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napolitano-giorgio-web9di AMDuemila - 20 maggio 2013
La corte d'Assise di Palermo ha autorizzato la citazione di tutti i testimoni indicati nella lista testi della Procura di Palermo tra i quali il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e quello del Senato, Piero Grasso.
Si tratta di un primo vaglio dei giudici per escludere che la testimonianza invocata sia “vietata dalla legge o ridondante”.
Il processo, che inizierà il 27 maggio davanti alla corte d'Assise di Palermo, vede 10 imputati per la  trattativa criminosa tra Stato e mafia: i mafiosi Totò Riina, Antonino Cinà, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca; il figlio dell'ex sindaco di Palermo, Massimo Ciancimino, gli ex ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, l'ex senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, e l'ex ministro Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza.
Nel corso del dibattimento i giudici valuteranno poi l’ammissibilità delle deposizioni. I testi citati dai pm sono in tutto 178 e tra i chiamati a deporre ci sono anche l’ex pg della Cassazione Vitaliano Esposito e l’ex capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi.

In particolare, nel caso in cui la testimonianza di Napolitano fosse ammessa, il capo dello Stato dovrebbe riferire su una lettera che il suo ex consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, stroncato l’anno scorso da un infarto, gli scrisse il 18 giugno. Nella missiva D’Ambrosio annunciava le sue dimissioni dopo la pubblicazione delle intercettazioni delle sue conversazioni con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza nel processo sulla trattativa.
Nella missiva D'Ambrosio scrive a Napolitano: “Lei sa – scrisse D’Ambrosio a Napolitano – che (il riferimento è a suoi precedenti scritti, ndr) non ho esitato a fare cenno a episodi del periodo 1989-1993 che mi preoccupano e mi fanno riflettere; che mi hanno portato a enucleare ipotesi di cui ho detto anche ad altri, quasi preso dal timore di essere stato allora considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”.
Parole che, secondo i pm, si collegherebbero con le telefonate tra D'Ambrosio e Mancino in cui si parlava del periodo  relativo alla nomina di Francesco Di Maggio, personaggio chiave nella trattativa secondo i pm, a numero due del Dap.

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