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Le parole del pentito Fondacaro nel processo 'Ndrangheta stragista

Tra i temi anche l'esistenza di una loggia, a Gioia Tauro, emanazione della P2

Il ruolo della "masso-'Ndrangheta" nelle scelte politiche alla fine degli anni Ottanta e primi anni Novanta; “l'eredità” che Bettino Craxi lascia a Silvio Berlusconi; l'esistenza di logge massoniche coperte, collegate alla P2 anche dopo l'istituzione della legge Anselmi; i rapporti sull'asse Calabria-Sicilia e molto altro ancora.
Sono questi i temi che il collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro, ex imprenditore nell'ambito sanitario ed ex massone, ha riferito ieri in aula nel processo 'Ndrangheta stragista.
Imputati, come è noto, sono il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano ed il capomafia di Melicucco Rocco Santo Filippone (condannati in primo grado all'ergastolo per l'omicidio dei due carabinieri Vincenzo Fava e Antonino Garofolo, ndr).
Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo (che rappresenta l'accusa anche in appello), il pentito ha ripercorso la propria storia di medico-imprenditore sanitario: “Io versavo una tangente alla famiglia Molè-Piromalli, e veniva a riscuoterli tale Luigi Sorridenti, nipote dei Piromalli e dei Molè, fino al 1994, quando fui costretto ad essere sotto usura (dopo aver chiesto un prestito di quasi un miliardo di lire, ndr)”.
Nel corso del tempo Fondacaro si trasferì a Roma, dove aveva anche studiato Medicina alla Sapienza.
E' qui che iniziò a frequentare il mondo della massoneria, inserito dal 1982 all'interno della Loggia 'Giustinianea' di Roma a cui “faceva capo”, a suo dire, a Giulio Andreotti.

La P2 in Calabria
In quel mondo, in cui entrò da studente universitario, ebbe modo di conoscere il gran maestro Armando Corona, Alberto Santoro e l'ingegnere Loizzo di Cosenza, gran Maestro della Loggia in Calabria. “La loggia Giustinianea era legata alla Grande Oriente d'Italia che si trova come sede al Gianicolo di Roma - ha proseguito - La mia loggia aveva sede a piazza del Gesù, di fronte alla sede della Dc. Nella Giustinianea c'erano anche altri calabresi. Santoro era un mio fratello massonico ed era vicino all'onorevole Gentile di Cosenza, a Zito e Zavettieri e frequentavamo la sede del Partito socialista”. In un'occasione, lui e Santoro, si sarebbero incontrati con un massone calabrese, Pietro Araniti, di Reggio Calabria. “Vi erano anche Don Stilo e un avvocato di Gioia Tauro - ha aggiunto - Tutti massoni. Come massoni erano Luigi Sorridenti ed anche gli zii di quest'ultimo. Lo stesso Loizzo. Parliamo del 1982-1983”.
“In Calabria c'erano più logge -
ha detto Fondacaro spiegando in video conferenza - C'erano anche logge che erano braccio della P2 di Licio Gelli il cui Maestro Venerabile era Strangi Giuseppe di Gioia Tauro, suocero di Ninello Piromalli, figlio di Gioacchino”. E poi ancora: “Luigi Sorridenti mi disse che la P2 di Gioia Tauro era una derivazione della P2 di Gelli per il rapporto che si era instaurato tra lo stesso Peppe Piromalli, detto 'musso storto', e lo stesso Gelli”.


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Il pubblico ministero Giuseppe Lombardo © ACFB


Secondo il pentito in Italia vi sarebbero state più filiazioni e all'interno della loggia, oltre al Sorridenti, vi sarebbero stati Carlo De Luca, ex dirigente bancario della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, altri soggetti parenti dello Strangi; Vincenzo Ruggero, figlio di Giovanni; Nino Gangemi, fratello di Domenico; altri che erano legati come il geometra Fauso Saffioti, i fratelli di Sorridenti, alcuni esponenti della famiglia Piromalli, come i fratelli Tripodi, erano tutti 'massoni e piduisti'”. Soggetti che partecipavano anche per conto della famiglia di 'Ndrangheta.
Elemento importante è l'anno in cui Fondacaro apprende che la loggia di Gioia Tauro è un'articolazione della P2, collocato tra il 1985 ed il 1986, diversi anni dopo l'istituzione della legge Anselmi (datata 25 gennaio 1982), contro le associazioni segrete.
“Lei è sicuro dell'anno - ha chiesto Lombardo - La legge Anselmi quindi la P2 non l'ha sciolta?”. La risposta è netta: “Sì, io sapevo che esisteva ancora, specialmente in Gioia Tauro, nella persona del Gran Maestro Strangi. E mi fu detto che un'altra loggia piduista era quella del barone Placido di Gioiosa Ionica”.
Un elemento, quello della prosecuzione della P2, che in qualche maniera rafforza il racconto del Gran Maestro Giuliano Di Bernardo.

Affari e politica
Secondo quanto raccontato da Fondacaro nelle riunioni si “parlava un po' di tutto” ma in particolare della “politica regionale”, di “appoggio di candidati”. Candidati che venivano scelti dalla famiglia Molè-Piromalli.
Nel corso della deposizione il collaboratore di giustizia ha anche riferito che la famiglia Piromalli e Mancuso erano direttamente parte integrante delle logge massoniche. Luigi Sorridenti mi disse che anche la  famiglia Piromalli aveva rapporti direttamente con appartenenti alla loggia di Gioia Tauro, non solo per tramite dello Strangi, ma anche tramite Nino Gangemi. Proprio lui mi disse che era massone a tutti gli effetti e che poteva esserlo pur essendo mafioso. Mi parlò della Santa, o una cosa del genere. E mi disse di avere rapporti con un certo Cortese, di Catanzaro, massone anche lui, e direttamente con l'ingegnere Loizzo o per tramite di Franco Muto di Cetraro”.
Pur non avendo mai incontrato Cosimo Virgiglio (anch'egli oggi collaboratore di giustizia), Fondacaro ha confermato di aver appreso che anche questi era un massone in una loggia coperta e che era vicino a Rocco Molè.
Per quanto riguarda la famiglia Mancuso, in massoneria ci sarebbero stati “uno anche detto 'Ciccio Meticcio', Mancuso detto “l’ingegnere”, Mancuso detto “Scarpuni'”. “Me ne parlarono i Cedro di Gioia Tauro, loro erano dei Templari, e sapevano che io avevo un interesse su Capo Vaticano per un resort cinque stelle”.
Altri elementi Fondocaro li apprese tramite Francesco Grande Aracri: “Eravamo codetenuti a San Gimignano e c'era quel giorno anche tale Salvatore Pisano, di Rosarno, e mi disse che Luigi Mancuso era , come il fratello, appartenente alla loggia massonica di Vibo Valentia, così come il fratello, Nicolino Grande Aracri 'mano di gomma' era unito alla loggia massonica di Crotone e di Cosenza. Parliamo di massoneria coperta”. E poi aggiungeva che tramite il fratello Domenico Grande Aracri, che era avvocato, “gestivano dei rapporti specifici. Anche con altri colleghi avvocati massoni e in particolare mi fece il nome dell'avvocato Pittelli. E lui diceva che questi era il politico-massone di riferimento nell'area del catanzarese, lametino, vibonese”.


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L'ex Premier, Bettino Craxi © Imagoeconomica


Uomini in divisa
Nel corso dell'esame Fondacaro ha anche parlato di Giovanni Spanò e Angiolo Pellegrini, ex capo della Dia di Reggio Calabria. Giovanni Spanò lo conobbi come un soggetto che poteva darmi soldi ad un tasso più basso. Poi lui stesso mi disse che era un facente parte dei Servizi - ha detto ieri in aula - che aveva rapporti con la 'Ndrangheta. Era un parente dei Bellocco, perché la sorella di lui sposò questo Bellocco Umberto di San Ferdinando. E fu lui a parlarmi di Pellegrini dicendomi che era dei servizi. Tramite il Sorridenti sapevo che Spanò era legato ai Piromalli e che tramite lo Spanò avevano informazioni dirette”.

Le componenti “massomafiose”
Tornando a parlare delle componenti "massomafiose", a detta del teste, “fino ad un certo periodo c'era l'appoggio completo alla Dc. Da un periodo in poi è stato declinato il rapporto con la Dc e si schierarono con il partito socialista. Siamo nel 1983-1984. Mi fu detto che c'era un malcontento. Mi disse Santoro che c'era la candidatura di Martelli nel collegio calabro a dimostrazione del risultato che doveva essere dato al partito socialista per gli impegni presi da parte delle famiglie di 'Ndrangheta. Mi disse Santoro che la componente mafiosa si lamentava con la Dc di iniziative non effettuate in materia di legge e 'alleviare le sofferenze carcerarie'. E mi disse che le stesse istanze furono portate ai vertici del partito socialista”.

Craxi e "l'eredità" per Berlusconi
“Tra le cose che mi disse Santoro è che ci fu un accordo e che l'orientamento della 'massomafia' di Cosenza aveva avuto un accordo a livello Nazionale per il tramite degli esponenti cosentini e dei reggini del partito socialista. Poi Alberto, con gli onorevoli Gentile, c'era Zito mi disse anche che Bettino Craxi acclarava la candidatura di Silvio Berlusconi alle nazionali di quel periodo. Io non sapevo nemmeno chi fosse in quell'epoca Berlusconi. Eravamo all'Hotel Nazionale di fronte alla Camera dei Deputati. Il periodo? Prima di Mani pulite”.
Secondo Fondacaro, Berlusconi sarebbe dovuto essere “candidato premier”.
“Io di Berlusconi sentii parlare per l'acquisizione delle tv private in Calabria e dei ripetitori - ha aggiunto - Io sapevo che se ne interessava un certo Di Stefano che viveva a Milano e che unitamente a Galliani si era premurato a scendere in Calabria al fine di far acquisire i ripetitori per la Fininvest”. Il teste ha poi parlato degli interessi dei Piromalli sulla questione e del ruolo di Angelo Sorrenti, ndr), che divenne rappresentante di Fininvest.
Proseguendo nell'esame Fondacaro ha anche riferito di aver saputo “dopo il 1992, di aver sentito parlare di Berlusconi come alternativa a Bettino Craxi, definito come alternativa politica. Perché, si diceva in ambiente socialista, Bettino aveva lasciato in eredità il tutto a Silvio Berlusconi”.


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Il senatore ed ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi © Imagoeconomica


“Tra chi frequentava la segreteria nazionale del Partito socialista - ha aggiunto - era risaputo che Berlusconi nasce appoggiato da Craxi e che molte di quelle strutture che aveva realizzato, Milano uno, due o tre, anche Bettino Craxi era comproprietario dell'iniziativa di Berlusconi”.
A quel punto la domanda di Lombardo è stata netta: “Chi gli dice che Craxi è socio occulto?”. La risposta è ferma: “Un po' tutti dottore. Dai componenti del partito socialista calabrese a chi frequentava la segreteria. Non apprezzavano questa eredità tramandata da Craxi a Berlusconi che per loro era uno sconosciuto e che non aveva mai fatto politica attiva. Dicevano anche che lui si era fatto fare un decreto da Craxi proprio per facilitare l'acquisizione dei ripetitori. E la Calabria veniva trascurata”.
Altro fatto riferito è quello che sarebbe avvenuto poco prima del 1990 quando a Mazara del Vallo aveva realizzato un laboratorio analisi cliniche insieme alla moglie Rosaria Giacalone. In un'occasione avrebbe eseguito un prelievo di sangue a domicilio ad un paziente “particolare”. Solo tempo dopo seppe che si trattava del capo di Cosa Nostra Totò Riina. L'intervento del collaboratore fu sollecitato da Gaetano Riina, fratello minore del boss, il quale disse a Fondacaro di “avere amici a Gioia Tauro, don Peppino, don Mommo”, i fratelli Piromalli.

Graviano e la protesta per quel Pc che non arriva
L'udienza odierna si è aperta con la protesta di Giuseppe Graviano, che per l'ennesima volta è tornato a protestare perché dal carcere di Terni continuano a negargli la disponibilità del pc per poter sentire le intercettazioni che lo riguardano in prima persona nel passeggio con Umberto Adinolfi nonostante l’autorizzazione del presidente della Corte d’Appello nell’ultima udienza. “Non mi consegnano i documenti processuali” ha ribadito. “A noi risulta consegnato circa 10 giorni fa - ha replicato la Procura generale - ci è stata anche restituita la ricevuta che attesta l'avvenuta ricezione. E' stato disposto che è destinato a Graviano e non hanno segnalato alcun tipo di problematica. Prendo atto oggi che ancora non è stato consegnato. Questo mi sembra molto grave e chiedo alla Corte di verificare le ragioni di questo inspiegabile ritardo”. Tutto, dunque, rinviato alla prossima udienza per capire se alla fine questa storia dei mancati ascolti, che si trascina dal primo grado, potrà avere fine.
Il processo è stato rinviato al 21 novembre per il controesame e per l'inizio dell'esame dell'altro collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese.

Foto di copertina © ACFB

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