Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

avvocati-processo-trattativa-napolitano-5Cronaca di un giorno di black-out informativo con i legali degli imputati che narrano l’audizione del Capo dello Stato
di Lorenzo Baldo - 28 ottobre 2014 - Fotogallery
Roma. Avvocati-cronisti. Che improvvisano vere e proprie conferenze stampa fuori dal Quirinale. Nella giornata del “guinzaglio all’informazione”, così come l’ha definita Saverio Lodato, sono alcuni legali dei principali imputati al processo sulla trattativa Stato-mafia a raccontare ai giornalisti la deposizione del Capo dello Stato. Dopo una mattinata di attesa ecco uscire gli avvocati alla spicciolata. I cronisti (quelli veri) si lanciano letteralmente contro di loro. E’ un delirio di telecamere, microfoni, registratori e taccuini. Una vera e propria lotta a chi afferra per primo le notizie sull’udienza del secolo. Che si traduce in dichiarazioni a volte contrastanti tra loro. Con successivi bracci di ferro tra agenzie di stampa che rilanciano le prime dichiarazioni e l’ufficio stampa del Quirinale che ridimensiona, o addirittura interviene per correggere pesantemente. Due scuole di pensiero, o forse tre.

Dal capo di Cosa Nostra
Per l’avvocato di Totò Riina, Luca Cianferoni “al 51% è stata un’udienza interessante, al 49% abbiamo perso tempo”. Il legale del capo di Cosa Nostra è decisamente tranchant, assediato dai giornalisti ricostruisce l’audizione del Presidente della Repubblica sottolineando la mancata ammissione di una sua domanda sulla frase del defunto Presidente Oscar Luigi Scalfaro (“Io non ci sto!”, ndr) che a suo dire andava collegata alla stagione delle bombe del ’93. Per l’avvocato di Riina la spiegazione di Napolitano sulla lettera del suo ex consigliere D’Ambrosio (“utile scriba per indicibili accordi”, ndr) è stata del tutto “generica”, allo stesso modo da parte sua non emerge alcuna enfasi per le dichiarazioni di Napolitano sulle sue valutazioni relative alle stragi del ’93.
“Quando il colonnello De Donno – racconta ancora Cianferoni – riferì il 24 gennaio del ’98 a Firenze del colloquio con Vito Ciancimino disse testualmente che questi, dialogando sulla causale della stragi del ’92, gli spiegò: ‘Avete tolto le ruote alla macchina, la macchina deve girare. O le indagini su Tangentopoli finiscono o le stragi non finiranno’. E’ scomodo mettere i politici vicino ai mafiosi, è facile far fare a Riina il parafulmine! In aula a Firenze ho detto: ‘il colonnello Mori ha cantato e portato la croce’, intendevo dire che l’Arma dei Carabinieri in quel periodo aveva un ruolo particolare. Malgrado la Corte insista sui Carabinieri Mori ne esce bene da questa udienza, di fatto l’unica domanda che ha fatto la Corte era per sapere se Violante avesse parlato a Napolitano anche dei Carabinieri (Napolitano ha poi risposto negativamente con riferimento a Mori e De Donno, ndr), percepisco che la Procura di Palermo pensa male del generale Mori e questo mi dispiace perché lo reputo un bell’ufficiale che non ha mai trattato con il mio cliente”. “Questo è un Paese che non vuole la verità – conclude Cianferoni –. Per il momento diciamo che non è stato Provenzano a vendere Riina allo Stato, poi si vedrà”.

La voce di Ciancimino jr
I legali di Massimo Ciancimino, Roberto D’Agostino e Francesca Russo, ritengono la testimonianza di Giorgio Napolitano assolutamente “importante” in quanto “ha corroborato molte delle ipotesi investigative che sono state fatte dai pubblici ministeri” con particolare riferimento alla “percezione diretta da parte dei vertici istituzionali del ’93 di trovarsi a seguito delle stragi davanti ad un attacco frontale da parte di Cosa Nostra nei confronti dello Stato”. I due avvocati ribadiscono che l’audizione di Napolitano “spazza via le polemiche” sull’inopportunità della citazione del Capo dello Stato in quanto lo stesso “ha dato un contributo importante e non si è sottratto a darlo”. D’Agostino racconta quindi che una delle domande non ammesse è stata quella del pm Di Matteo su come Napolitano avesse percepito la revoca dei 41bis avvenuti nel ’94. Per poi citare testualmente un altro passaggio del Capo dello Stato: “Io non sono al corrente di questi ‘indicibili accordi’, se volete sapere chi sono le altre persone con le quali D’Ambrosio ha parlato andatevi a prendere i nomi dei soggetti che hanno collaborato con lui in sede di redazione dell’attività normativa nel periodo in cui collaborava con Falcone”. Lo sfogo di D’ambrosio, secondo Napolitano, sarebbe stato quindi “frutto di una sua ira personale derivante dall’uscita delle notizie sulle sue telefonate con Nicola Mancino”.

Click to enlarge image 1.jpg

Forze dell'ordine davanti al Quirinale - © ANGELO CARCONI


L’avvocato del Generale
“Sgombriamo il campo da equivoci –, sottolinea di seguito l’avvocato del generale Mori, Basilio Milio –, le domande che non sono state ammesse non è che fossero imbarazzanti, semplicemente non sono state ammesse perché aveva già risposto, oppure erano domande che non attenevano al capitolato di prova”. “Che si sia verificato un attacco allo Stato, a parte l’ammissione del Presidente della Repubblica, è un dato di fatto – ribadisce laconicamente il legale –. Credo proprio che non aggiunga nulla rispetto a quello che era già emerso. Il Presidente non ha fatto alcun cenno ad un attacco legato ad un ‘accordo’, si è limitato a evidenziare che questo attacco poteva sembrare finalizzato a una destabilizzazione, a un colpo di Stato”. Con molta naturalezza Milio apre quindi un suo block-notes e comincia a leggere la sua trascrizione della deposizione di Napolitano. Immediatamente si forma un capannello di giornalisti avidi di notizie. Gli indicibili accordi? “Napolitano li ha esclusi”. La lettera di D’Ambrosio? “Dovuto ad uno stato di tensione, di fermento e travaglio”. Violante che parla a Napolitano di Vito Ciancimino? “Ricorda vagamente, apparve anche qualche notizia di stampa sul fatto che Ciancimino aveva chiesto di essere sentito, dice: ‘probabilmente me ne parlò anche Violante…’, ma così generico, sono passati 22 anni”. La lettera dei familiari dei detenuti a Scalfaro? “Non  ricorda particolari su Pianosa e l’Asinara, non ricorda, non ha avuto particolari informazioni della  lettera dei detenuti a Scalfaro”. Come valutava gli attentati del ’93? “La valutazione degli attentati era quella di un sussulto della fazione oltranzista di Cosa Nostra finalizzata a dare degli  aut-aut ai pubblici poteri per fare pressioni di tipo destabilizzante”. Un’ennesima versione dei fatti arriva dall’avvocato del Comune di Palermo, Giovanni Airò Farulla: “a volte (Napolitano, ndr) non ha risposto, altre ha detto che non ricordava”. “In merito alla lettera di D’Ambrosio, Napolitano ha detto – ribadisce il legale – che ha avuto un colloquio con l’allora consigliere giuridico, ma ha ritenuto opportuno mantenere la riservatezza come per tutti gli incontri con i suoi collaboratori”. “Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha risposto a tutte le domande con la massima trasparenza e serenità” replica l’ufficio stampa del Quirinale. “Il capo dello Stato ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa”. Cronaca di una morte annunciata della (corretta) informazione. In attesa delle trascrizioni ufficiali.

In foto da sinistra: Basilio Milio, Francesca Russo, Roberto D'Agostino, Giovanni Airò Farulla e Luca Cianferoni

ARTICOLI CORRELATI

"Per Napolitano il ricatto di Cosa Nostra allo Stato ci fu" - Video

Trattativa, tra tanti "avrebbe detto" ecco la parola di Napolitano

Stato-mafia, esame Napolitano: nessuna conoscenza su "indicibili accordi"

Processo trattativa: è l'ora del Presidente Napolitano

DOSSIER Processo trattativa Stato-mafia

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos