emerso in aula è la conferma che “immediatamente dopo le stragi del 1993 all'interno della Dia si parlava del fatto che potessero servire a creare delle pressioni per aggiustamenti del regime carcerario. Se ne discuteva. Anche se non ho mai saputo della nota di De Gennaro dell'agosto 1993”. Il teste ha ribadito che in quel periodo c'era una certa attività che veniva svolta con grande attenzione in particolare sulla gestione dei collaboratori di giustizia: “Ricordo che c'era u nesso investigativo con la collaborazione di Emanuele Di Natale. Aveva manifestato la volontà di collaborare ma fu sottovalutato dai carabinieri di Roma. Io lo vengo a sapere tramite un sottufficiale mi rendo conto della situazione e chiamo subito la Procura. Il periodo? Siamo a luglio-agosto. Quello delle trattative era un parlare che si faceva prima”. Di Petrillo ha poi ricordato di essere stato incaricato in un primo momento dal direttore della Dia Gianni De Gennaro di avviare un rapporto con Luigi Ilardo il quale aveva manifestato l'intenzione di collaborare (“Mi confermò l'intenzione e mi prospettò la possibilità di arrivare all'arresto di Provenzano. Poi l'operazione venne passata al colonnello Riccio”) e prima ancora, proprio nei primi mesi in cui entrò alla Dia, gestì il pentito Gaspare Mutolo. “Mi occupai della sua fuoriuscita dal carcere – ha ricordato in aula - Ci adoperammo affinché questa collaborazione fosse il più possibile segreta. Fummo costretti persino a scappare dall’ospedale di Carreggi di Firenze, dove Mutolo incontrò Vigna, in quanto c’era un malato siciliano che avrebbe potuto conoscerlo. Così andammo alla Dia di Roma. Era custodito dai nostri uomini”. Il teste ha anche ricordato gli interrogatori di Mutolo con Paolo Borsellino i primi di luglio, confermando che almeno in una circostanza i due si erano appartati a parlare. Di Petrillo ha poi confermato di aver sentito parlare, in un periodo compreso tra maggio e luglio 1992, del tema della dissociazione escusso oggi in aula in particolare durante la deposizione dell'ex senatore Melchiorre Cirami che nel 1996 fu primo firmatario di un decreto legge in cui si prevedeva di introdurre anche per i mafiosi la possibilità di dissociazione così come in passato era stato fatto per i terroristi. Il processo è stato rinviato a domani quando verrano sentiti i teste Angelo Cappello, che dovrà riferire in merito a quanto da lui appreso da Giovanni Grizzafi, nel periodo di carcerazione a Pianosa, in merito ad “accordi” per l'attenuazione del “41 bis”, e l'ispettore Capo Giuseppe Fonti, già in servizio presso il Centro Operativo Dia di Catania, che sviluppò indagini sul movimento politico denominato “Lega Sicilia Libera”. Infine è stato definito il calendario futuro delle udienze con i pm che hanno già annunciato di voler citare il prossimo 9 ottobre l'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro ipotizzando invece a partire dal 15 l'esame del colonnello Michele Riccio.
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