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Da Catanzaro trasmessi i verbali di Gerardo D’Urzo, deceduto nel 2014, Marcello Fondacaro e Girolamo Bruzzese

Nuovi elementi di prova potrebbero presto confluire agli atti del processo d'appello "'Ndrangheta stragista" che in primo grado ha visto le condanne all'ergastolo nei confronti del boss palermitano Giuseppe Graviano e di Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro.
Ieri il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ha annunciato lo sviluppo di una nuova attività investigativa che si è avvalsa anche del contributo fornito dalla Dda di Catanzaro. A seguito della richiesta, da parte della Procura generale di comunicare l'eventuale presenza di apporti dichiarativi, o di altra natura, riferibili al tema del processo, nei mesi scorsi sono stati trasmessi tre verbali relativi alle dichiarazioni dei pentiti Gerardo D’Urzo, deceduto nel 2014, Marcello Fondacaro e Girolamo Bruzzese.
I tre, ha spiegato in aula Lombardo, "hanno riferito circostanze direttamente attinenti ai temi di questo processo, spiegando nel dettaglio di aver appreso da appartenenti della cosca Mancuso, ed altre famiglie, una serie di circostanze riferibili agli incontri effettuati tra Cosa nostra e 'Ndrangheta nel periodo immediatamente antecedente alle stragi continentali e quelli che sono i protagonisti politici di quella stagione; indicando nomi e circostanze che, a mio modo di vedere, meritano la massima attenzione in questa sede e meritano di essere portati a conoscenza della Corte".
L'illustrazione del contenuto dei verbali, però, è stata rinviata alla prossima udienza del 3 ottobre in quanto nei prossimi giorni, proprio su questi nuovi atti, si terrà una riunione della Procura nazionale antimafia che, così come ha riferito lo stesso magistrato reggino, ha convocato una riunione a Roma per il prossimo 15 settembre quando il gruppo “stragi”, composto dalle Procure di Reggio Calabria, Firenze, Caltanissetta e Palermo, deciderà cosa potrà essere depositato nel fascicolo del processo a Graviano e Filippone.

La Corte conferma: "Il pentito Romeo è stato intimidito"
Nel frattempo, sempre ieri, la Corte d'assise d'appello presieduta da Bruno Muscolo (a latere Giuliana Campagna) ha accolto la richiesta della Procura generale di acquisire il verbale d'interrogatorio del collaboratore di giustizia Annunziatino Romeo, del 16 maggio 1996 in base all'art. 500 comma 4 che prevede il recupero probatorio delle dichiarazioni rese precedentemente a possibili minacce subite.
Secondo i giudici, a seguito degli ulteriori atti (tra cui un'intervista rilasciata proprio da Romeo alla trasmissione Mappe Criminali) presentati dalla Procura generale volti a dimostrare il condizionamento illecito ricevuto dal teste che lo scorso giugno, in aula, aveva di fatto ritrattato le dichiarazioni del 1996.
"La disamina complessiva degli elementi - ha scritto nell'ordinanza la Corte - la coincidenza fisiognomica, come rilevata dalle indagini svolte, unitamente alle circostanze del tutto singolari di un'intervista televisiva caratterizzata da un leit motiv costante e pienamente sovrapponibile a quello che ha scandito l'interrogatorio del 1996 e le cui dichiarazioni particolareggiate davano conto di essere egli una figura di rilievo in quanto possessore di un patrimonio di informazioni riservato e in grado di descrivere le scelte strategiche del sodalizio, in riferimento alla parte dell'intervistato sia nell'intervista che nel corso del noto esame del 1996 alla raffineria della droga che era stata allestita nell'hinterland milanese dal gruppo di Platì, fatti questi giudizialmente acclarati da decisione munita di irrevocabilità, inducono a ritenere in termini di ragionevole plausibilità che l'autore dell'intervista si identifichi proprio con il Romeo".
E poi ancora il collegio parla di una "palese reticenza" a causa delle minacce subite.
La Corte, nello specifico, ha fatto riferimento alle modalità della ritrattazione del primo giugno, "priva di spiegazione logica". Dunque l'utilizzo di "risposte evasive, sfuggenti e attento a deviare le domande compromettenti la responsabilità di altri soggetti e la circostanza che ricordasse solo dichiarazioni neutre che mai riguardavano imputati" aggiunti agli altri elementi prodotti dalla Procura generale "lasciano trasparire con chiarezza i segni di una subita intimidazione".

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