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napolitano-giorgio-c-ansa-2Fissata la convocazione del Presidente della Repubblica
di Lorenzo Baldo - 2 ottobre 2014
Palermo. “Con lettera pervenuta nel pomeriggio di ieri il Presidente della Repubblica ha confermato la disponibilità alla testimonianza presso la sede in cui esercita le funzioni e che pertanto sulla scorta delle disponibilità indicate viene sin d’ora individuata e comunicata per il compimento dell’atto presso il Palazzo del Quirinale in Roma la data del 28 ottobre 2014 ore 10”. Sono da poco passate le 14 quando nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone il Presidente della Corte di Assise, Alfredo Montalto, comunica la data nella quale Giorgio Napolitano verrà ascoltato come teste al processo sulla trattativa Stato-mafia. Collegato in videoconferenza l’avvocato di Totò Riina, Luca Cianferoni, chiede che il proprio assistito possa assistere all’udienza (sempre attraverso il collegamento video).

“Secondo la Corte europea per i diritti dell'uomo – dichiara in videocollegamento – l’imputato ha sempre diritto a partecipare alle sue udienze”. Subito dopo è l’altro boss corleonese, Leoluca Bagarella, a rendere dichiarazioni spontanee dal carcere di Nuoro: “intendo assistere a questa udienza del Presidente della Repubblica”, afferma senza alcuna esitazione. Di contraltare il legale dell’Avvocatura dello Stato, Fabio Caserta, si oppone alle richieste di Riina e Bagarella ritenendo “non applicabile l’ultima parte dell’art 502 in considerazione della immunità di sede”. Di fatto l’Avvocatura dello Stato e i legali dell’ex senatore Marcello Dell’Utri avevano già chiesto ai giudici di revocare la testimonianza del Presidente della Repubblica a seguito di una sua lettera inviata il 31 ottobre scorso. In quella missiva il Capo dello Stato aveva ribadito la sua disponibilità a testimoniare a Palermo sottolineando, però, di non avere nulla da riferire sui temi del processo. Venivano infatti sottolineati “i limiti” delle “reali conoscenze” di Napolitano “in relazione al capitolo di prova testimoniale ammesso”. In un procedimento penale che mira a fare luce sui legami delle nostre istituzioni con Cosa Nostra si verifica paradossalmente che “l’organo legale dello Stato” al quale vengono assegnati “compiti di consulenza giuridica e di difesa delle Amministrazioni Statali in tutti i giudizi civili, penali, amministrativi, arbitrali, comunitari e internazionali” si opponga alla testimonianza del suo massimo rappresentante. La prossima udienza il Presidente Montalto scioglierà le riserve su questa opposizione. La Corte aveva per altro già stabilito che gli imputati avrebbero potuto essere presenti solo tramite i propri avvocati. Ma perché c’è ancora tanta preoccupazione attorno alla deposizione di Napolitano? E’ il caso di dire: carta canta. Il pool che indaga sulla trattativa (i pm Di Matteo, Del Bene e Tartaglia, coordinati  dall’aggiunto Teresi) aveva a suo tempo avanzato la richiesta di questa audizione per avere ragguagli sulle confidenze che lo stesso Capo dello Stato avrebbe ricevuto dal suo consigliere giuridico, Loris D'Ambrosio. Il 18 giugno 2012, un mese prima di morire, D’Ambrosio aveva scritto di suo pugno una lettera a Napolitano nella quale, tra l’altro, si diceva fortemente preoccupato “per essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”. Accordi che possibilmente rientrerebbero nella trattativa tra Stato e mafia. Per i magistrati era - ed è - fondamentale chiarire questo passaggio chiedendo spiegazioni direttamente al destinatario di quella lettera. All’udienza del  26 settembre 2013 la testimonianza di Napolitano era stata definita dal pm Di Matteo  “certamente pertinente e rilevante”. A distanza di un anno il Presidente della Repubblica avrà l’obbligo di dire la verità come tutti i testimoni chiamati a deporre.

Foto © Ansa

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