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scacchi-partitaAl Processo Trattativa parla il pentito Tullio Cannella
di Aaron Pettinari - 12 dicembre 2014
Dall'amicizia con il boss corleonese Leoluca Bagarella alla creazione del partito politico indipendentista, “Sicilia Libera”, fino all'appoggio dato a Forza Italia nel 1994. Sono questi i temi principali affrontati quest'oggi dal collaboratore di giustizia Tullio Cannella, teste al processo trattativa Stato-mafia che si è tenuto questa mattina all'Ucciardone. “Tra il 1992 ed il 1993 c'era una grande delusione per la vecchia politica che non aveva mantenuto gli impegni presi – ha raccontato il pentito rispondendo alle domande del pm Francesco Del Bene – Leoluca Bagarella diceva che Totò Riina nei confronti di questi personaggi era sempre stato troppo buono. Bagarella aveva capito che serviva un partito che fosse diretta espressione di Cosa nostra, non bastava più affidarsi ai singoli personaggi. Quindi mi diede l’incarico di costituire il partito ’Sicilia libera’, nella fine del 1993, con obiettivi separatisti. Del resto io avevo già avuto esperienza con la politica. Mi incontrai con gente di Catania, del trapanese e partimmo. Avevamo gli stessi obiettivi separatisti che aveva la Lega Nord. Di questo progetto so che venne informato anche Bernardo Provenzano”. Il progetto andò così avanti che venne anche realizzata una convention a Lamezia Terme, in Calabria, assieme ad altri movimenti separatisti meridionali, e ed esponenti della Lega Nord. In precedenti verbali, così come confermato anche in aula, Cannella ha detto di aver parlato del movimento anche con Vito Ciancimino, in un incontro al carcere di Rebibbia. “Ciancimino mi disse che il progetto di 'Sicilia Libera' costituiva una attuazione di una strategia politica che lui tramite l’appoggio e l’apporto ideativo di Provenzano negli anni precedenti tramite la “Lega Meridionale” o qualcosa di simile – aveva spiegato agli investigatori in un verbale - aggiunse che a questo progetto aveva collaborato fortemente la ‘Ndrangheta calabrese.Specificò al riguardo: “devi sapere che la vera massoneria è in Calabria e che in Calabria hanno appoggi a livello di servizi segreti”. Queste dichiarazioni di Ciancimino mi fecero comprendere meglio perché si era tenuta a Lamezia Terme la riunione di cui ho riferito in precedenti interrogatori, e alla quale partecipai personalmente tra esponenti di “Sicilia Libera” e di altri movimenti leghisti o separatisti meridionali, riunione alla quale erano presenti anche diversi esponenti della Lega Nord”.

Il vento cambia
Ed oggi all'aula bunker Cannella ha proseguito il proprio racconto: “Il nuovo movimento partecipa alle comunali a Palermo ed alle provinciali a Catania. Alle politiche però ci fu un discorso diverso. Bagarella già sapeva da qualche tempo che c'era Silvio Berlusconi che stava per scendere in politica con un nuovo partito e i voti furono dirottati su Forza Italia. Tutto avvenne in maniera naturale. Fu abbandonato per il momento contingente e vari personaggi vicini a Cosa nostra furono inseriti nelle liste di Forza Italia”.

“Su Berlusconi potevo stare tranquillo”
“Partecipai ad un comizio di Berlusconi. Ricordo che parlava di lotta alla mafia, di misure dure. Chiesi spiegazioni a Bagarella che mi disse di stare tranquillo che erano dichiarazioni di protocollo, di circostanza perché con noi aveva preso impegni seri”. La deposizione del pentito è stata condita da diversi non ricordo “temporanei” con il sostituto procuratore che ha avuto il suo bel da fare per sollecitarne la memoria. Su quali fossero gli impegni Cannella ha confermato quanto dichiarato in un verbale del 1997, ovvero l'interesse per sistemare le priorità di Cosa nostra come la questione dei pentiti, del carcere duro e del reato per associazione mafiosa. Inoltre il pentito di Brancaccio ha spiegato che nel 1994 l’indicazione generale era quella di votare Forza Italia. “Io però non mi esposi troppo perché avevo degli impegni anche con Sicilia Libera e non potevo fare figuracce visto che ero uno dei promotori”. Nel corso dell’esame dell’accusa Cannella ha anche parlato di un episodio con Cesare Lupo. “Venne da me e mi disse. Guarda che potrebbero chiederti, così come hanno fatto con Fabio Tranchina, di Marcello Dell’Utri. Lui ha detto che non lo conosce. Se vengono a cercarti fai altrettanto. Io Dell’Utri non lo conoscevo per davvero. Mi fece capire che questa persona era vicina e di interesse per i Graviano. Che avevano il contatto ed era il referente per Milano e che agiva per l’interesse collegiale di Cosa nostra. Questo lo raccontai a Bagarella che mi confermò tutto”. A proposito di queste dichiarazioni l'avvocato di Marcello Dell'Utri, Giuseppe Di Peri, ha ricordato come “agli atti del processo una sentenza definitiva (quella sul concorso in associazione mafiosa a carico di Dell'Utri) che esclude nella maniera più assoluta qualsiasi rapporto di carattere illecito tra Forza Italia e i mafiosi o che vi sia stato qualsiasi accordo o promesse tra il partito e l'associazione mafiosa”.

I rapporti con i Graviano
Furono proprio i Graviano a presentare Bagarella a Cannella. “Conoscevo - ha spiegato - i fratelli Graviano (Giuseppe, Filippo e Benedetto), sapevo che il padre Michele era un personaggio di spessore di Cosa nostra. Loro erano soci occulti del costruttore Sanseverino, con cui ero in affari, per la costruzione del villaggio Euromare a Campofelice di Roccella (Pa) e avevano un credito nei nostri confronti di oltre un miliardo di lire. Il terreno del residence era stato acquistato anche grazie ai soldi dei Graviano. Io ho poi restituito ai Graviano oltre due miliardi e mezzo di euro, fino al 1993”.

Le stragi del 1993 e la Falange Armata
Proseguendo la sua esposizione innanzi alla Corte d'assise Cannella ha anche raccontato che, vedendo con Bagarella alcune immagini sulle stragi a fine luglio'93 lo stesso boss corleonese disse: “'Vedi questi attentati qua in Italia che stanno succedendo per me sono i terroristi, saranno quelli della Falange armata, vedrai la accolleranno a loro’, queste sono le parole di Leoluca Bagarella mentre vedevamo insieme le immagini in tv sul finire di luglio. Lo disse in tono sarcastico. Era come una battuta, ‘vedrai che la imputeranno all’eversione nera, rossa, quella che sia’”. E poi ancora sull'attentato a Costanzo, in via Fauro: “Bagarella mi disse 'Ora u signor Costanzo cu sta bombicedda s'assistemò'. Mi spiegò che non era per uccidere, ma per dare un avvertimento. Lui faceva troppe trasmissioni dove parlava contro la mafia. Però lavorava anche in un ambiente dove c’erano collegamenti di amicizie con Cosa nostra”.

Provenzano “sbirro”
Altro tema affrontato in aula è quello dell'arresto di Riina nel gennaio del 1993. Cannella ha riferito che secondo il cognato del “Capo dei capi” a fare la soffiata ai carabinieri era stato Provenzano. “'L'amico mio forse sa qualcosa', mi disse Bagarella. Più volte mi disse: 'Questo Provenzano ha avuto a che fare con i carabinieri, è uno sbirro. Bagarella è un uomo d'onore tutto d'un pezzo, vecchio stampo, mai avrebbe avuto contatti con un appartenente alle forze dell'ordine”. Il processo è stato quindi rinviato alla prossima udienza del 18 dicembre quando verrà ultimato il controesame di Cannella ed anche quello del pentito Angelo Siino.

DOSSIER Processo trattativa Stato-Mafia

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