Al processo trattativa stato mafia depone l’ex killer di Porta Nuova
di Francesca Mondin
Nel biennio ’92-’93 il Paese vive una forte destabilizzazione. Scoppiano le bombe in Sicilia, Tangentopoli porta alla luce una classe politica corrotta e la mafia nonostante l’arresto del capo di Cosa Nostra Totò Riina continua con la strategia stragista mettendo le bombe in continente. Alle elezioni politiche del 1994 la vecchia classe politica lascia il posto ad un nuovo partito, Forza Italia, fondato dall’imprenditore milanese Silvio Berlusconi e dal siciliano Marcello Dell’Utri.
E’ di questo periodo che ha parlato oggi il collaboratore di giustizia Francesco La Marca, ex killer sanguinario di Porta Nuova, al processo Trattativa Stato-mafia tenutosi nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.
“Nel 1994 tra febbraio e marzo - ha raccontato il pentito - Mangano mi disse che doveva andare quattro cinque giorni a Milano, lo avevano mandato Bagarella e Brusca per parlare con un politico”.
“Quando torna – ha continuato La Marca - ci dice tutto contento che era tutto a posto e che per far togliere il 41 bis, sistemare il problema dei sequestri di beni e migliorare le condizioni carcerarie dei mafiosi detenuti bisognava votare Forza Italia.” Il collaboratore di giustizia, rispondendo alle domande del pm Francesco Del Bene, ha detto però di non conoscere il nome del politico con cui Mangano avrebbe parlato e di non essersi mai interessato a chiederlo.
Successivamente, come sarebbe successo nelle precedenti elezioni con Martelli, Cosa nostra, ha spiegato La Marca, si mobilitò per far votare questo nuovo partito in tutta la Sicilia.
Il legame di Mangano con la città di Milano però sarebbe iniziato molto prima del 1994, secondo quanto detto dall’ex killer di Porta Nuova. A parlargliene sarebbe stato il padrino Gianni Lipari negli anni ’80 dopo la sua affiliazione a Cosa nostra: “Lipari mi raccontava che Mangano andava spesso a Milano, ma che non era affidabile al tempo – ha detto il pentito – lui andava a Milano per i figli di Berlusconi, si diceva stalliere ma non governava i cavalli, era lì nella villa di Arcore per far vedere che Berlusconi era guardato da amici.”
L’esperienza ad Arcore per Mangano sarebbe finita con il suo arresto: “Lipari mi diceva che Mangano sarebbe potuto diventare ricco stando vicino alla villa di Berlusconi ed invece si mise nei guai con la droga - ha spiegato La Marca - e tra l’81-‘82 venne arrestato per droga”. L’ex killer di Porta Nuova ha raccontato infine che Vittorio Mangano diventò capo mandamento nel 1994 in seguito alla collaborazione con la giustizia del precedente capomafia Salvatore Cancemi, per volere di Brusca ma soprattutto di Bagarella, all’epoca punti di riferimento per la Cupola mafiosa.