di Aaron Pettinari - 10 luglio 2015
Dopo i rinvii delle scorse udienze a salire sul banco dei testimoni al processo trattativa Stato-mafia è Salvatore Tito Di Maggio (in foto), fratello dell'ex vice Capo del Dap Francesco.
Nel luglio 2012 Tito Di Maggio si presentò alla Procura di Palermo portando con se documenti in difesa dell’ex giudice, deceduto nell’ottobre 1996. A suo dire questi non avrebbe avuto un ruolo nell’alleggerimento del 41 bis (il carcere duro per i mafiosi, ndr) ed anzi fu “esautorato in quella decisione”. Al processo Mori-Obinu, parlò degli sfoghi del fratello che si sarebbe lamentato di essere stato tenuto fuori dalle vicende del 41 bis e di non avere condiviso la decisione di revocare oltre 300 provvedimenti di carcere duro per i boss decisi a fine ’93.
Inoltre secondo Tito Di Maggio tra Franco (così lo chiamava, ndr) ed Adalberto Capriotti, allora capo del Dap, “ci furono incomprensioni e diversità di vedute”. Contrasti che non ci sarebbero stati invece con l’ex ministro della Giustizia Conso, come invece aveva riferito ai pm proprio Capriotti. Così oggi Tito Di Maggio dovrà riferire quanto apprese dal fratello sugli incarichi informalmente assegnatigli “per trovare una soluzione politica a tangentopoli” nonché a quello, immediatamente successivo, formalizzato con la nomina a vice direttore del dipartimento di amministrazione penitenziaria. Inoltre il teste sarà ascoltato anche in merito ai rapporti tra Francesco Di Maggio, il ministro Conso ed il Presidente della Repubblica di allora, Oscar Luigi Scalfaro.
Processo trattativa, oggi l'audizione di Tito Di Maggio
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