Ergastoli confermati, gli attentati ai carabinieri rientrano nella strategia di attacco allo Stato
La 'Ndrangheta e Cosa nostra cooperarono insieme, agli inizi degli anni Novanta, nella strategia di attacco allo Stato. E' questa la conferma che si ricava dalla sentenza d'appello emessa oggi dalla Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria presieduta da Bruno Muscolo (a latere il giudice Giuliana Campagna).
E' stata infatti confermata la condanna all'ergastolo per il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e il mammasantissima di Melicucco, Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Confermata anche la condanna per Filippone a 18 anni per il reato di associazione mafiosa.
Entrambi, dunque, sono stati ritenuti responsabili, in qualità di mandanti, di quegli attentati ed omicidi avvenuti tra il dicembre 1993 e il febbraio 1994, in cui persero la vita anche gli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo (uccisi il 18 gennaio 1994 sull'autostrada Salerno-Reggio, ndr).
Delitti che, come dicevamo, si inseriscono nel contesto della strategia stragista di attacco allo Stato.
Un processo storico perché riscrive proprio il ruolo della criminalità organizzata calabrese, dopo che per anni si era ritenuto non avesse mai avuto a che fare con quella stagione di sangue e terrore, condotta con un fine politico con uno sguardo internazionale.
"E' impossibile decontestualizzare le azioni stragiste di quel periodo rispetto alle grandi modifiche che si portavano avanti a livello politico nazionale e internazionale in cui, come substrato, si inserisce la stagione delle stragi con obiettivi anche di natura politica” aveva ribadito in aula il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo che nel processo ha rappresentato l'accusa assieme al sostituto Walter Ignazitto.
Un progetto politico che aveva come obiettivo l’individuazione di nuovi e più affidabili interlocutori politici, in grado di garantire gli equilibri di potere occulto maturati negli anni della strategia della tensione.
Nelle motivazioni della sentenza di Primo grado la Corte d'assise aveva ravvisato che l'attentato ai carabinieri in Calabria e la tentata strage dell'Olimpico sarebbero avvenuti "in un momento in cui le organizzazioni erano alla ricerca di nuovi e più affidabili referenti politici, disposti a scendere a patti con la mafia, che furono individuati nel neopartito Forza Italia di Silvio Berlusconi in cui erano confluiti i movimenti separatisti nati in quegli anni come risposta alle spinte autonomistiche in Sicilia e Calabria".
Certo, per comprendere bene fino a che punto, si dovranno attendere le motivazioni della sentenza (che sarà depositata nei 90 giorni), ma la requisitoria del pm Lombardo aveva evidenziato i passaggi chiave di una storia che ha avuto inizio ben prima degli anni Novanta e che ha visto anche la partecipazione di componenti criminali quali la massoneria o la destra eversiva.
Dell'esistenza di un Sistema criminale e di una "Cosa unica" hanno parlato decine e decine di collaboratori di giustizia siciliani e calabresi.
Mentre di "strage di Stato" hanno parlato gli stessi 'ndranghetisti in un'intercettazione emersa nel procedimento Hybris, che ha colpito le cosche di Gioia Tauro Piromalli-Molè, acquisita agli atti del processo.
Parole pesanti come quelle dette in primo grado da Giuseppe Graviano sull'ex Premier Silvio Berlusconi. L'ex boss di Brancaccio aveva raccontato la sua verità sui rapporti della sua famiglia con l'allora imprenditore. Così è emerso che non solo avrebbe incontrato più volte il Cavaliere, ma la sua famiglia sarebbe stata in società con lui, frequentandolo da ben prima dell'entrata di Forza Italia nell'universo politico.
Nel suo flusso di coscienza Graviano ha anche riferito di "imprenditori di Milano” che non volevano fermare le stragi.
Ed anche questa mattina ha parlato di Berlusconi parlando addirittura dei riscontri fatti dalla Procura di Firenze. Certo è che questa sentenza d'appello può aprire a nuovi scenari investigativi.
Nelle motivazioni della prima sentenza, che è stata confermata oggi dalla Corte d’Assise d’Appello, i giudici avevano fatto espresso riferimento ai “mandanti politici” delle stragi continentali che, su indicazione dei servizi segreti deviati, venivano rivendicate dalla ‘Ndrangheta e da Cosa nostra con la sigla “Falange Armata”.
Tutti elementi utili per scovare i volti ed i nomi appartenenti ad un Sistema criminale che nel nostro Paese ha sempre avuto un ruolo di primo piano.
Dossier 'Processo 'Ndrangheta stragista
ARTICOLI CORRELATI
VIDEO - 'Ndrangheta stragista, Lombardo: ''Oggi parla la sentenza''
Graviano: ''Su imprenditore del nord (Berlusconi) Procura di Firenze mi ha riscontrato''